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Sergio Mattarella durante il suo messaggio al Parlamento nel giorno del giuramento

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Gli applausi, le standing ovation, i sospiri di sollievo per aver archiviato l’incubo delle elezioni anticipate. Perfino la soddisfazione per aver evitato la definitiva (?) sottomissione della politica verso i supertecnici avendo detto no a Mario Draghi al Quirinale.

Va bene tutto: ma la consapevolezza che l’ibernazione non risolve i problemi, quella no, non può essere evitata. Il primo a capirlo grazie alla sua esperienza politico-parlamentare è il Pd, con Letta – questione Belloni a parte – non a caso sostenitore della candidatura di SuperMario, poi travolta dai “non possumus” di Berlusconi e soprattutto Giuseppe Conte.

CAPITALIZZARE IL TEMPO CHE RESTA

Il nodo è come impedire che le sollecitazioni a 360 gradi di Sergio Mattarella restino un libro dei sogni, contando sul fatto che il governo, seppur tra lacerazioni continue col timbro dell’anno pre-elettorale, comunque reggerà fino alla scadenza naturale della legislatura. Dopo è buio fitto, e le possibilità che Draghi venga definitivamente emarginato sono forti.

Dunque occorre capitalizzare al massimo la manciata di mesi che rimangono: obiettivo che può apparire in contraddizione con le spinte divaricanti di partiti come la Lega (e non solo); ma che rappresenta l’unico modo per non disperdere il lavoro fatto da Palazzo Chigi. Il segretario del Nazareno e le due capigruppo sollecitano una sessione parlamentare ad hoc per mettere nero su bianco il programma del Mattarella-bis, incassando subito l’assenso del Carroccio, mentre Conte si apparecchia in un faccia a faccia col presidente del Consiglio garantendo appoggio e solidarietà: una modalità non casuale scelta per allontanare i sospetti di possibili sgambetti e dimostrare che nel MoVimento non è solo Luigi Di Maio a spendersi per l’Esecutivo.

Il punto, tuttavia, rimane lo stesso. È positivo che ci sia una spinta forte della maggioranza di larghe intese, utilizzando l’essenziale sponda del Quirinale, per assicurare che lo sperabile definitivo superamento del Covid e la coesione sul Pnrr non siano intaccate da beghe fratricide.

LA PARTITA EUROPEA

Ma, appunto, tutto questo è condizione essenziale ma non sufficiente per tenere a bada i sospetti della Ue e soprattutto le spinte centrifughe che sono destinate ad accrescersi. In realtà l’Italia non ha alternative alla messa a terra del Piano di resilienza e alla approvazione delle riforme che lo sottendono: solo così, infatti, sarà possibile ottenere i 200 miliardi del Recovery.

Bisogna sfruttare al massimo la carta Draghi come garanzia verso Bruxelles e verso i mercati. Il paradosso sta nel fatto che sostenere l’agenda riformista del premier toglie spazio alle iniziative “identitarie” dei partiti, che invece di queste hanno bisogno per presentarsi in campagna elettorale di fronte ai propri elettori con dividendi chiari e spendibili in termini di voti.

L’INCOGNITA DEL DOPO-VOTO

Per non parlare di quel che accadrà dopo. La fantastica e bellissima lista di priorità sciorinata dal capo dello Stato dovrà fare i conti, una volta chiusi i seggi, con le mutate condizioni politiche del Paese. Non è chiaro chi fornirà l’endorsement più convincente all’agenda del presente del Consiglio: soprattutto chi se ne farà interprete nello scontro del 2023.

Mattarella ha come voluto stabilire ciò che si deve fare indipendentemente dalla scenario politico e dai rapporti di forza nel Palazzo. Ma i partiti non possono ammainare le bandiere (o meglio: bandierine) che calamitano a loro giudizio il consenso – ciascuno pro quota – degli elettori. Il dato più straniante è che lo strumento indispensabile per realizzare anche solo in parte le indicazioni di Mattarella è rappresentato dalla maggioranza di larghe intese che si è costruita attorno all’ex presidente della Bce. Ma questa maggioranza non collima con gli schieramenti che si daranno battaglia nelle urne. Allo stato questi ultimi sono in disfacimento, ma se la legge elettorale non cambia la spinta a risistemarli in qualche modo sarà irrefrenabile. Con i leader attuali o con altri. Significative avvisaglie in questa direzione arriveranno già dalle amministrative.

Nelle prossime settimane e mesi ognuno sarà chiamato a fare la propria parte. Il Colle con la moral suasion a supporto dell’Esecutivo; il premier innestando un indifferibile cambio di marcia per l’attuazione del programma di governo; le forze politiche nel non bloccare per ragioni di parte le riforme da approvare. La speranza è che tanta carne al fuoco non finisca per bruciare nell’insipienza e nella strumentalità.


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