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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

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di AGAZIO LOIERO*

Per una volta l’ormai prossima elezione del Presidente della Repubblica non rappresenterà la questione politica per eccellenza ma un nodo da sciogliere tra due persone, Draghi e Mattarella, due gentiluomini che hanno a cuore il destino del nostro Paese.

I personaggi sul piano del temperamento un po’ si somigliano. Entrambi discreti, poco inclini a parlare troppo e di tutto, come capita alla grande maggioranza dei politici di casa nostra. Da quello che si coglie dall’esterno, in questi ultimi anni è cresciuto tra loro un rispetto profondo. Una qualità preziosa nell’Italia del nostro tempo.

Oggi la condizione di Draghi è particolare. Vorrebbe portare a compimento da Palazzo Chigi il Pnrr (a cui, bisogna per onestà ammettere, anche Conte ha dato un contributo rilevante) ma è consapevole che il suo percorso potrebbe nel tempo risultare accidentato. Fino ad oggi, confortato dal sostegno del ministro Giorgetti, a sua volta forte del rapporto con l’imprenditoria del Nord, è riuscito a mostrare una totale indifferenza nei confronti dei frequenti lamenti di Salvini, volti ad accumulare visibilità. Sa bene però che alla lunga potrebbe risultarne indebolito.

Il costume politico italiano, storicamente mai privo di baruffe e di agguati, non lo rasserena. Di più. Il suo governo, che sulla carta appare forte, è oltremodo eterogeneo e segnato da un’evidente anomalia. È diventato il teatro di scontro di una permanente competizione tra due forze politiche di destra. Una che sta all’interno dell’esecutivo e l’altra, fuori. Una conflittualità destinata a accentuarsi in prossimità dell’elezione del Presidente della Repubblica. Una carica a cui Draghi, anche se il suo carattere riservato non lo lascia trapelare, non può non guardare con grande interesse. Per molti motivi.

Ne ricordo solo uno. Nell’Europa che conta, in questo momento storico, si stanno consumando due eventi politici che potrebbero indirettamente rafforzare ancora di più la leadership dell’ex Presidente della Bce. In Germania nel giro di poche settimane si registrerà l’addio di Angela Merkel non solo alla cancelleria, ma anche alla politica. Non si candiderà infatti neanche al Bundestag. Una perdita enorme che peserà nel suo Paese e in Europa. In Francia i sondaggi, per quello che valgono, non sembrano favorire la riconferma di Emanuel Macron alla Presidenza della Repubblica. Se ne deduce che nel vecchio Continente potrebbe registrarsi un vuoto di leadership che Draghi, dall’alta postazione istituzionale del Quirinale potrebbe colmare. Con la sua elezione al Colle prenderebbe infatti vita una leadership sontuosa, che l’Italia non ricorda dai lontani tempi di Alcide De Gasperi.

Per realizzare quello che potrebbe essere definito un sogno italiano c’è però bisogno dell’assenso di Mattarella ad essere rieletto per qualche tempo Presidente della Repubblica. Traccio qui una breve parentesi. In questo momento un passaggio diretto di Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale, non è, com’è stato da più parti scritto, facilmente realizzabile. L’operazione potrebbe trascinarsi dietro, agli occhi dei parlamentari impauriti dal ridimensionamento dei collegi elettorali, l’incubo delle elezioni anticipate con conseguenti riflessi negativi sul voto a favore di Draghi. Chiusa la parentesi.

Dunque, per realizzare l’ambizioso disegno politico è quanto mai indispensabile, come accennavo prima, che Mattarella lo condivida. Un assenso che al momento non esiste. Certe sue dichiarazioni degli ultimi giorni, fattesi inusitatamente severe, non sembrano indirizzate alla ricerca di consenso tra le forze politiche. Tutt’altro. Il fatto è che l’attuale capo dello Stato non ha alcuna personale convenienza a restare in carica né per un breve periodo, né per l’intero mandato. La ragione è evidente. Questa lunga stagione al Quirinale ha rappresentato per l’uomo politico siciliano, anno dopo anno, un crescente successo istituzionale.

All’inizio del mandato gli italiani hanno osservato quasi con indifferenza le sue mosse. Poi, con il passare del tempo, la stella di Mattarella, complice anche il generale abbassamento del livello culturale della classe politica del Paese, così diffuso in questa malcerta stagione, ha brillato di una luce sempre più viva. I nostri connazionali hanno colto nell’inquilino del Colle misura, equidistanza e soprattutto partecipazione autentica alle tragedie che, nel corso degli anni attraversano immancabilmente un Paese. Quest’ultima peculiarità è solitamente molto apprezzata in Italia, dove spesso si registra una naturale propensione verso la sfera dei sentimenti e dell’emotività.

Mattarella disponendo dunque nel Paese di un’estesa credibilità, farebbe fatica a impelagarsi in un percorso istituzionale che potrebbe, attraverso un casuale incidente di percorso, intaccare il patrimonio storico-simbolico accumulato nel suo settennato. Una condotta legittima ma sotto alcuni aspetti discutibile. Nel suo caso si tratterebbe infatti di compiere l’ultimo, grande servizio in favore del Paese. Sono convinto che la maggioranza degli italiani se l’aspetta. Dubito che Mattarella sia in grado di rinunciarvi a cuor leggero.

*Ex ministro e già presidente della Regione Calabria


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