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Gabriele Lavia

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La rumorata dei calabroni in testa, ed ecco Ciampa interpretato da Gabriele Lavia. La bocca impastata di sorbe, e dunque ecco Beatrice Fiorica cui presta volto, presenza e voce Federica Di Martino. C’è il delegato di pubblica sicurezza coi suoi “privo di Dio!”. E le tre corde – civile, seria e pazza – ci sono tutte. E poi c’è Fana aggrappata al nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Al teatro Quirino di Roma, ogni sera pieno come un uovo per la recita de Il Berretto a sonagli, c’è sempre in platea – in piedi, nascosto da un pilastro – Angelo Musco. Non si perde una replica. Lui è il grande tra i grandi delle maschere per il quale Luigi Pirandello nel 1916 scrisse l’opera in lingua agrigentina e bisogna dire che anche il maestro, vestito di tutto punto ma con la berretta coi campanellini in testa, se ne sta lì.

Pirandello staziona per tutto il tempo a teatro per godersi lo spettacolo e dal brillio dei suoi occhi si capisce che nella regia di Gabriele Lavia – e nella sua magnifica interpretazione – ritrova l’esatta messa in scena, l’edizione in assoluto più bella, anche rispetto a quella di Eduardo De Filippo e a tutti quelli che volendo fare di Ciampa lo scrivano, il protagonista, un filosofo verboso, non hanno mai capito chi è davvero e cosa fa questo povero becco. È nientemeno che il Saggio Sileno. Ed è infatti quello che fa di Beatrice Fiorica – sovranamente interpretata da Federica Di Martino – l’eterno Re Mida che reclama la risposta alla suprema domanda: “Qual è la cosa migliore e più desiderabile per l’uomo?”.

E la risposta di Ciampa/Sileno è tutta in un ulteriore perché: “Perché vuoi sapere quello che per te sarebbe meglio non sapere?”. Meglio non sapere di essere cornuti, meglio non sapere di tutto il grumo di menzogne cui si è costretti a inghiottire ogni giorno e dunque meglio non essere mai nati ma una volta nati, meglio nascere e morire subito. Nel precipitare subitaneo del comico. Per come nel suo segnarsi, disperata, Fana – la cammarera interpretata da Maribella Piana – muove tutti a compenetrarsi e a riderne.

Non ci sono altre possibilità di recensione al lavoro di Lavia che segnalare il brillio degli occhi di Pirandello, segretamente presente in platea, e riferire di Angelo Musco – anche lui spettatore in incognito, sempre dietro alle poltrone dei numeri pari – rapito dalla rappresentazione al punto di specchiarsi in Lavia e di battere poi le mani a ogni uscita del primo attore dicendo “questo è Ciampa… è tornato finalmente Ciampa”. Grande tra i grandi delle maschere.


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