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Pina Amarelli, presidente della storica fabbrica, racconta il percorso di uno tra i maggiori marchi del Sud, eccellenza calabrese al femminile


«Arrivai per la prima volta in Calabria da Napoli in una grigia giornata del ponte dei morti». Così inizia la storia di una delle figure più affascinanti dell’imprenditoria femminile del Sud Italia. E così inizia anche il racconto che Pina Amarelli, presidentessa della storica fabbrica di liquirizia Amarelli, ha condiviso con «Il Quotidiano del Sud».
Pina Mengano Amarelli, originaria di Napoli, è docente universitaria, avvocato e giornalista pubblicista. Laureatasi in Giurisprudenza nel 1967 presso l’Università di Napoli Federico II, si è trasferita in Calabria dopo il matrimonio con il barone Francesco Amarelli.

Il primo incontro con la fabbrica Amarelli Sas di Rossano (Cosenza), di cui è diventata presidentessa, non è stato «amore a prima vista». Eppure, quella prima impressione negativa avuta all’arrivo a Rossano si è subito trasformata nella sua antitesi. Giunta nella nuova casa, la giovane Pina Amarelli è rimasta ammaliata da un mondo che mai si sarebbe aspettata di trovare, ma che era perfettamente in sintonia con i suoi interessi: la biblioteca e l’archivio di famiglia. Riletti con l’occhio e la mente di una storica e giurista, quei documenti che ripercorrevano la storia di una famiglia calabrese sono entrati nella Storia dell’Italia e del Sud. Pina Amarelli è riuscita a far convergere il binomio tra fabbrica imprenditoriale e cultura nel primo e unico museo al mondo dedicato alla liquirizia.

Aperto nel luglio del 2001 e situato nel quattrocentesco palazzo della famiglia Amarelli, il Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli” espone, attraverso oggetti e documenti, il «percorso dell’attività industriale di una famiglia e di un territorio, un esempio di longevità imprenditoriale e un invito a scoprire un’esperienza di secoli di vita e di lavoro, che si proietta nel futuro con forte progettualità». Con i suoi circa 60mila visitatori annuali, il Museo è un presidio culturale, conoscitivo e formativo locale, che offre visite guidate e gratuite con degustazione dei prodotti Amarelli. Con decreto del Ministero per i Beni e le attività Culturali del dicembre 2012, l’Archivio Amarelli conservato nel Museo è stato dichiarato d’interesse storico. Nel 2021, in occasione del ventesimo anniversario del Museo, Amarelli ha ottenuto una consacrazione culturale indiscutibile con l’inserimento nell’Enciclopedia Treccani dell’azienda come «Icona del Made in Italy».

Il Museo rappresenta solo uno dei molteplici traguardi raggiunti da Pina Amarelli. Nello stesso anno di inaugurazione della sede museale, la dottoressa Mengano ha ricevuto a Roma il prestigioso “Premio Minerva”, riservato alle donne del Sud che si sono distinte nella ricerca, nella politica, nel giornalismo, nelle professioni, nel volontariato e nell’imprenditoria. Il Premio Minerva è stato il primo di una serie di onorificenze. Il 2 giugno 2003 Pina Amarelli è stata insignita dal Presidente Ciampi del titolo di Cavaliere Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, per aver saputo coniugare impresa e cultura. Nel giugno del 2006 è stata nominata dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano Cavaliere del Lavoro per il settore Alimentare, prima donna in Calabria ad aver ricevuto questa prestigiosa onorificenza.

Tra cariche pubbliche e incarichi ufficiali, Pina Amarelli ha ottenuto decine e decine di premi, continuando a occuparsi della fabbrica di famiglia e trasformandola in una delle più dinamiche realtà dell’Italia e del mondo.
Con oltre due milioni delle iconiche confezioni di metallo Amarelli vendute all’anno e altri centocinquanta differenti prodotti di liquirizia, la fabbrica, con un solo sito produttivo in Italia e cinquanta dipendenti guidati da undici generazioni dalla famiglia Amarelli, è riuscita a imporsi nello scenario industriale nazionale e internazionale. I prodotti sono presenti in tutti i mercati nazionali, in Europa, nell’America del Nord, nell’America meridionale e in Australia, con particolare attenzione sia al settore dolciario che ai circuiti farmaceutico ed erboristico.

Nello spiegare le ragioni del successo, Pina Amarelli ha ricordato che la loro è una «piccola azienda con un brand molto forte». Nata nel 1731, la fabbrica ha iniziato a ottenere i primi successi negli anni Ottanta del secolo scorso. La presidentessa ha raccontato di come alla morte del cognato si sia ritrovata nel 1986 quasi per caso a passare dal ruolo di comunicatrice del marketing a imprenditrice. Con la sua vita e la sua esperienza è riuscita a creare «così tanto interesse sulla sua persona che le condizioni che potevano essere di svantaggio, l’essere donna e l’essere in Calabria, si sono rivelati di successo perché hanno contribuito a darle una notorietà che non pensava avrebbe mai avuto».

Negli anni, Amarelli ha saputo far crescere un mercato di per sé non vasto come quello della liquirizia, conquistando il consumatore proprio per la forte personalità del brand. A ciò si aggiunge la continua evoluzione e innovazione dei prodotti, che vanno dalle liquirizie pure dal profumo naturale o con aggiunta di aroma di anice o di menta, a quelle gommose profumate all’arancia, al liquore, al cioccolato, agli amaretti.
La storia della famiglia Amarelli è una «storia di passione, cultura, impresa e tradizione di una fabbrica che affonda le sue radici nel 1731» e che ancora oggi continua a produrre con metodi esclusivi e artigianali liquirizia di altissima qualità.

Il nome dell’azienda si lega in modo inequivocabile al sapore e al profumo della liquirizia, in una sinestesia di immagini che affiora alla mente di chi ne sente parlare. Un odore e un sapore che passa anche per le sensazioni tattili e uditive delle scatole metalliche che contraddistinguono i prodotti Amarelli. La stessa Pina Mengano ha ricordato al Quotidiano del Sud quando prima di entrare a far parte della famiglia Amarelli, ancora bambina, amava mangiare la liquirizia. Per i piccoli studenti delle classi elementari degli anni Cinquanta «non esistevano ancora le merendine e gli snack di oggi, ma solo le scatolette di liquirizia che facevano quel rumore metallico quando le si apriva e bisognava nasconderle sotto il banco e rappresentavano una sorta di piacere trasgressivo».

Pina Amarelli è una figura iconica della Calabria, del Sud e dell’imprenditoria italiana. La cordialità, la gentilezza e l’umiltà proprie del suo carattere sono state la carta vincente del successo. Il suo impegno ha dato «un segnale alla regione: basta essere preparati e credere nel proprio progetto mostrando entusiasmo e tutto sarà possibile». La vita piena di premi e riconoscimenti di questa donna si intreccia in modo indissolubile con la storia centenaria della fabbrica in un racconto suggestivo e unico. Un racconto in cui il ricordo di un edificio che si erge malinconico in una giornata di novembre del Secondo dopoguerra si unisce alla consapevolezza di aver contribuito a creare in Calabria qualcosa che sembrava impossibile: un’imprenditoria italiana al femminile famosa in tutto il mondo.


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