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Un'azienda

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Il disastro della cassa integrazione in deroga. Per l’Inps è stata pagata. Agli italiani non risulta. Un esempio su tanti: il Lazio. La Regione guidata dal segretario dem Nicola Zingaretti non ha ancora autorizzato il pagamento della cassa integrazione in deroga (Cigd) a 3.500 aziende per le prime 9 settimane. Motivo ufficiale: il governo non ha stanziato i soldi. E si dà il caso che domani scada il termine per richiedere le ulteriori cinque settimane. Ne avranno diritto solo le aziende autorizzare anche per la prima fase. Alcune di queste hanno anticipato di tasca loro gli stipendi ai lavoratori. Siamo all’assurdo

Al caos più totale. Dopo la falsa partenza, gli errori e i ritardi degli enti locali, dal 18 giugno è stato disposto il cambiamento di rotta. Non si passerà più dalle Regioni. È cambiato l’iter. L’Inps, su richiesta, potrà rilasciare i codici e anticipare il 40 per cento delle ore presunte di cassa integrazione di ogni lavoratore.

Ma si dà il caso che il piano della Cigd aziendale spesso cambi, così che le imprese si trovino sovente a dover restituire parte dei soldi anticipati dall’Inps. Questo vuol dire ricalcolo delle ore effettive di Cigd, sovraccarico di lavoro amministrativo, smartworking, sistemi in tilt. Il delirio. Dunque, contrordine: d’ora in avanti le aziende non multi-localizzate non potranno più chiedere le anticipazioni all’Inps.

LUSSO, AUTOMOTIVE, TURISMO E SERVIZI: TUTTI SENZA CIGD

In particolare, le grandi imprese con sedi sparse e amministrazione centralizzata. Le aziende del lusso, l’Automotive, l’Alberghiero, i Servizi.
«Diamo prestiti, anticipiamo ratei, prendiamo rischi che non ci spetterebbero – confessa in anonimato il dirigente di un grande associazione di categoria italiana – Ci facciamo carico delle inefficienze dell’Inps e di chi ha ideato questo groviglio». Uscire allo scoperto vuol dire esporsi. In pochi vogliono farlo.

NEL LAZIO SUL LASTRICO 3.200 MICRO-IMPRESE ARTIGIANE

Altro esempio: gli artigiani laziali si sono appena visti revocare 3.200 decreti di autorizzazione al pagamento per altrettante microimprese. La Regione Lazio, guidata dal presidente Nicola Zingaretti, le ha messe letteralmente sul lastrico. E stiamo parlando di circa 12mila persone, famiglie comprese. Si sono sentite dire che avrebbero dovuto rivolgersi al Fondo bilaterale di categoria. Al quale, però, avendo meno di 6 dipendenti, non erano obbligate a . Risultato: zero euro dallo scorso mese di marzo. Per molti vorrà dire chiusura.

Il paradosso è che le aziende si erano rivolte al Tribunale del Lavoro di Viterbo citando in giudizio l’Inps per quel rifiuto a erogare la Cigd. Il giudice ha accolto il ricorso e chiesto all’Istituto di previdenza di pagare. Un minuto dopo, con perfetta scelta di tempo, la Pisana il 1° luglio ha ritirato le autorizzazioni lasciando senza risorse i lavoratori. Stessa situazione a Latina, con un’analoga ordinanza emessa dal Tribunale locale.

«Noi riteniamo che la revoca della Regione sia un atto del tutto illegittimo – spiega l’avvocato Franco Laugeni che ha seguito passo passo la vicenda – Si penalizzano microimprese che, dopo i danni per la chiusura, non possono sostenere spese aggiuntive. Alcune saranno costrette a chiudere o a rivolgersi al Fondo artigiani che ha ottenuto dallo Stato un finanziamento di 60 milioni di euro. Non essere iscritti era uno dei requisiti richiesti per poter chiedere la Cigd».

Il bello – o il brutto, se preferite – è che nonostante storie come queste, l’Inps continui a dare numeri che non hanno alcun riscontro con la realtà. Per l’Istituto di via Amba Aradam sarebbero rimasti senza cassa integrazione, ovvero senza aver mai incassato un euro che uno, solo 89.004 lavoratori. Una percentuale minima, ridicola, se si considera che al 7 luglio scorso le domande regolarmente (ri)presentate sono state 3.031.495 su 3.120.499.

INPS CONTRO REALTÀ

Peccato che nella vita reale la situazione sia molto ma molto diversa. Settori come il turismo e il commercio boccheggiano, sono ai minimi termini. Basta chiedere in giro, bussare alle porte degli alberghi, farsi un giro nei centri storici. Chiedere ai dipendenti dei grandi magazzini, quelli come la Rinascente, per esempio, che ha sede a Milano ma negozi sparsi.
«Se non ci avessero anticipato una o due mensilità, e solo a chi di noi ne ha fatto espressamente richiesta, ora saremmo allo stremo – ammette una commessa della sede romana di Piazza Fiume – Per fortuna la nostra è un’azienda serie. Fosse dipeso dallo Stato…».

Il Paese delle cento città è alla canna del gas. I dipendenti di grandi aziende multi-localizzate sono riusciti ad andare avanti tirando la carretta solo grazie agli anticipi che le aziende su base volontaria hanno versato. C’è chi deve ancora ricevere lo stipendio di marzo, chi aprile, chi spera alla fine di luglio di ricevere maggio. Dal 18 giugno, visti i disastri combinati dagli enti locali, si passa direttamente dall’Inps, i datori di lavoro anticipano e l’istituto di previdenza rimborsa. Ma non a tutti.

AMMORTIZZATORI: CATALFO CAMBIA LE REGOLE

«Con la pandemia c’è stato un ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali con cui il governo ha aiutato milioni di lavoratori», allo stesso tempo però sono venuti alla luce i limiti e le fragilità del loro attuale assetto, adesso con questa riforma «tutti i lavoratori dipendenti devono essere in un meccanismo assicurativo che sia in grado di tutelarli, nessuno escluso», ha detto il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, la madrina del reddito di cittadinanza che sta assumendo sempre più il ruolo di ministro della Sussistenza.

AL MUSEO DI S. GENNARO NIENTE MIRACOLO

Il meccanismo imperfetto della cassa integrazione in deroga, il sistema di protezione esteso anche alle piccole e medie aziende che non versano all’apposito fondo, e dunque a totale carico dello Stato, rischia di generare una maionese impazzita. Il ministro 5Stelle si riferisce anche a quanti hanno chiesto un semplice sussidio perché lavoratori non garantiti.

È il prezzo da pagare alla flessibilità, uno dei requisiti cardine del nuovo mercato globale. Meno garanzie, meno diritti, nessuna rete di protezione. Trame che sembrano tratte da un film del regista inglese Ken Loach ma in cui non c’è nulla di inventato.

Catalfo ha partecipato ieri ai lavori della Commissione ministeriale che sta scrivendo la riforma degli ammortizzatori sociali. Un organismo creato nel suo ministero, formato da 5 esperti.
«L’obiettivo è superare la frammentarietà del sistema attuale e costruirne uno tendente all’universalismo e alle politiche attive» ha concluso il ministro, garantendo «tempi stretti».

Era quello che si augurano anche i dipendenti napoletani del magnifico Tesoro di San Gennaro, un museo strepitoso, che fino a ieri aspettavano ancora il pagamento della Cigd. Il lockdown non ha fermato il rito della liquefazione del sangue. Ma il secondo miracolo, il più atteso, non c’è stato.


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