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“DOBBIAMO essere uniti per affrontare le emergenze che il Paese ha davanti”, ha detto ieri la premier Giorgia Meloni ai ministri nel corso del primo Consiglio dei ministri, dopo avere ringraziato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e Papa Francesco per gli auguri rivolti al Paese. La riunione, durata mezz’ora, ha formalizzato la carica di vicepremier per Matteo Salvini e Antonio Tajani e nominato Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

LE DICHIARAZIONI DEI NEO MINISTRI DEL GOVERNO DI GIORGIA MELONI

“Giorgia ha detto che siamo impegnati a dimostrare che questo Governo sarà una bella sorpresa per l’Italia” ha riferito Luca Ciriani, ministro ai Rapporti con il Parlamento uscendo da Palazzo Chigi.

“Meloni ci ha esortato a non dimenticare che oltreché essere un onore, è una grande responsabilità. E poi un richiamo alla lealtà, allo spirito di squadra della nostra compagine. Se tutti lavoriamo con senso di responsabilità, con onore e, soprattutto, lealtà, i risultati arriveranno” ha aggiunto il ministro alla Pubblica amministrazione,  Paolo Zangrillo.

“Giorgia Meloni ci ha dato un incoraggiamento a metterci subito a lavorare” ha ricordato la ministra delle Disabilità,  Alessandra Locatelli. “Vado subito a prendere il dossier sulla legge delega sulle disabilità che è un tema urgente da porre subito all’attenzione concludendo i decreti legislativi”.

“Domani (oggi ndr) al ministero facciamo il punto. I passaggi li annuncerà il premier nel messaggio alle Camere per la fiducia, c’è l’impegno a dare le soluzioni”: così Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica a chi gli chiede del dossier energia.

E a proposito di energia, l’ex ministro alla Transizione ecologica Roberto  Cingolani avrà il ruolo di advisor per l’energia a Palazzo Chigi. Il ruolo, ha spiegato lo stesso Cingolani, è stato “concordato con Draghi e Meloni: c’è da finire tutto il lavoro sul tetto al prezzo del gas, che è stato sì approvato, ma ora bisogna lavorare su termini e condizioni”.

LA CERIMONIA DELLA CAMPANELLA

Prima del Consiglio dei ministri, si è svolta la consueta cerimonia del passaggio di consegne tra il premier uscente e quello entrante. Mario Draghi ha accolto con calore, in cima allo scalone d’onore di Palazzo Chigi, Giorgia Meloni dicendole “Come stai? Benvenuta”.

Lei, visibilmente commossa, ha commentato: “Una cosa impattante emotivamente”, facendo riferimento anche al picchetto d’onore che l’ha accolta nel cortile del sontuoso palazzo. Dopo essersi stretti la mano, Draghi ha aggiunto: “Ti trovo benissimo”.

La premier incaricata ha ringraziato e insieme si sono concessi ai fotografi nella sala delle Galere. Dopo oltre un’ora di colloquio, Draghi ha consegnato alla Meloni la campanella del Consiglio dei ministri formalizzando il passaggio delle consegne.

GIORGIA MELONI E L’EREDITÀ DI DRAGHI

Non solo piacevoli battute, sorrisi di compiacimento, calorose strette di mano, e il suono del campanellino, la prima donna premier dell’Italia repubblicana raccoglie da Draghi un’eredità pesante, più che in altre occasioni. C’è un “tesoro” di competenza, di autorevolezza e di affidabilità che deve essere preservato e valorizzato.

Anche considerando le posizioni dei più convinti detrattori, è difficile negare che l’ex presidente della Bce abbia rappresentato, durante i 20 mesi di governo (iniziati il 13 febbraio 2021, quando succedette a Giuseppe Conte) una garanzia per il Paese, soprattutto sul piano internazionale e per la reputazione sui mercati finanziari.

PRESERVARE LA CREDIBILITÀ DEL PAESE

Con Mario Draghi il Paese ha avuto un’identità chiara. Da oggi in poi l’identità è tutta da costruire. La premier infatti sarà giudicata dai fatti e dalle scelte che farà, non potendo contare sull’apertura di credito di cui ha goduto il suo predecessore, come conseguenza della sua storia personale e del suo ruolo precedente, alla guida della Bce e, prima ancora, da Governatore della Banda d’Italia. Si chiude insomma l’”ombrello” di Draghi sulla credibilità del Belpaese.

ECONOMIA, GAS, PNRR, EUROPA: I DOSSIER CALDI

Ci sono poi i risultati economici, che ci hanno visto tornare a crescere, cosa che non accadeva da vent’anni, a ritmi superiori rispetto agli altri Paesi occidentali (secondo le stime contenute nel Bollettino economico della Banca d’Italia, diffuso venerdì scorso, nello scenario di base il  Pil aumenterebbe del 3,3% quest’anno, più del doppio di quello della Germania, che si fermerebbe all’1,5%, considerata fino a ieri la locomotiva dell’Europa), che non dipendono solo dal Premier e dal Governo e la congiuntura, da questo punto di vista, non sembra giocare a favore del nuovo esecutivo visto che stiamo lentamente ma inesorabilmente scivolando in recessione (le stime del Fondo Monetario Internazionale nell’ultimo World economic outlook prevedono un Pil in contrazione dello 0,2% nel 2023).

Le condizioni stanno dunque peggiorando, la crisi dell’energia non ha ancora fatto vedere le conseguenze più dannose (anche se l’intesa al Consiglio europeo della scorsa settimana sulla nuova proposta legislativa che dovrà essere preparata dalla Commissione europea per fronteggiare il caro energia e sull’acquisto comune di gas, dà adito alla speranza di un ulteriore consolidamento del trend di discesa dei prezzi del gas, che, essendo accoppiati, influiscono su quelli dell’energia elettrica) e l’eventuale crisi economica, aggravata da un’inflazione superiore al 9%, complicherebbe la strada già in salita dell’esecutivo.

Non va poi dimenticato il Piano nazionale di ripresa e resilienza, una ghiotta (e non più ripetibile) opportunità che ha permesso al Paese di cominciare a investire parte dei 209 miliardi di euro (81,4 di sussidi e 127,4 di prestiti) del Next Generation UE da 750 miliardi di euro complessivi (con  390 miliardi in sovvenzioni e 360 miliardi in prestiti), lo strumento europeo per la ripresa, che si affianca a l SURE  per la disoccupazione, ai  finanziamenti BEI, al  MES light, alla sospensione del Patto di Stabilità e al nuovo quadro degli aiuti di Stato oltre agli interventi di politica monetaria della Bce per sostenere le economie europee colpite dalla crisi pandemica.

Un progetto che, però, ci obbliga a puntuali riforme e a opportune verifiche da parte di Bruxelles sul loro investimento. Quindi, per come è stato realizzato, non ammette esitazioni o passi falsi, pena la perdita dei fondi. Si gioca sull’attuazione del Recovery plan, ma anche sul mantenimento in ordine dei conti pubblici il rapporto con l’Europa, che non è solo con Bruxelles ma anche con gli altri Paesi Ue e la collocazione all’interno delle alleanze, a geometria variabile, che trainano la politica comunitaria.

I SOVRANISTI E LE RELAZIONI IN EUROPA E NEL MONDO

Dopo che ieri Marine Le Pen, leader del Rassemblement National francese, Viktor Orban, premier dell’Ungheria, e Vox, il partito spagnolo di destra e estrema destra, hanno salutato l’avvento del Governo di Centrodestra a Roma parlando di rivincita per tutti i “patrioti” d’Europa che cercano di “salire al potere” e definito Giorgia Meloni un’alleata per i sovranisti, i vertici di Bruxelles, pur tra messaggi di congratulazioni e telefonate (tra le quali quelle della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel), cercano da subito di mettere sulla buona strada le future relazioni con la nuova leader, ma nello stesso tempo ne monitoreranno le mosse, ne valuteranno le dichiarazioni ma, soprattutto, la giudicheranno dai fatti.

E, infine, la politica estera e le relazioni internazionali: la guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia, i rapporti con la Nato e con gli Stati Uniti, il Mediterraneo, che non possono soffrire per eventuali tentennamenti o ambiguità di sorta del nuovo Governo.

IL PUNTO DI FORZA DI GIORGIA MELONI

Rispetto a Draghi, però, la Meloni può contare su una condizione privilegiata: un mandato elettorale pieno e chiaro, una maggioranza politica che, al netto di eventuali conflitti latenti, o incidenti di percorso, può sostenere in maniera coerente l’azione dell’esecutivo. Draghi era un tecnico non un politico, e ha dovuto gestire una maggioranza di solidarietà tanto larga quanto disomogenea, che alla prima reale occasione utile ha dimostrato quanto gli interessi di parte, almeno quelli presunti, siano sempre pronti a prevalere sull’interesse generale.


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