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Riccardo Scamarcio a "Che tempo che fa"

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È ormai lontano il ricordo del celebre tutorial su come indossare i tacchi al supermercato per agguantare, con leggiadria, l’ultimo pacco di cereali. Pure gli insulti rivolti a Vanessa Incontrada per le sue (a mio avviso invidiabili) curve sono ormai un semplice ricordo. Ancora si sente, sebbene solo in lontananza, l’eco delle femministe, degli indignati e dei garanti dell’integrità psicofisica altrui. Peccato che la stessa pronta, decisa e solerte risposta non sia giunta in difesa di Riccardo Scamarcio.

L’attore, infatti, ospite di una delle ultime puntate di “Che Tempo Che Fa”, ha avuto modo di presentare dallo studio di Fazio il suo nuovo film, “L’Ultimo Paradiso“, per la piattaforma Netflix. Nulla di particolarmente rilevante è accaduto durante la puntata: siamo ormai abituati agli attori che vengono ospitati nelle più varie trasmissioni per promuovere i loro ultimi lavori e, causa pandemia, questa attività promozionale sembra essere diventata non solo diffusa ma finanche necessaria. Il problema arriva in un secondo momento, leggendo i commenti sotto alla foto della puntata postata sul profilo Instagram del programma: il primo piano di Riccardo Scamarcio è stato letteralmente ricoperto di insulti.

Il pubblico (buona parte femminile) ha trovato il sex symbol di “Tre metri sopra il cielo”, il mitico Step, “ingrassato” e “invecchiato malissimo“; ma anche “orrendo” e, per parafrasare, poco incline all’igiene personale. Eppure… eppure: nessuna battaglia per il diritto all’autodeterminazione, nessuna crociata per il diritto ad essere unici. Solo un mesto, infausto e grave silenzio. Le femministe, gli indignati ed i garanti dell’integrità psicofisica altrui di cui sopra tacciono omertosi dopo essersi scagliati, con vigore e in tempi recentissimi, contro il fenomeno del body shaming, null’altro che l’atto di deridere/discriminare una persona per il suo aspetto fisico nella sua versione anglofona, decisamente più accattivante.

Da atteggiamenti simili, emerge una prospettiva decisamente allarmante e certamente opposta ai valori che si cerca in ogni modo di affermare: il body shaming è intollerabile solo se a subirlo è una donna. L’uomo, al contrario, deve sottostare ad ogni tipo di angheria ed il suo aspetto può essere aspramente criticato (per essere gentili) da chiunque e in qualunque modo. Dove sono finiti, quindi, i paladini e le paladine del “ogni corpo è bello e nessuno si può permettere di prendere in giro qualcun altro per il suo aspetto fisico”? Dove sono finite le testate giornalistiche che urlano allo scandalo perché “nella società dell’apparenza, il talento ed i meriti sono sempre in secondo piano”?

E così, il corpo della donna non deve essere oggettivato per compiacere, pure al supermercato, i lombi del maschio ma quello di un uomo può essere sottoposto al pubblico ludibrio, pure sui social, per il perverso piacere della femmina. Per le donne non debbono valere i canoni di bellezza ipotetici, eterodiretti e irraggiungibili proposti dai media e dalle copertine (ritoccate) dei tabloid; per gli uomini, invece, valgono eccome.

Il corpo femminile deve sottrarsi e/o essere liberato dalla pressione sociale, sdoganandone ed esaltandone l’unicità fino al parossismo, fino a negare finanche il fisiologico invecchiamento; il corpo maschile deve, al contrario, reggere il confronto col branco, perché il maschio alpha bianco, eterosessuale, cisgender e occidentale è un nemico da sconfiggere ad ogni costo ma non si azzardasse mai a rinnegare esso stesso il proprio status per sposare l’ampio concetto di “diversità” nelle sue antropologiche e bellissime sfumature.

Torna allora la domanda: dove sono finiti tutti/e? Non c’è più nessuno o nessuna a difendere il diritto di Scamarcio ad invecchiare, ad ingrassare, a dimagrire, a vestire come meglio crede? Sono tutti in omertoso silenzio o, peggio, sono ancora impegnati a commentare la foto su Instagram perché, nella foga, qualche insulto è sfuggito.


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