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Oltre 25mila voli in programma ad agosto sono stati cancellati in tutto il mondo. Numeri che ben descrivono la crisi delle compagnie aeree e (di rimando) le incognite e le paure degli operatori turistici nei mesi normalmente più proficui per il settore; in un anno che, oltretutto, almeno sul fronte della domanda fa registrare il primo serio rimbalzo dopo due anni di pandemia e restrizioni.

L’emergenza riguarda soprattutto l’Europa; basti pensare che il 60% dei viaggi aerei, schedulati per il mese venturo e successivamente revocati, coprivano tratte del Vecchio Continente.

Vero è che, in proporzione, le cancellazioni sono una quota minima (circa il 2%) del totale dei voli previsti ad agosto in Europa. Ma si tratta comunque di una percentuale capace di generare enormi disagi e ingenti perdite economiche. Diverse le causa: da una parte ci sono le conseguenze del Covid che ha costretto i vettori aerei a operare pesanti riduzioni del personale.

L’incertezza che accompagna la pandemia ha letteralmente paralizzato le strategie delle compagnie in vista dell’estate mentre le prenotazioni crescevano a dismisura. Il risultato è che oggi non ci sono abbastanza operatori per gestire la mole di passeggeri in attesa negli aeroporti. I pochi rimasti si trovano così a lavorare in condizioni disagiate con la stessa paga, promuovendo scioperi (come quelli visti in Italia) che accrescono ulteriormente i disservizi.

Su tutti quelli legati all’imbarco dei bagagli. Limitando l’analisi ai soli voli provenienti dagli Stati Uniti e diretti in Gran Bretagna (fra i Paesi più interessati dalla crisi) si sono registrati – soltanto ad aprile – oltre mille smarrimenti, con una crescita del 67% rispetto allo stesso mese del 2021. Con l’estate le denunce presso gli appositi banchi aereoportuali hanno subito una vera e propria impennata.

Negli scali inglesi, secondo la compagnia assicurativa Mapfre sa, i reclami sono aumentati addirittura del 30%. Nascono così le tensioni fra vettori e scali. Emirates, ad esempio, ha accusato l’hub londinese di Heathrow di «incompetenza» per aver ridotto a 100mila il numero dei passeggeri giornalieri e aver invitato i vettori a cessare immediatamente la vendita dei biglietti, onde scongiurare ulteriori aggravi.

In effetti il Regno Unito è tra i Paesi più interessati dall’emergenza. Subito dopo la Turkish Airlines (che ha sinora cancellato oltre 4mila e 400 voli previsti per agosto) troviamo la British Airways (3mila e 600), seguita dalla tedesca Lufthansa (quasi 2mila) e la low cost ungherese Wizz Air (circa 1.300). Tra il 1° e il 15 luglio, secondo la piattaforma di viaggi Mabrian, la maggior parte delle cancellazioni è stata operata in Germania, Regno Unito, Italia, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Grecia, Austria, Portogallo e Danimarca. Le proiezioni per il prossimo mese sono fosche, con dati previsti in forte ascesa.

Il malumore e le ansie dei passeggeri corrono sul web. Stando a un’indagine svolta da Ansa e Datamediahub sulle conversazioni online degli italiani la parola “aerei” è stata citata più di 16mila volte, da parte di oltre 5mila autori unici, i cui contenuti hanno coinvolto (con like, reazioni, commenti e condivisioni) quasi 127mila persone.

Ancora più elevati i dati dell’interesse generato da “voli”, menzionata 106mila volte, da parte di oltre 26mila autori unici, i cui contenuti hanno coinvolto più di 570mila persone. Complessivamente (considerando anche altre parole chiave) si raggiungono i 3.540 miliardi di impression, termine che indica il numero totale di visualizzazioni (anche da parte degli stessi utenti) di un determinato contenuto online. L’interesse per l’argomento, dunque, è ai massimi livelli. Prevalgono, come prevedibile, le emozioni negative nei commenti postati.

Ma non mancano le più neutre richieste di informazioni (in particolare sulle procedure per ottenere il rimborso) che portano a un boom di views dei tutorial ad hoc pubblicati da accorti (e furbi) influencer e utenti desiderosi di fare il pieno di clic e like.


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