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La sede UE di Bruxelles

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Dieci miliardi e 400 milioni di euro per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid 19, poi diventata economica e sociale e sostenere la ripresa. E provare a sanare il divario territoriale tra il Nord e il Sud del Paese. Dotazione e obiettivi dei fondi strutturali europei “riprogrammati” grazie alla maggior flessibilità sui regolamenti accordata dalla Commissione europea di fronte alle macerie in cui il virus ha ridotto i sistemi economici dei Paesi su cui si è abbattuto, il nostro in particolare.

LE RISORSE IN CAMPO

Per la riprogrammazione dei fondi 2014-2020 il ministero per il Sud e la Coesione territoriale ha raggiunto un accordo con gli altri ministeri co-gestori dei fondi europei e le Regioni. L’intervento – che interessato il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e il Fondo sociale europeo (Fse) – mette a disposizione dei dicasteri 5,4 miliardi per i Programmi nazionali operativi (Pon), 5 miliardi per le Regioni nell’ambito dei Programmi operativi regionali (Por). La “quota Sud” è complessivamente pari a 7.257,19 miliardi, di cui 4.759,89 nell’ambito dei Pon, quasi l’intero ammontare del “pacchetto”; 2.497,30 per i Por, corrispondenti a oltre la metà delle risorse.

LE PRIORITÀ NAZIONALI

Cinque gli ambiti d’azione: dall’emergenza sanitaria all’istruzione, dalle attività economiche al lavoro fino al sociale.

In particolare, il Mise ha riprogrammato 1,480 miliardi destinandoli al Fondo Centrale di Garanzia; il ministero per l’Università 653,2 milioni per l’esonero dalle tasse universitarie, le spese per l’adeguamento dei plessi universitari e l’acquisizione di nuove attrezzature, cui si aggiungono i 731 milioni del ministero dell’Istruzione che ne impiegherà una parte anche per la didattica a distanza; mentre il ministero dell’Interno ha messo a disposizione 188 milioni per gli straordinari delle forze di polizia, la sanificazione dei mezzi e l’acquisto di nuove tecnologie per la sicurezza sanitaria nei luoghi pubblici.

Nell’ambito delle linee guida e delle priorità nazionali, le Regioni potranno rendicontare gli interventi fino al 100% del contributo comunitario, come le spese sostenute sia a livello nazionale sia regionale per l’acquisto di apparecchiature e materiali sanitari o per rafforzare i presidi territoriali per la salute; l’acquisto di beni e attrezzature come laptop, software e altre attrezzature per colmare il gap digitale nell’accesso all’istruzione e alla formazione professionale e per l’adeguamento delle strutture; per il rafforzamento degli strumenti finanziari regionali a garanzia della liquidità delle imprese e il sostegno ai redditi dei lavoratori dipendenti del settore privato mediante finanziamento di ammortizzatori sociali e di strumenti di conciliazione fra lavoro; per aiuti alimentari per i Comuni di medio-piccole dimensioni e la cura delle persone più fragili.

LA DISTRIBUZIONE DEI FONDI

Tra le regioni del Mezzogiorno, sono la Campania e la Puglia le principali destinatarie delle risorse, cui vanno rispettivamente 892 e 750 milioni. La regione governata da Vincenzo De Luca, in particolare, può contare su 330 milioni rispetto ai 559 milioni previsti per la spesa sanitaria in quota Mezzogiorno, mentre per puntellare la ripresa economica del territorio ha a disposizione 392 milioni su 1,3 miliardi e 105 milioni su 446, per il lavoro. Emiliano, invece, può sostenere il rilancio dell’economia pugliese con 551 milioni, mentre ha solo 59 milioni per l’emergenza sanitaria e 140 per l’occupazione. Terza in classifica la Calabria che per la sua sgangherata rete sanitaria potrebbe contare 140 milioni, “investirne” 180 sul sistema produttivo e 100 per contenere il dramma del lavoro.


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