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Il segretario del Pd, Enrico Letta

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Le parole di Enrico Letta cadono come una forza devastante. “Il governo delle larghe intese termina con questo Parlamento dopo le prossime elezioni politiche”. Non è la prima volta che il segretario Pd evoca questi scenari, per nulla tranquillizzanti chiudendo una pagina politica che ha dato molti scossoni e poche certezze.

Ma le parole di Letta vanno contestualizzate in un ragionamento più vasto sulla possibilità che tra un anno ci sarà un altro “governissimo”. E idealmente trova sponda su quanto dichiarato dal ministro leghista, Giancarlo Giorgetti, il quale trova “rischioso” l’intervento che Mario Draghi farà fra circa tre settimane, il 22 giugno, per parlare delle armi italiane in Ucraina. Parole che scuotono la maggioranza.

La presenza di Draghi in Parlamento è stata fortemente voluta da Lega e Movimento 5 stelle. In particolare i grillini potrebbero presentare una risoluzione da mettere ai voti sull’invio di carichi di armi a Kiev. Per la verità non si è capito bene se queste armi siano frutto di speculazioni politiche oppure ci siano spezzoni dei 5Stelle che tentano di forzare il dibattito parlamentare. Ma il vero trappolone sarebbe un altro.

Ovvero, se il Parlamento non dirà le stesse cose del governo, è chiaro che la maggioranza dovrà trarne le conseguenze visto che il Parlamento è sovrano. E le conseguenze potrebbero essere le dimissioni, niente di diverso.

Ma c’è un’altra concomitanza di fatti che rende ancora più suggestivo questo aspetto. L’incidente di Matteo Salvini sul viaggio a Mosca (sembra avere rinunciato definitivamente) avrebbe puntato, secondo lui, a raggiungere due obiettivi, distensione e difesa dell’interesse nazionale. Proprio così, distensione come nei libri di Peppone descritti da Giovannino Guareschi. Altrettanto dicasi sulla difesa del baluardo dell’interesse nazionale.

Intanto il numero uno della Lega ha preso atto delle reazioni scomposte dei colleghi di governo, congelando i viaggi ad Ankara (per ammorbidire Erdogan) e Mosca. Racconta di esercitare questo attivismo perché i suoi colleghi fanno poco o niente. Ad esempio, il piano di pace proposto a Mosca è stato cestinato dopo 10 minuti. Poi ha confessato di essere preoccupato per il fatto che Mosca preferisce parlare con la Francia o Berlino, tralasciando Roma.

Diversa la versione di Letta. “Penso che Salvini si sia fatto male da solo. Qualunque iniziativa estemporanea di divisione abbia un grande fan, Putin. Tutte le dinamiche che hanno disgregato l’Italia e l’Europa hanno dietro una spinta che viene da Mosca. Una preoccupazione. Governisti e populisti sono divisi su tutto.

Quindi Salvini, sposta il discorso sul futuro del Pd. È perentorio quando dice che il “governo di responsabilità nazionale non è una possibilità nel 2023. Altri governi con il Pd, passata l’epidemia e finita la guerra, non ce ne saranno più”. Cosa farà la Lega? “Sosterrà una coalizione di centro destra che ha idee ben diverse dal centro sinistra che vuole la patrimoniale, lo ius soli, il ddl Zan. Noi vogliamo lavoro, lavoro, lavoro, quindi flat tax, pace fiscale, taglio delle tasse, la difesa della famiglia sulla figura della mamma”.

Per ora, c’è ben altro. “La guerra mondiale del pane dobbiamo fermarla – dice Luigi Di Maio, ministro degli Esteri – Rischiamo l’instabilità politica in Africa, la proliferazione di organizzazioni terroristiche, colpi di Stato; questo può produrre la crisi di grano che stiamo vivendo”. Poi un invito a Putin: “Venga al tavolo; deve raggiungere prima possibile un accordo sul grano”.


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