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“PARIS” di Else fa da sottofondo a uno degli ultimi video pubblicati da Giuseppe Conte su TikTok. Nella clip “Occhio ragazzi! Guardate la proposta confezionata da Giorgia Meloni. Un’assurdità!” il leader del M5s mette in guardia gli utenti da un documento discusso «lo scorso aprile» da Fratelli d’Italia (“Appunti per un programma conservatore”) nel quale verrebbe proposto un sistema di intelligenza artificiale capace di inviare offerte di lavoro («non importa se precario o sottopagato» commenta l’ex premier) a neodiplomati e neolaureati, il cui rifiuto comporterebbe «la perdita di ogni beneficio e addirittura una multa».

La brevità del video e i toni allarmisti, insieme a un montaggio e a effetti piuttosto accurati, gli assicurano un discreto engagement: oltre 345mila like, più di 13mila e 500 commenti e quasi 50mila condivisioni. Non male se si pensa che lo sbarco di Conte su TikTok è piuttosto recente. Una scommessa su cui ha puntato forte il social media manager del leader pentastellato, Dario Adamo, che ora guarda anche a Twitch per migliorare il posizionamento di Conte sui social network maggiormente apprezzati dai giovani, una fetta importante dell’elettorato, diffidente nei confronti dei partiti al punto da disertare, spesso e volentieri, il voto.

Ma come ogni piattaforma anche TikTok ha il suo linguaggio, il suo ecosistema, per cui il vero problema è capire se basta presentarsi in versione casual (camicia bianca senza cravatta), usare espressioni colloquiali come «occhio ragazzi», scegliere una musica alla moda come soundtrack e concedersi un pizzico di forzato umorismo per fare centro su quello che è universalmente riconosciuto come il social del cazzeggio.

Quello, per capirsi, dove uno dei tiktoker più seguiti al mondo (Zach King, quasi 70 milioni di follower; Conte ne ha poco meno di 170mila) realizza video in cui lo si vede giocare a Tetris con i container di una nave cargo. O dove spopola Elisa Esposito (un milione di seguaci), la discussa insegnante di corsivoe. Un metro comunicativo lontano anni luce rispetto a quello della politica, per quanto questa s’impegni a darsi una ringiovanita. Il rischio di tracimare nel ridicolo, di essere – per usare un termine in voga fra le nuove generazioni – giudicato un boomer (un vecchio sfigato), insomma è dietro l’angolo. Col risultato di perdere, anziché guadagnare, consenso elettorale.

L’esperimento ha, comunque, un senso. E, d’altronde, Conte non è l’unico leader di grido a essere sceso nell’agone di TikTok. Ci sono, ad esempio, Giorgia Meloni (che non va benissimo: poco più di 73mila follower) e Matteo Salvini (che va molto meglio: oltre 485mila). Quest’ultimo sembra avvicinarsi più allo spirito del social, talvolta pubblicando clip di episodi di inciviltà o violenza nelle nostre città inviate registrate e inviate dagli utenti cui seguono le sue proposte.

A sinistra la piattaforma è bazzicata poco. Che sia per scarsa conoscenza del mezzo o per non mischiarsi con uno strumento spesso finito al centro delle critiche per i contenuti diseducativi non è dato saperlo. C’è di certo, però, che negli Stati Uniti Tiktok è tenuto sotto stretta osservazione per i rischi connessi alla rapida diffusione di fake news e disinformazione in genere in vista delle midterm elections, primo banco di prova per l’amministrazione Biden. Dell’argomento si è recentemente occupato il New York Times, ponendo l’accento sulla viralità di clip complottiste di vario genere. Alcune di queste sostengono che, in autunno, sarà in qualche modo agevolata una recrudescenza della pandemia di Covid per scoraggiare il voto degli americani.

Allo stesso tempo sono tornati in auge hashtag come #Stopthesteal, emersi tra i sostenitori più accaniti di Donald Trump prima delle elezioni presidenziali del 2020, prefigurando la possibilità di brogli elettorali volti a favorire Biden. TikTok ha prontamente rimosso il topic ma, data la diffusione e l’immensa mole di clip condivise ogni giorno, è praticamente impossibile prevenire la creazione di contenuti simili. «Stiamo assistendo alle conseguenze reali dell’aver ignorato gli avvertimenti dei ricercatori sul potenziale di disinformazione elettorale su TikTok» ha spiegato Lindsay Gorman, senior fellow per le tecnologie emergenti alla Alliance for Securing Democracy.

Un pericolo che esiste anche in Italia. Dove, in ogni caso, la stragrande maggioranza dei politici continua a rimanere nella comfort zone rappresentata dai social “tradizionali”, Twitter (soprattutto) e Facebook. Ma anche Instagram, miglior compromesso possibile per intercettare il voto giovanile senza spingersi oltre: nelle sabbie mobili di TikTok.


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