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Ryan Kaji, nel 2019 ha guadagnato 26 milioni di dollari

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Baby influencer, piccole star macchine da soldi

Non è una novità che tecnologia e generazione Alpha si stiano evolvendo nello stesso periodo. Prima dell’avvento di Internet, i bambini avevano bisogno di una favola letta dai genitori prima di andare a dormire, oggi preferiscono giocare a un videogame sul tablet. Il fenomeno è sempre più in crescita, perché in primis è il mondo della tecnologia che si fa sempre più avanti e portavoce dei bambini, con la creazione di giochi e applicazioni in grado di interessare anche i più piccoli. E si sa, Internet crea dipendenza. Anche per i bambini. Ma da qui, ad esporre i volti dei minorenni, ne passa di acqua sotto i ponti.

Il fenomeno, però, è sempre più attuale, e prende il nome di baby influencer, delle vere e proprie macchine da soldi, ossia quei pre adolescenti, o nel peggiore dei casi, bambini al di sotto degli 8 anni che sono seguiti sui social e sul web dai loro coetanei con numeri spaventosi. I loro canali Youtube possono arrivare a contare anche milioni di utenti iscritti che non si perdono nemmeno un contenuto portato sulla piattaforma. È una tendenza che arriva da oltreoceano e che l’Italia in poche parole ha rubato all’America, dove ormai i baby influencer stanno cavalcando l’onda del successo: per un solo video i brand sono disposti a pagare fino ai 300 mila dollari e il loro guadagno, già da piccolissimi, gli permette di vivere una vita a cinque stelle senza doversi privare di nulla e rendendo i genitori, che ne fanno da garante, ricchi senza muovere un dito.

Nell’immaginario collettivo i bambini dovrebbero fare cose da bambini: giocare all’aperto, andare a scuola e organizzare incontri con i coetanei. Questo però appartiene al passato, bisogna infatti contestualizzare il fenomeno degli influencer minorenni nella società in cui vivono, fortemente interconnessa con il mondo di Internet, in cui le piattaforme digitali sono diventate la modalità di comunicazione più efficace.

I baby influencer rendono felici le proprie famiglie a colpi di like, commenti, condivisioni e soprattutto sponsorizzazioni da milioni di dollari. Grazie al sostegno dei genitori appaiono, infatti, disinvolti e sicuri di sé davanti a qualsiasi telecamera gli venga posta davanti, che sia Instagram o TikTok, ormai è facile incontrarli dappertutto. «Vogliamo arrivare a essere come Chiara Ferragni», queste sono le parole che hanno spaventato in molti quando, lo scorso aprile, la trasmissione Le Iene ha realizzato un servizio proprio sui baby influencer: bambini dai 5 agli 8 anni, che già a questa giovane età sanno bene cosa vogliono dal loro futuro e magari monetizzare in modo “facile”.

Ryan Kaji è il primo che salta in mente se si parla di baby influencer, lui che è il re dei social per minorenni, che a soli 10 anni è una delle star più pagate della piattaforma Youtube con oltre 30 milioni follower. Le modalità non sono diverse rispetto a quelle già ben salde nel sistema dei social, ossia quello delle influencer più grandi: viaggi, make up, vestiti, cibo, tutto ciò che si può vendere a loro è offerto con un solo scopo, ottenere in cambio la pubblicità sui social. Più follower hai, più incassi.

Tanti genitori, si sono accorti che i bambini sono in grado di catturare l’attenzione di chi sfoglia i social, quindi hanno preso la palla al balzo diventando loro stessi i manager dei loro figli, trasformandoli in piccole star: magari tutto nasce per gioco e poi diventa un vero e proprio impegno lavorativo che ad ogni clip genera investimenti grazie alle visualizzazioni.

Qual è il rischio? Che il bambino rimanga intrappolato in questo meccanismo del guadagno che lo allontana chiaramente da quelle che dovrebbero essere le normali abitudini per un preadolescente. È uno di quei temi destinati a dividere l’opinione del pubblico: chi approva e chi vede l’esposizione dei minori come un vero e proprio sfruttamento.

Criticate sono e saranno sempre le mamme, prima fra tutte Chiara Ferragni che ha reso il suo primogenito Leone una fashion star ancora prima di ottenere un profilo social tutto suo.


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