X
<
>

Elena Giaveri2

Condividi:
6 minuti per la lettura

«Nel 2012 quando ho iniziato a lavorare nel settore dell’automotive il fatto che fossi una ragazza ha rappresentato un po’ un ostacolo. Il mondo dei motori era ancora prettamente maschile e una donna, pure bionda, aveva poca credibilità», spiega. Lei però se n’è infischiata degli stereotipi e in poco tempo, ha fatto cambiare idea a tutti. Oggi Elena Giaveri, classe 1985 originaria di Casalpusterlengo in provincia di Lodi e trapiantata a Monza, è un nome affermato del settore automobilistico, grazie al web. Elena è la car influencer numero uno in Italia. Intenditrice di motori, appassionata di Formula 1, elargisce consigli su Instagram ai suoi 120.000 followers. È l’esperta di motori di Detto Fatto su RaiUno e conduce su Safe Drive Tv il programma “Car Influencer per un giorno” in cui invita i “colleghi” star del web a testare nuove auto.

Elena, da ragazzina eri quella che alla Barbie preferiva le macchinine?
«No, contro la Barbie non c’era storia. Ma la passione per le auto l’avevo eccome. Me l’ha trasmessa mio papà Costantino. Lui non lavorava nel settore ma era un grande appassionato di motori. Mi portava con sé a manifestazioni, gare, raduni d’auto d’epoca, descrivendomi modelli in tutti i loro particolari. Mi ha insegnato a guardare le auto con occhio esperto, ad apprezzarle. Ricordo quando ci portava a fare fuoristrada nel fiume Trebbia. Aveva una Suzuki con cui guidava anche nel fiume. Oggi non si può più fare, ma all’epoca io e mia sorella ci divertivamo tantissimo. In ogni caso, quando si è trattato di decidere cosa fare da grande, dopo il liceo linguistico sono andata a studiare a Milano fashion marketing».

Dunque all’inizio, ti sei lasciata conquistare dalla moda.
«Sì. La moda collima col design, da cui sono sempre stata affascinata. E che ritrovo oggi nel mondo delle auto. Dunque, una volta laureata ho lavorato per cinque anni nel settore come fashion buyer. Mi piaceva molto, avevo un contratto a tempo indeterminato con un’azienda, ma non ero del tutto soddisfatta. Avevo ventisette anni e dentro di me sentivo l’esigenza di costruire qualcosa di mio».

Sognavi di metterti in proprio?
«Esattamente, ma mi mancava l’idea giusta. Poi un giorno, mi si è accesa la lampadina».

Che è successo?
«Ho un piccolo guasto alla macchina. All’epoca guidavo una Golf. Vivevo sola a Milano e la porto al volo nella prima officina in cui mi imbatto. Al momento di ritirare la macchina, il meccanico mi rifila una parcella da 400 euro. Tornata a casa dei miei nel week end, lo racconto a mio padre, e lui mi rimprovera. “Ti sei fatta proprio fregare, per quel danno dovevi spendere al massimo 200 euro”, mi dice. Ferita nell’orgoglio sbotto: “Papà, ma sai a quanti capita, come si fa a capire se un’officina ti sta facendo il prezzo giusto?”. E in quel momento mi si accende la lampadina: perché non creare un sito dove poter comparare il servizio delle officine grazie al contributo dei clienti? Insomma, una sorta di tripadvisor per le auto».

Un’ideona.
«Sì, perché all’epoca in Italia ancora non ci aveva pensato nessuno. Così, insieme a un’amica dell’università, Graziella, fondo il sito pitstopadvisor».

Non correre, spiegami bene come hai fatto.
«Lavoravo da cinque anni e mi ero messa da parte qualche soldino. Ero molto decisa e non ho tenuto il piede in due staffe: mi sono licenziata e con i miei risparmi ho commissionato a un’agenzia specializzata, la creazione del sito. Diciamo che a loro ho delegato la parte nerd».

E poi?
«Io e la Grace, ovvero Graziella, che poi è diventata anche mia cognata perché nel frattempo ho conosciuto e mi sono fidanzata con suo fratello, ci siamo messe a lavorare di brutto. Giorno e notte».

Qual era la fonte di guadagno?
«Le inserzioni pubblicitarie. Dopo un mese dall’apertura avevamo già il primo sponsor, una ditta di olio per motori. Poi man mano, si sono aggiunti tanti altri. Fin dall’inizio per far conoscere il sito a tutti i brand ci siamo buttate a capofitto nelle pubbliche relazioni, partecipando a saloni ed eventi. Senza contare l’impegno con il sito, gli articoli da scrivere, gli aggiornamenti: magari alle due di notte, ero in linea diretta con il web designer, perché una pagina del sito non andava…».

È questo il periodo in cui venivi snobbata nell’ambiente, perché donna?
«Sì, succedeva. Un po’ ho faticato a farmi ascoltare, ma appena esponevo la mia idea, ricevevo una stretta di mano. Il mio progetto piaceva subito agli addetti ai lavori e mi ha permesso di introdurmi bene, di farmi apprezzare. Ora comunque, di donne che lavorano nell’automotive ce ne sono parecchie, e sono quelle con cui collaboro meglio, le più creative».

Torniamo al sito: quindi, ha cominciato ad andare forte.
«Dal 2014 al 2016 sono stati gli anni d’oro. Anche perché, quando ancora nessuno se ne curava, usavamo tutti i sistemi per dare visibilità al sito, ottimizzandolo in ottica SEO, cioè producendo contenuti appetibili per i motori di ricerca. Poi man mano, si è aggiunta tanta concorrenza e abbiamo perso la leadership».

E quindi, cosa hai fatto?
«Sul web tutto cambia velocemente e bisogna essere sempre pronti a riconvertirsi, tenersi al passo più che mai. In quel periodo ho iniziato a collaborare con il sito Motorionline in qualità di giornalista e test driver. Provavo una serie di vetture e andava tutto su YouTube. Questi video avevano successo e così ho capito di poter puntare sulla mia immagine».

Così sei diventata influencer.
«Sì. Nel 2018 quindi ho aperto la mia pagina Instagram e ho debuttato come influencer. C’era questa influencer australiana, Supercar Blondie, che lavora a Dubay: un punto di riferimento».

Che tipo di influencer sei?
«Nella mia pagina sono molto verticale, nel senso che non pubblico foto mentre sono al ristorante a mangiare la pizza, parlo solo di motori».

Da chi è composta la tua community?
«Sono per il 65% uomini e 35% donne, di un’età compresa tra i 25 e i 45 anni. La fascia più attenta ai prodotti in commercio. Con loro, ho instaurato un rapporto bellissimo: Se provo un modello, mi scrivono, mi fanno domande tecniche, sulle sensazioni di guida. Si fidano molto del mio parere e ne sono orgogliosa. Tanti mi chiedono consiglio quando devono cambiare la macchina: dopotutto io sono esperta ma anche super partes, rispetto ad un venditore della concessionaria d’auto».

Com’è la tua giornata?
«Lavoro sempre e lo ammetto, sono un’accentratrice. Per realizzare una campagna per un brand, ho fotografi, videomaker che mi aiutano e di cui mi fido, ma in un progetto, dalla parte creativa al marketing, me la cavo da sola e accetto solo di collaborare con brand che ritengo eccellenti. Quello che posso dire è che mi diverto tantissimo: la settimana scorsa ero alla Mille Miglia, uno degli eventi più belli in assoluto».

Elena, ma tu che auto guidi?
«Una Audi Q2. Ma mi sento a mio agio anche al volante di una Ferrari».


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE