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Giuseppe Conte

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IL PRESIDENTE Sergio Mattarella l’ha sempre sostenuto, ovvero che le crisi prima si devono discutere in Parlamento. Che possa accadere anche oggi, con una crisi che formalmente ancora non c’è, è assai probabile. Ma si affaccia, benché sia ancora lontana, l’ipotesi di elezioni anticipate. Giorgia Meloni attribuisce a Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, questa volontà di aprire le urne in pieno autunno.

L’onorevole Osvaldo Napoli di “Azione”, accusa Conte di portare responsabilità “per il gesto folle che ha messo a rumore mezzo mondo, ma soprattutto per avere fatto impennare lo spread e reso più oneroso il servizio sul debito pubblico al punto da annullare in tre giorni l’intero ammontare del decreto Aiuti”. E si accusano anche i partiti che “giocano a nascondino” di avere responsabilità. La responsabile numero 1 sostiene Napoli è Giorgia Meloni mentre “a sinistra si fa più confusa la strategia di Letta, impegnato per la prosecuzione e insieme preoccupato di salvaguardare il campo largo con chi ha interrotto l’attività di governo”.

A questo punto, si prospetta la soluzione del nodo: “Azione è per un rinnovato sostegno al governo Draghi – dice Napoli – senza passare attraverso la formalizzazione della crisi. Perché se così fosse, allora si aprirebbe, da un lato, la prospettiva del voto anticipato e dall’altro si potrebbe ridefinire il perimetro della maggioranza, questa volta senza il Movimento dei 5stelle”. Ma in quest’ultimo caso potrebbe allargarsi il perimetro del centrodestra. Un bel rebus per Letta, meno che per Conte.

Tutte le attenzioni sono sulle mosse del capo dello Stato che ha respinto le dimissioni del premier, Mario Draghi ed ha invitato il presidente del Consiglio a presentarsi in Parlamento. Sono circolate ipotesi non controllate, sul ritiro dei ministri dei 5stelle prima di mercoledì, uno scenario che sarebbe sul tavolo, ma, per quanto si sa, non è preso in considerazione. Una soluzione discussa anche nel Consiglio nazionale sia dell’altra sera che di ieri pomeriggio. Dal confronto però è scaturita la compattezza e l’unità del movimento. Il ministro D’Incà ha esplicitato il proprio dissenso contro la linea dura. Il ministro Luigi Di Maio ha esclamato: “Il M5s non c’è più, ora si chiama partito di Conte, è un partito padronale”.

Intensa l’attività dei pontieri nel centrodestra. Incontri, telefonate e videocollegamenti. Matteo Salvini ha allacciato rapporti con Giorgetti dopo avere sentito Fontana e Calderoli. Tutti prendono atto della grave crisi innescata in modo irresponsabile dai 5stelle. “L’unica cosa che non possiamo permetterci è galleggiare, ammonisce Maurizio Lupi- Mentre Berlusconi e Matteo Salvini insistono sull’inaffidabilità dei 5stelle. E sottolineano che l’Italia ha bisogno di un governo forte e coeso per attuare il Pnrr, varare la legge di Bilancio, affrontare la crisi derivante dall’inflazione. Quindi si prende atto che o c’è la fiducia o si va al voto”.

Le urne non vanno demonizzate. Andrea Orlando, per il centrosinistra, dice di aver chiesto al presidente Draghi di “rivedere la sua decisione”. Perché una crisi in questo momento “apre prospettive incerte. Si è aperta nelle scorse settimane una interlocuzione sul tema dei salari, dare una risposta è una necessità”. Per Matteo Renzi “ora bisogna agire, stiamo in mobilitazione permanente da qui a mercoledì giorno del dibattito in Aula”.

E proprio uno di questi osservatori evidenzia che “senza Draghi l’Italia torna ad essere l’anello debole dell’Europa e della Nato, inoltre vede crollare la propria credibilità a livello mondiale. E Calenda aggiunge “che arriveranno danni irreparabili all’Italia dalla fine di questo governo”.


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