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Un colloquio di lavoro

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Soprattutto per i giovani, tra le opportunità da cogliere in estate c’è quella di prepararsi al meglio per la ricerca del lavoro

Se è vero che l’estate è il tempo del divertimento e della spensieratezza, è anche vero che – come ci racconta la favola di Esopo: “C’era una volta un’estate calda e una cicala a cui non piaceva né sudare né far fatica. Sotto il ramo dell’albero dove stava sdraiata comoda la cicala, passava una formica, tutta indaffarata a portare sulla sua schiena pezzetti di cibo, sassolini, legnetti” – questo è il tempo giusto predisporsi, con arguzia, ad affrontare le sfide del rientro settembrino.

Tra le opportunità da cogliere, soprattutto per i giovani, c’è quella di prepararsi al meglio per cercare lavoro. In estate, molte organizzazioni e aziende rallentano i propri processi produttivi, decidendo di intensificare l’attività solo verso alcuni settori; ad esempio, si dà molto spazio a corsi e strumenti per la preparazione dei colloqui. Inoltre, in questi caldi mesi, rallenta la competizione in ingresso, si assiste a un calo delle application presentate, gli HR recruiter sono meno indaffarati e si aprono diverse possibilità per “farsi notare”.

Va quindi sfatata la convinzione secondo cui nei mesi estivi le aziende non pensano alle assunzioni. È il momento migliore per pianificare le prossime mosse professionali a partire dalla definizione di una strategia della ricerca del lavoro in funzione delle proprie ambizioni professionali e dei propri obiettivi.

Primo passo è la ricostruzione di tutte le candidature effettuate o ‘poste nel cassetto’. Questo serve a monitorare l’andamento delle selezioni, studiare il proprio interlocutore e azienda in modo da non farsi cogliere impreparati. È anche importante pensare a come ‘vendersi al meglio’. Serve una strategia attrattiva per stimolare i recruiter a valutare positivamente le candidature inviate. Mai sottovalutare la forza delle emozioni e sensazioni di questa stagione: l’energia estiva dà quella marcia in più nei colloqui che fa la differenza. Quindi, ampio spazio all’autocandidatura che è un buono strumento, sempre se utilizzato con parsimonia e attenzione. Occorre badare bene agli annunci di lavoro perché la spontanea proposizione alle aziende presuppone la capacità di arrivare a definire in sede di colloquio quale sia il valore aggiunto portato con l’ingresso del candidato in azienda.

Quindi, secondo passo è autovalutarsi per capire i propri desideri, propensioni per la futura carriera professionale e personale. Proprio su questo, anche le aziende si sono interrogate rispetto ai propri target. Secondo quanto emerge da un recente sondaggio proposto da Deloitte, 1 italiano su 2, tra cui molti giovani, ha la ferma volontà di trovare lavoro e organizzare la propria vita professionale in modo sostenibile e responsabile e questo ha un notevole impatto ed effetto sulle aziende.

Questa ricerca – “Il cittadino consapevole: comportamenti virtuosi in azienda per raggiungere un successo sostenibile” – sottolinea che 1 addetto su 3 ha riscontrato un cambio di rotta della propria organizzazione verso una sostenibilità che si inserisce nella mission e nella strategia aziendale. E ancora, l’attenzione dei cittadini non si limita all’adozione di pratiche virtuose, ma valuta l’atteggiamento del proprio datore di lavoro rispetto a queste tematiche. Non a caso, sempre secondo Deloitte, il 47% degli italiani sceglie aziende che garantiscano un equilibrio tra vita privata e professionale, il 64% lavora più volentieri nelle organizzazioni con impatto ambientale positivo e circa 1 su 4 si dichiara disponibile a cambiare l’attuale datore di lavoro per uno più attento alla sostenibilità, anche a fronte di una riduzione della retribuzione.

I modelli di business delle aziende stanno evolvendo secondo una sostenibilità democratica e processi green.
Il dato si accentua se ad essere interrogati sono i giovani per i quali è imprescindibile il riconoscimento di una figura aziendale addetta alla messa in atto di tali azioni. In particolare, i lavoratori riconoscono nei ruoli di management e nei vertici aziendali (22%) le figure capaci di incoraggiare l’adozione di strategie responsabili ed etiche. Al di fuori dei contesti aziendali, viene indicato il Governo (35%). Le imprese scelgono, quindi, prodotti in base alla loro qualità, ma anche a valori condivisi: sostenibilità e inclusività. Queste attenzioni lasciano spazio a un ulteriore spunto di riflessione: la responsabilità con cui si compiono le scelte quotidiane che tratteggiano l’identità di cittadini consapevoli.


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