Giorgia Meloni e il ministro per l'Economia Giancarlo Giorgetti
4 minuti per la letturaCOME sempre il giorno dopo sono tutti contenti. Tutti infatti si dicono soddisfatti per le tanto attese liste dei consigli di amministrazione delle grandi aziende quotate dello Stato. «Io, Giorgia e Silvio uniti come sempre in questi primi mesi di governo, impegnativi e positivi, con scelte sulle grandi aziende che hanno premiato le competenze» esulta Matteo Salvini che definisce il pacchetto di nomine «un mix di continuità e rinnovamento». E tutto questo è potuto accadere, continua il vicepremier di via Bellerio, grazie a un «esecutivo coeso e compatto». In effetti è stato un doppio test per il governo di Giorgia Meloni sulla stabilità della maggioranza e sul potere dell’inquilina di Palazzo Chigi. «Alla fine – confida sarcastico un deputato di fede berlusconiana – è finita uno a uno».
Un pareggio che nel gioco del calcio accontenta tutti e che rimanda la sfida interna alla coalizione alla prossima tornata di nomine o al più al prossimo decreto. La Lega ha giocato di sponda con Forza Italia per frenare il dominio del gioco da parte di Meloni. E così in un amen leghisti e azzurri hanno ottenuto i vertici di Enel. E Salvini è riuscito a piazzare poi a Terna il fedelissimo Igor De Biasio. Non a caso Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia ed esperto di giochi di palazzo, utilizza queste parole: «Un giusto equilibrio. Un po’ di polemiche anche inutili, però come ho commentato ogni parto in qualche modo ha qualche forma di travaglio. L’importante è che facciano bene, hanno tutte le qualità e le capacità per far bene in posti che sono strategici».
Tutto risolto, in sostanza? I risultati di Forza Italia e Lega placano gli animi, ma non fermano le tensioni. Che da ora in avanti resteranno sotto traccia, ma ci saranno ugualmente. Anche perché le scelte sono state fatte per non fare stravincere nessuno degli azionisti della coalizione, ma per provare a tenere in equilibrio la cabina di governo. Se dal confronto qualcuno fosse uscito malconcio, le spinte centrifughe sarebbero aumentate. E invece tutti felici ma in modalità ecumenica. Ragion per cui nelle ore successive nessuno osa ostentare il risultato per sé. Semmai viene esaltata la compattezza dell’esecutivo. «Il governo è assolutamente coeso. Tutti i provvedimenti di questo governo sono stati approvati all’unanimità in Consiglio dei ministri» premette il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Che subito aggiunge: «Nei governi precedenti venivano approvati provvedimenti “salvo intesa successiva” oppure con l’astensione critica di alcuni ministri. Questo governo è coeso perché è un governo politico frutto delle decisioni degli elettori. Lo ha dimostrato anche nel caso delle nomine privilegiando la competenza, perché quel che conta è il merito».
La soddisfazione attraversa ovviamente il partito di Giorgia Meloni. Perché sottolinea il capogruppo alla Camera di FdI, Tommaso Foti, «si tratta di persone di grande qualità, con ottimi curriculum e con esperienze positive in situazioni o aziende analoghe. A differenza del passato, non vi è stata alcuna lottizzazione. Con buona pace della sinistra, il metodo Meloni funziona, ed essendoci anche aziende che hanno rapporti con l’estero, si qualifica l’Italia al di fuori dei confini nazionali».
Esprime «soddisfazione e apprezzamento» anche Maurizio Lupi, capo politico di Noi Moderati: «È prevalso, come cifra distintiva del Centrodestra, il criterio della competenza, che ha portato ad esprimere nomi di qualità rimarcando, nei criteri per la scelta, la coesione del Governo; bene quindi la sintesi sui tanti e meritevoli nomi proposti fatta dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha ascoltato il contributo di tutte le forze della maggioranza. A tutti gli esperti manager che si accingono a fare il loro dovere o a continuare nel loro percorso un augurio di buon lavoro».
In scia anche Forza Italia con il capogruppo Paolo Barelli che ammette: «Penso che si debba essere soddisfatti delle nomine, si tratta di dieci figure di spicco, tra cui diverse donne, che hanno dimostrato grandi capacità e competenze nel loro settore. La selezione è stata effettuata in base a criteri di qualità e merito, senza alcuna lottizzazione o favoritismo». Si volta pagina allora, non perdendo di vista i nodi che potrebbero presentarsi da qui in avanti. Ad esempio, il rinnovo dei vertici Rai, dove si sa già che fra Salvini e Meloni ci sono visioni differenti. Per non parlare delle concessioni balneari. O al più del famoso Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. Prima o poi l’Italia ratificherà la riforma del Mes? Insomma, lo scontro dentro la maggioranza sembra essere spostato solo in avanti. Non a caso, a tutti i livelli di via Bellerio risuonano le parole di qualche giorno fa del capogruppo a Montecitorio, Riccardo Molinari: «Sarebbe bizzarro se a scegliere fosse un solo partito». E questo, va da sé, vale per tutto. Non solo per le nomine.
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