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Ma non dovevano essere a costo zero? “La grande balla”, di cui al libro di Napoletano, continua. Difendersi è diventato difficile. Ma dagli annunci alle realizzazioni bisognerebbe fare quell’operazione di fact checking ormai sempre più necessaria. Parlo delle dichiarazioni del ministro Paola De Micheli, per esempio rispetto alle infrastrutture e alle relative risorse destinate e spendibili nel Mezzogiorno, ma anche qualunque iniziativa che riguardi quel triangolo della bugia, che ha le punte a Bologna, Milano e Venezia, passando per Bergamo.

Il tema su cui va fatta in questo caso una riflessione è quella dei grandi eventi. Tutti “stranamente” localizzati al Nord e tutti definiti a costo zero. Dalle Olimpiadi invernali di Torino all’Expo di Milano e adesso alle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, sembra che il Paese finisca al massimo a Bologna.

LO SQUILIBRIO

Contrariamente alla Spagna che distribuisce tali incontri in tutto il Paese con Expo a Siviglia, Olimpiadi a Barcellona, Louis Vuitton Cup a Valencia, l’Italia li ha concentrati al Nord: per avere un grande evento nel Sud bisogna risalire al 1891-1892, anni in cui si svolse l’esposizione nazionale di Palermo. Poi il nulla.

E, si sa, i grandi eventi sono importanti perché aiutano a infrastrutturare il territorio, hanno date catenaccio che obbligano alla chiusura dei lavori entro scadenze certe, obbligano i Paesi a mettere le risorse necessarie sotto il ricatto della brutta figura nei confronti di una platea internazionale.

Lo sanno bene le amministrazioni di Torino, ma lo sanno bene anche Sala e Zaia che hanno cavalcato l’assegnazione opportuna delle nuove Olimpiadi invernali del 2026. Impegno per averle, come è corretto, di tutto il Paese, come è avvenuto per l’Expo in maniera bipartisan, in realtà frutto dell’accordo tra la sinistra padronale lombarda e la destra leghista lombardo-veneta, che ha giocato sui tavoli internazionali la dimensione di 60 milioni di abitanti dell’Italia e la forza delle relative appartenenze nel governo del Paese e della Regione.

LE RICHIESTE DEL NORD

Sarebbe tutto perfetto se poi le stesse realtà non arrivassero con il cappello in mano a chiedere risorse alla fiscalità generale. Per cui si stanzia un miliardo per l’alta velocità Bergamo-San Candido. Ora il ministro De Micheli annuncia che tra le priorità per la ripartenza dell’talia ci sono le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, da inserire nel Piano del Recovery Fund dell’Unione europea. Quindi nuove risorse per un territorio che, a loro dire, ne avrebbe gran bisogno e che, essendo la locomotiva che dovrebbe trascinare tutti, è giusto che abbia priorità su tutto il resto del Paese.

Lo afferma Stefano Bonaccini, ma anche Giorgio Gori e Giuseppe Sala, aiutati in questo da studiosi “bipartisan” rispetto al Paese intero, come Carlo Cottarelli che sostiene in suo tweet che, invece del Ponte sullo stretto, vanno fatte le piccole opere di manutenzione, cosa che si è guardato bene dal dire quando si parlava della Tav. Riprendere il tweet è utile. Eccolo: «Treno travolge auto nel lodigiano, forse, dicono i media, per il malfunzionamento del passaggio a livello. Mettiamo in sicurezza i nostri trasporti locali, prima di pensare al Ponte sullo stretto… o al tunnel. Certo, non si passa alla storia per le opere locali».

Priorità alle piccole opere quindi ora che l’alta velocità è stata completata, al Nord, e che la Tav è ripartita, che il Mose è stato abbondantemente finanziato nelle opere e nelle mazzette.

LA SFIDA

Per questo su tale fronte va cominciata una battaglia. Perché non Napoli per le prossime Olimpiadi del 2032 o del 2036? O non pensare Sicilia/Calabria magari con l’ottava meraviglia del mondo, il Ponte sullo stretto, costruito? Un modo per far capire agli investitori internazionali che l’impegno sul Mezzogiorno non è solo una boutade di fine estate, ma un preciso cronoprogramma, condiviso da tutto il Paese.

Certo, qualcuno dirà che è più facile vincere con candidature a prova di critiche, cosa di cui non potrebbero godere Napoli o Palermo. E certo che i componenti del Cio si sono dimostrati molto provinciali scegliendo Milano, rispetto alla piccola città di Smirne in Turchia per l’ultima Expo. Ma anche a loro bisogna far capire che i grandi eventi servono per rilanciare le realtà più marginali, non per far ingrassare ulteriormente le areee già ricche e bulimiche. Anche se questa linea dovesse comportare dei rischi. Operazione fatta con Siviglia o Valencia nel sud della Spagna, che hanno ricevuto da quegli eventi un’accelerazione, non solo turistica, decisiva.

Certo, tutto questo è difficile da immaginare e qualcuno potrebbe avanzare delle perplessità circa la capacità di molte realtà meridionali di essere all’altezza di ospitare grandi eventi se le risorse che vengono date ai Comuni del Sud scontano il grande scippo perpetrato negli anni; se continua nella Conferenza delle Regioni il giochino delle tre carte, con la responsabilità pesante della classe dominante estrattiva del Sud, impiegata a raccattare le mancette che essere proni al potere dei partiti nazionali (meccanismo che purtroppo riguarda anche il Pd) riesce a garantire ai piccoli ras politici.

CENTRALISMO VIRTUOSO

Anche per questo è necessario un centralismo virtuoso, con la garanzia di una Unione che sembra aver capito, meglio di una supposta classe dirigente nazionale, che il Paese senza mettere a regime più di un terzo del suo territorio e il 34 per cento della sua popolazione non si salva e non riesce a svolgere quel ruolo all’interno dell’Unione che un Paese fondatore deve giocare. Anzi, che il cambiamento e la eliminazione delle disparità è un interesse comune, perché il pericolo che una realtà alla deriva sia preda dei movimenti populisti e sovranisti è un rischio che riguarda tutta la complessa costruzione europea.

Cambio di passo, quindi, quello che serve, dal pensiero orizzontale della locomotiva al pensiero orizzontale dei vari centri di sviluppo. Ma c’è bisogno di un cambiamento radicale che mi pare molto complicato e improbabile.


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