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Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione gli atti di bullismo a scuola sono passati dal 22,3% al 27% rispetto ai due passati anni scolastici


Più di uno studente su quattro è stato vittima a scuola di bullismo e l’8% ha subìto atti di cyberbullimo: è quanto emerge da un monitoraggio effettuato dal Ministero dell’Istruzione nell’anno scolastico 2022/2023 su un campione di oltre 185mila studenti delle scuole superiori. Il fenomeno è esteso e in aumento: rispetto ai due anni scolastici precedenti, gli atti di bullismo sono passati dal 22,3% al 27%. Crescono, inoltre, gli atti sistematici, ripetuti nel tempo.

Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione e il lavoro di scuole e istituzioni, i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo sono ancora sommersi perché per vergogna o imbarazzo le vittime tendono a chiudersi in loro stesse, a non chiedere aiuto oppure a non denunciare. Sondaggi come questo risultano così ancora più utili per valutare la reale estensione del fenomeno e poter agire in maniera ancora più efficace.

Quelli condotti negli ultimi tre anni, infatti, non riguardano solo le vittime, ma anche gli aggressori: il 17,5% degli intervistati ammette di aver attivamente preso parte ai maltrattamenti e il 7% ammette di aver compiuto atti di cyberbullismo. Nella maggior parte dei casi si tratta di azioni occasionali, ma la componente sistematica sta crescendo, sia per quanto riguarda gli aggressori sia per le vittime: per il bullismo è passata dal 2,9% del 2020/2021 al 5,4% del 2022/2023, mentre per il cyberbullismo è passata dall’1% del 2020/2021 all’1,5% del 2022/2023.

I DATI CHE SPECIFICANO LA SITUAZIONE DEL BULLISMO A SCUOLA IN ITALIA

Secondo i dati Sorveglianza Health behaviour in School-aged Children – HBSC Italia, la fascia più colpita è quella degli alunni tra gli 11 e i 13 anni. Gli undicenni vittime di bullismo sono il 19,8% tra le ragazze e il 18,9% tra i ragazzi; a 13 anni sono presi di mira il 14,6% dei ragazzi e il 17,3% delle ragazze, mentre tra i quindicenni sono colpiti il 9,9% dei ragazzi e il 9,2% delle ragazze. Anche nel caso del cyberbullismo a essere maggiormente presi di mira sono gli studenti più piccoli: tra gli undicenni ne sono vittime il 17,2% dei maschi e il 21,1% delle femmine; tra i quattordicenni il 12,9% dei ragazzi e il 18,4% delle ragazze e tra i quindicenni il 9,2% dei maschi e l’11,4% delle femmine.

Alle denunce si arriva per lo più nelle situazioni più gravi. Negli ultimi quattro anni i casi di cyberbullismo si sono ridotti, passando dai 464 registrati nel 2021 ai 291 del 2023, ma le denunce ricevute dalla Polizia postale nell’ultimo anno per forme di aggressione online contro i minorenni sono state 3.444.

BULLISMO A SCUOLA, NON BISOGNA ABBASSARE LA GUARDIA

Questi numeri impongono di non abbassare la guardia: come ricorda Ivano Gabrielli, direttore della Polizia postale, «non c’è una spiegazione univoca del calo (…). Potrebbe infatti essere cresciuta la capacità di intervento di soggetti intermedi in grado di ridurre o rendere non più utile il ricorso alle forze di polizia. Ma ci potrebbe anche essere una scarsità di denunce. Non dobbiamo comunque abbassare la guardia: il cyberbullismo è un fenomeno ancora più odioso del bullismo tradizionale, perché insegue i ragazzi dovunque e le conseguenze possono essere gravissime».

Non solo vittime, ma anche bulli e cyberbulli che è necessario affiancare e rieducare. Le campagne più recenti, infatti, sono indirizzate sia alle vittime che agli aggressori e cercano di accendere i riflettori sui fenomeni sommersi. Come conferma Carla Garlatti, Garante per l’infanzia e l’adolescenza, «per superare la vergogna delle vittime occorre sensibilizzare gli adulti di riferimento a cogliere i segnali di malessere. Poi bisogna agire sul piano educativo: spesso i ragazzi, anche se sono nativi digitali, non sono consapevoli dei rischi che corrono in rete e del male che possono fare».

LE VITTIME RISCHIANO CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE

Le vittime delle diverse forme di bullismo possono subire conseguenze gravi anche a distanza di tempo: nel 75% si riscontrano perdita di autostima, sicurezza e fiducia negli altri, il 47% riferisce di soffrire di ansia sociale e il 45% presenta una tendenza all’allontanamento dai coetanei e all’isolamento. Gli effetti negativi riguardano anche la difficoltà di concentrazione e il basso rendimento scolastico (28%), la depressione, il rifiuto della scuola, i disturbi alimentari e l’autolesionismo. Intervenendo lo scorso 7 febbraio in occasione della Giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo, David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, sottolinea come «anche i bulli e gli osservatori subiscono, secondo numerosi studi, esiti gravi quali scarso rendimento scolastico, drop out, abuso di sostanze, comportamento deviante e, in generale, esiti di disadattamento rilevanti, fino al rischio suicidario.

Anche e proprio a causa dell’aumentata importanza del valore sociale dell’immagine e dell’identità creata nel mondo virtuale, gli esiti degli atti di cyberbullismo si configurano sempre più come traumi, anche identitari, che necessitano di azioni di supporto psicologico (…). È necessario – prosegue Lazzari – che le competenze di chi prenderà in carico vittima/e, bullo/i, consentano di intervenire in maniera efficace al fine di contenere le conseguenze gravose per il benessere psicologico della vittima e per contrastare ulteriori azioni del bullo. Tali sintomatologie e rischi di devianza mostrano chiaramente la necessità della presenza costante di uno psicologo all’interno delle reti di prevenzione, contrasto al bullismo e nei percorsi di rieducazione».

GLI INTERVENTI NORMATIVI MESSI IN CAMPO

Tra gli interventi normativi più significativi messi recentemente in campo troviamo la legge 71 sul cyberbullismo e il decreto Caivano 123/2023, che hanno rispettivamente ampliato le tipologie di reati suscettibili di ammonimento, e la proposta di legge (atto Senato 866), attualmente all’esame dell’Aula, dedicata alla prevenzione e soprattutto alla rieducazione anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie e dei servizi sociali. Solo l’intervento congiunto di famiglia, scuola, istituzioni e società nel suo complesso permetterà ai più giovani di crescere senza alcuna forma di discriminazione e la strada è ormai tracciata.


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