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Palazzo Chigi, sede del Governo

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Un mezzo accordo del governo a Palazzo Chigi, un’indagine conoscitiva che stenta a partire a Montecitorio. In comune hanno molto più di quello che si potrebbe pensare. Il tema tanto per cominciare: l’autonomia differenziata. E, forse, anche l’obiettivo: avvantaggiare le regioni che hanno più risorse e lasciare a bocca asciutta quelle più povere.

Si parte dal vertice di mercoledì sera. Oltre tre ore di incontro, tutti i ministri presenti. Al centro ci sono le bozze di preintesa fra l’esecutivo e le tre regioni che reclamano l’autonomia, le stesse che questo giornale ha visionato e pubblicato ieri. Il Movimento 5 Stelle esce trionfante dalla seduta. Almeno per quanto riguarda i due azionisti di governo, l’impresa sembra quasi fatta. Il nuovo schema finanziario targato Lega-M5s, c’è e prevede trasferimenti di risorse alle Regioni, calcolati in base alla spesa storica di ogni competenza. In sostanza: a ogni Regione potrà essere dato, per ogni servizio, al massimo quanto ha speso l’anno precedente. Per capire la fregatura serve un esempio: a Casoria, in Campania, la spesa per gli asili nido è zero, semplicemente perché i soldi per garantire quel servizio non ci sono. In virtù di questo, ogni anno lo stato dà zero. Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, secondo questa distribuzione continueranno a prendere quanto prendono adesso.

 LA FREGATURA

C’è da esultare? Non proprio. L’unica, magrissima, consolazione è che sarebbe potuta andare molto peggio. Nella bozza pubblicata ieri lo schema finanziario non era basato sulla spesa storica, bensì sui costi medi nazionali procapite. L’applicazione di quel sistema avrebbe permesso alle tre regioni autonome di ricevere ancora più di oggi. Insomma si sarebbe consumato un nuovo scippo ai danni del Sud. Il nuovo accordo invece si “limita” a benedire e costituzionalizzare il travaso di risorse che la spesa storica sottrae al Sud e porta al CentroNord. Solo dopo tre annisi prevede il passaggio ai fabbisogni standard, che, però, ancora non sono mai stati attuati. Il delitto perfetto. 

I fabbisogni standard avrebbero dovuto essere l’unico metro per decidere quante risorse accordare a ciascuna regione. La loro approvazione, però, langue da ormai dieci anni e le possibilità le cose cambino ora sono una chimera. La volontà politica, almeno da parte dell’alleato leghista non c’è. Neanche su argomenti, almeno in teoria, meno divisivi.

Ne sa qualcosa Carla Ruocco, presidente della Commissione Finanze alla Camera, che appena una decina di giorni fa dalle colonne di questo giornale ha anticipato l’intenzione di promuovere un’indagine conoscitiva sui numeri dell’autonomia. Un’operazione verità necessaria, l’aveva definita, per capire se le cifre reali sono quelle della ministra Stefani quelle elaborate dalla Svimez, che raccontano uno scippo al Sud da 61 miliardi di euro l’anno (LEGGI LA NOTIZIA). La Lega si è già messa di traverso. Fonti parlamentari raccontano che, durante la riunione di mercoledì in Commissione Finanze, il Carroccio avrebbe sollevato dubbi sulla bozza presentata dalla Ruocco.

LEGGI L’ANNUNCIO DATO DA CARLA RUOCCO
SUL QUOTIDIANO DEL SUD L’ALTRAVOCE DELL’ITALIA
DI UNA INDAGINE CONOSCITIVA

Ufficialmente perché rischia di essere un doppione rispetto al lavoro svolto dalla Commissione bicamerale per il federalismo. Una scusa per prendere tempo, mormora qualcuno, soprattutto visto che la titolarità per fare indagini di questo tipo è della Commissione permanente. I leghisti pretendono che la questione sia rimessa all’Ufficio di Presidenza della Camera, diktat che si traduce in uno strategico allungamento dei tempi. Fin qui, è la Lega che fa la Lega. La vera sorpresa ha un nome e un cognome e soprattutto una carica altisonante. È Nicola Grimaldi, capogruppo pentastellato, casertano, eletto nella circoscrizione Campania 2. In Commissione prende la parola per dare ragione all’alleato Leghista, meglio spingere il freno sull’indagine parlamentare. Di questa roba si occupi la Bicamerale, tra l’altro presieduta dalla Lega. 

 L’impressione è che la Lega non abbia voglia di scoprire se i suoi numeri sono giusti oppure no. Di Maio, dal canto suo, non vuole turbare l’alleato e continua a nicchiare su un tema che per il suo partito, votato soprattutto al Sud, potrebbe essere un’occasione di rilancio. 

PROSSIME TAPPE

Per capire come andrà a finire bisognerà aspettare la settimana prossima, quando i dubbi sollevati dall’asse Lega-Grimaldi passeranno all’Ufficio di Presidenza. Stesso discorso per l’autonomia. Il prossimo vertice di governo è fissato per lunedì 8. E i i governatori delle tre regioni coinvolte stanno già scaldando i motori. «Ci aspettiamo una svolta epocale, non una finta riforma» ammonisce Attilio Fontana, presidente lombardo, seguito a ruota dal veneto Luca Zaia: «Non faremo accordi a ribasso» è la premessa. Il minimo  è quindi quello proposto nelle bozze: per citare un paio di punti, controllo su ricerca,  scuole, cassa integrazione. Uno Stato dentro lo Stato. E poi c’è Bonaccini, il presidente emiliano che sta causando più di un mal di pancia nel Pd. «Basta prese in giro, abbiamo il diritto di sapere la verità». 

Già, ce l’ha anche chi abita al Sud. 


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