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LA BUONA notizia è che l’ondata estiva del Covid – +55% casi registrati la scorsa settimana secondo la fondazione Gimbe – non ha smorzato la ricrescita della domanda nel turismo. La cattiva è che l’elevato livello di incertezza legato alla pandemia ha reso il sistema, o almeno una parte di esso, impreparato di fronte all’atteso rimbalzo dopo due anni di crollo. La conseguenza è che il ritrovato entusiasmo per il periodo vacanziero, godibile finalmente senza restrizioni, rischia di portare in dote al comparto introiti decisamente più bassi di quelli sperati.

Il caso più anomalo è quello delle compagnie aeree, alle prese con una vera e propria crisi di fronte alla crescente richiesta, destrutturate dopo un biennio di tagli e riduzione dei costi, e quindi costrette a cancellare migliaia di voli, lasciando a terra milioni di passeggeri con conseguenze destinate a ripercuotersi anche a valle della filiera, ovvero le attività ricettizie (hotel e simili) dei Paesi di destinazione, fra cui l’Italia. Impensabile che aziende storiche, il cui core business è rappresentato soprattutto dai periodi festivi e di vacanze, non avessero messo in preventivo una generale ripresa del settore e quindi un’impennata di richieste.

Il problema è che la fase di pianificazione estiva, ad esempio sul fronte delle tariffe, in condizioni di normalità si svolge tra il primo e il secondo trimestre dell’anno. Ma, con una pandemia dalle mille varianti in atto, misure anti contagio (comprese ovviamente quelle allo sbarco) a macchia di leopardo e le inevitabili incognite legate alla guerra in Ucraina e all’inflazione, il tutto è avvenuto nella massima incertezza che ha reso il comparto aereo incapace di reggere l’urto del boom di prenotazioni. C’è poi la questione della riduzione del personale. Nel biennio clou del Covid le compagnie hanno lavorato pochissimo e, nell’ambito di una fisiologica attività di razionalizzazione dei costi, hanno iniziato a licenziare.

Alcuni numeri forniti da Bloomberg: dal 2019 al 2022 Lufthansa è passata da 138mila a 100mila dipendenti, Ai France da 83mila a 72mila e 900. Persino le low cost hanno dovuto tagliare: Ryanair ha rinunciato a circa 2mila lavoratori, stessa cifra di Easyjet. Negli Usa, secondo Ustravel, il 39% di posti di lavoro persi durante il Covid ha riguardato operatori del settore aerei. La corsa alle assunzioni non ha risolto le criticità, visto che molti ex dipendenti hanno nel frattempo cambiato lavoro e i papabili nuovi operatori, fra rischi di contagi e incertezze sull’andamento della pandemia, hanno declinato l’offerta. Chi resta, nel frattempo, si trova a svolgere le proprie mansioni sottorganico, con carichi ben superiori rispetto al passato e con lo stesso salario. Si arriva così agli scioperi di massa, altra causa dei disservizi e delle frequenti cancellazioni.

Fra gli albergatori, che già pregustavano il ritorno delle vacche grasse, il campanello d’allarme è risuonato forte. «Non è ancora ben chiara la portata del problema e se e quanto le cancellazioni dei voli influiranno sulle prenotazioni alberghiere «ha spiegato ad Adnkronos Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Confindustria alberghi. «Certamente – ha continuato – preoccupa che proprio quando finalmente il turismo internazionale è tornato a viaggiare peraltro preferendo l’Italia, venga a mancare una componente importante come quella legata al servizio di trasporto aereo».

C’è poi la grana inflazione che fa letteralmente volare il costo del biglietto, con rincari – secondo l’Ansa – del 90,4% rispetto al 2021. Tre i fattori che incidono sulla crescita vertiginosa dei prezzi. Da una parte la ripresa della domanda (come economia insegna), dall’altra i costi connessi alla riattivazione del settore dopo due anni di down. La voce più corposa è però legata al caro carburante, diretto corollario del conflitto in Ucraina. La stessa guerra ha portato alla chiusura dello spazio aereo russo, costringendo i voli intercontinentali – specie quelli sulla tratta Europa-Asia e Asia-Europa – a giri più lunghi per giungere a destinazione, con un dispendio energetico di maggiore entità.


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