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Il ministro della Giustizia Marta Cartabia

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Che la riforma della giustizia proposta dal ministro di Grazia e Giustizia, Marta Cartabia supportata dal presidente del Consiglio Mario Draghi, sia sulla strada giusta (perdonate il conflitto di parole, giustizia e giusta ndr) lo testimonia il fatto che gran parte dei magistrati (non tutti per fortuna), alcuni di notevole “peso”, sono contrari.

Perché è molto semplice, perché i magistrati contrari temono di perdere potere e di non essere più l’ago della bilancia, che fino ad ora, hanno fatto e misfatto, pesando enormemente, sui Governi, vecchi e nuovi, limitando, spesse volte, il potere del Parlamento, quello che teoricamente, rappresenta il popolo italiano, nel cui nome, vengono emesse le sentenze, giuste o sbagliate “In nome del Popolo Italiano” che in realtà sono sentenze, non nascondiamocelo, non in nome del “Popolo Italiano”, ma spesso secondo il “Libero Convincimento” del giudice che fa parte del collegio giudicante. 

Ecco anche questa norma del “Libero Convincimento” del giudice dovrebbe essere modificata perché se uno è innocente o colpevole, secondo la legge, perché deve essere condannato o assolto secondo “Il libero convincimento” del giudice che sta giudicando? 

Altre modifiche dovrebbero essere introdotte anche nel sequestro o confisca dei beni. Se un cittadino è imputato di un reato ed in base a quello viene condannato con conseguente confisca dei beni ma poi viene assolto “per non aver commesso il fatto” o perché è semplicemente innocente, perché il bene resta sequestrato o confiscato? Sono meccanismi che a chi scrive e che da anni si è occupato di cronaca giudiziaria, restano incomprensibili.

Ma torniamo alla “Riforma della Giustizia” proposta da Marta Cartabia e dal premier Mario Draghi che viene criticata ed attaccata dall’Anm (associazione nazionale magistrati) e dal Csm (Consiglio Superiore della Magistratura) ma anche da tanti magistrati che contano nel panorama nazionale, che paventano favori  alla criminalità organizzata, Mafia, Camorra, Ndrangheta, etc. Pensate davvero che la signora Marta Cartabia o il signor Mario Draghi, abbiano o vogliano riprendere la “Trattativa” (se mai sia esistita) tra Mafia e Stato? Per quanto mi riguarda è semplicemente una bestemmia bella e buona. Perché il Ministro della Giustizia Marta Cartabia o il Premier Mario Draghi dovrebbero favorire con questa Riforma la criminalità organizzata?

E non mi stupirei più di tanto, se qualcuno domani o dopodomani, insinuassero una tesi del genere. Sull’argomento, sulla prevista Riforma della Giustizia, sono intervenuti in tanti, tra questi anche l’ex componente del pool antimafia di Palermo e adesso componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Antonino Di Matteo e l’ex procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi. Il primo, Nino Di Matteo, ha sostenuto: «L’approvazione della riforma con il meccanismo della improcedibilità per decorso del tempo in appello e cassazione rischia di segnare una grave sconfitta per la giustizia».

Ed aggiunge: «La riforma rischia addirittura di rafforzare i poteri criminali, che da sempre si pongono come regolatori di conflitti nella società: immagino che i mafiosi risolveranno loro le questioni che d’ora in poi non troveranno soluzione nei tanti processi che salteranno». Sulla stessa scia anche il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri. Possibilista ed anche a favore, invece, l’ex procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi che, come direttore di “Questione giustizia”, la rivista promossa da Magistratura democratica, non condannano la Riforma proposta dal ministro Cartabia.

«Ci sono ancora molti luoghi – e Qg (Questione Giustizia) è uno di questi – nei quali non si è perso il vizio di ragionare, né la capacità di discernere, in un vasto progetto riformatore, le proposte positive e cariche di futuro e quelle frutto di compromessi incerti e destinati a complicare il quadro della giustizia penale». E, intervistato da Repubblica, che gli chiede se c’è del buono o anche del cattivo nella Riforma, risponde: «Innanzitutto è un vero sollievo non essere più costretti a riascoltare il trito ritornello delle riforme a costo zero. Se le lentezze penalizzano i cittadini più deboli e incidono pesantemente sul Pil e sulla competitività del Paese, allora sulla giustizia bisogna investire. Questa riforma finalmente lo fa».


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