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La camera ardente di Giorgio Napolitano a Montecitorio

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Alle 11.30 nell’aula di Palazzo Montecitorio cala il silenzio. È il giorno dei funerali di Stato in onore di Giorgio Napolitano, due volte presidente della Repubblica, già ministro, già presidente della Camera, altissimo dirigente del fu partito comunista. Si tratta di una cerimonia laica, così come in passato era stato fatto per Nilde Jotti e Pietro Ingrao. Però questa volta il funerale si terrà nell’emiciclo di Montecitorio. L’aula è già gremita dalle 10. Il centrosinistra è al completo. Ci sono Romano Prodi, Massimo D’Alema, Walter Veltroni. Insomma, il gotha del Pd attende con ansia l’inizio delle cerimonie.

Ecco anche Fausto Bertinotti e Maurizio Landini. Sabino Cassese è invece in fila in attesa di entrare: «Napolitano – dichiara – è stato un presidente temperato, mite e, nei momenti giusti, coraggioso». Ci sono i sindaci delle grandi città. Fra gli altri Giuseppe Sala, primo cittadino di Milano: «Quando sono stato eletto mi ha detto che potevamo darci del tu. Dal punto di vista personale mi ha lasciato bellissimi ricordi. Mi ha sempre incoraggiato».

Ecco Sergio Mattarella, accompagnato dal segretario generale del Quirinale Ugo Zampetti. Elly Schlein, segretaria del Pd, fa il suo ingresso assieme a Iole Mancini, partigiana di 103 anni. La destra risponde in maniera timida. L’esecutivo c’è ed è seduto tra i banchi del governo. Anche Matteo Salvini, scuro in viso, è fra i presenti. Ed è già questa una notizia, visti i rapporti non certo idilliaci con Napolitano. Svetta Emmanuel Macron che è arrivato da Parigi, per ricordare il valore di Giorgio Napolitano. Giorgia Meloni è in modalità: devo esserci ma sarebbe stato meglio di no.

E svetta anche il presidente tedesco Steinmeier: «Una personalità affascinante, un grande europeo». Mario Draghi è il più omaggiato da destra e da sinistra e pensare che solo un anno fa era stato accompagnato alla porta proprio dal Parlamento. Pierferdinando Casini saluta Gianfranco Fini, che nel frattempo si tiene a distanza dai banchi di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Prendono posto in Aula a Montecitorio anche i 5 relatori della cerimonia per le esequie laiche di Giorgio Napolitano: Anna Finocchiaro, Paolo Gentiloni, Giuliano Amato, Gianni Letta e il cardinal Ravasi. Tra i ministri la sedia vuota che sarà del premier Meloni e ancora quattro posti vuoti: sono infatti assenti Musumeci, Santanché, Sangiuliano, Locatelli. Spicca l’assenza di Matteo Renzi che poi arriverà.

Si comincia. Apre la cerimonia il presidente della Camera Lorenzo Fontana: «Napolitano sapeva unire lo slancio ideale al realismo politico. Ha guidato il Paese in uno dei momenti più complessi. Con a sua morte scompare una figura di altissima levatura politica».

Segue la seconda carica dello Stato, La Russa: «Come ho ricordato in Aula, in occasione dei suoi 70 anni di attività parlamentare, Giorgio Napolitano è stato testimone di una cultura che si fa politica e di una cultura politica che si fa istituzione. Da Capo dello Stato ha guidato la Nazione, riconoscendosi in quei valori che sono le fondamenta della nostra Carta Costituzionale. Certo, come tutti i grandi leader, ha avuto nell’agone politico confronti e contrasti, anche duri». È una cerimonia toccante.

Quando prende la parole il figlio Giulio invita a vivere questo momento «con spirito di unità», ma a dispetto della sua affermazione è la commemorazione di una parte. Di un mondo che non c’è più: «Non c’è stato giorno in cui non abbia visto mio padre scrivere, leggere, prendere appunti, studiare dossier, per lui la politica era soprattutto una scelta etica». Ed è su queste note che si unisce Anna Finocchiaro, legata all’ex capo dello Stato da un percorso comune: «Posso dire in piena coscienza alla sua famiglia, ai tanti che come me l’hanno profondamente rispettato e amato, ai suoi avversari che, anche con gli errori che sono dell’umano, il presidente Napolitano ha speso la sua vita per l’Italia, e a essa appartiene la sua memoria».

Gianni Letta, che è stato il braccio destro di Berlusconi negli anni degli scontri con Napolitano, ha provato a tenere insieme il Cavaliere – scomparso il giugno scorso – e il presidente emerito della Repubblica: «Si chiude anche un capitolo tormentato e complesso di questa storia: dopo Berlusconi, Napolitano, a tre mesi uno dall’altro. Mi piace immaginare che incontrandosi lassù possano dirsi quello che non si dissero quaggiù e, placata ogni polemica, possano chiarirsi e ritrovarsi nella luce».

Giuliano Amato, che forse Napolitano avrebbe voluto come suo successore, tocca corde differenti: «Davvero tarderà molto a nascere, se nascerà, un italiano con le sue qualità messe al servizio di una politica vissuta come il luogo fondamentale in cui interagire con gli altri. Non a caso una delle citazioni più belle nei suoi discorsi è quella di un giovane condannato a morte della Resistenza che scrive alla madre: ‘Ci hanno fatto credere – scriveva – che la politica è sporcizia e lavoro da specialisti.

Invece la politica e la cosa pubblica siamo noi stessi’. Napolitano lo ha insegnato a tutti noi». E mentre tutte queste parole rimbombano nell’aula di Montecitorio, Clio, moglie e compagna di una vita, seduta al fianco di Sergio Mattarella, si emoziona. E lo sarà ancora di più quando Paolo Gentiloni, ex premier e oggi commissario europeo, lo definirà «uno statista italiano ma anche europeo e le presenze di oggi lo confermano».

E che non ci sia unità all’interno dell’aula lo certificano i tiepidissimi applausi da parte di Meloni e Salvini nei confronti di Gentiloni quando quest’ultimo definisce Napolitano «un patriota costituzionale». Il cardinal Gianfranco Ravasi, invitato dalla famiglia, inizialmente aveva avuto qualche remora ad intervenire alla cerimonia laica. Poi ha cambiato e ha insistito sul fatto che «Napolitano era una persona di altissima cultura, lo posso testimoniare, amava specie Thomas Mann, di cui citava in tedesco gli incipit di ‘Giuseppe e i suoi fratelli’ e del ‘Faust’; l’altro amore era Dante». Culminando il discorso con una frase tratta dal libro biblico di Daniele: «I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre».

Infine, resterà in questo giorno di lutto nazionale l’immagine delle lacrime della nipote Sofia, figlia del primogenito di Napolitano, Giovanni. Sofia interverrà, si commuoverà e le verrà tributato un lungo e composto applauso dai presenti: «Giorgio Napolitano era un leader, un politico e un uomo formidabile premuroso, pieno di attenzioni. Era sempre presente per noi, ascoltava i nostri problemi in modo partecipe e comprensivo nonostante fosse già occupato con i problemi del Paese». Un ricordo personale, di vita vissuta che traccia la figura di un nonno attento e presente.


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