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Un viadotto dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria

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Dobbiamo avere il coraggio di annullare la schizofrenia che ha caratterizzato i nostri comportamenti nei confronti di ciò che è stata la “Cassa del Mezzogiorno”.
Oggi da più parti si riscoprono i meriti e la qualità di un management che era riuscito a intuire un organismo capace di aggregare, in un unico ambito concettuale e programmatico, tutte le negatività, tutte le emergenze presenti non solamente nell’area geografica meridionale del Paese ma in tutte quelle aree in cui, anno dopo anno, ci si allontanava sempre più da quei parametri di crescita che caratterizzavano il centro nord.

LE INTUIZIONI

Prima grande intuizione: convinti che l’emergenza, che la straordinarietà non poteva essere eterna fu deciso di istituire un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico allo scopo di predisporre programmi, finanziamenti ed esecuzione di opere straordinarie dirette al progresso economico e sociale dell’Italia meridionale originariamente da attuarsi entro un periodo di 10 anni (1950-1960).

Seconda grande intuizione: il finanziamento del piano fu stabilito in 100 miliardi di lire all’anno per i dieci esercizi dal  1951  al  1960: in complesso mille miliardi di lire, subito aumentati nel  1952  a 1.280 miliardi da utilizzare nel periodo 1951-1962.

Terza grande intuizione: per raggiungere determinati obiettivi era necessario disporre di deroghe speciali ed era necessario anche che gli interventi e i beneficiari degli stessi fossero ubicati in precise aree del Paese. In sostanza, quindi, prese corpo un’azione mirata, non generica, legata a specifici siti.

Quarto dato importante: la capacità della spesa. Dall’inizio dell’operatività, nel  1951, sino al  1991  e sotto il nome sia di Cassa per il Mezzogiorno sia di AgenSud, la spesa media annuale è stata di circa lo 0,65% del  Pil.

GLI INTERVENTI

Tutto questo portò a risultati rilevanti: la realizzazione di una bonifica integrale con ricadute positive per l’agricoltura specializzata; si raddoppiò la dotazione di strade, in valori assoluti si passò in termini di chilometri per superficie e rispetto alla media nazionale dal 61% del 1951 al 73% del 1969; i posti letto negli ospedali pubblici ogni centomila abitanti nel Sud erano, all’inizio degli anni Cinquanta, 4,3 contro 9,1 del Centro Nord, dopo trenta anni raggiunsero la media nazionale. Ma si realizzarono anche invasi e reti idriche, consentendo l’approvvigionamento idrico di realtà urbane in cui l’acqua potabile arrivava solo due volte a settimana per tre ore.

Inoltre, sempre nel periodo di attività, tramite la Cassa si realizzò una serie di interventi infrastrutturali di forte rilevanza strategica. Solo a titolo di esempio: il porto di Gioia Tauro, gli aeroporti di Pescara, Bari e Lamezia, il porto canale di Cagliari, l’area industriale di Augusta – Siracusa con il relativo vasto sistema viario, la tangenziale di Palermo, l’asse viario Basentana, il disinquinamento del Golfo di Napoli, ecc.

L’ALTALENA

Mentre la Cassa era in piena attività, però, le critiche da parte dell’opposizione erano state sempre pesanti. Secondo le sinistre, più che perseguire risultati, la Cassa per il Mezzogiorno era stata una maniera per favorire politiche clientelari della  Democrazia Cristiana. Stesso attacco, dopo il 1970, dopo l’istituzione delle Regioni, avvenne proprio da queste nuove realtà istituzionali. Attacchi così virulenti, più che da forze politiche da schieramenti all’interno di tali forze, portarono alla soppressione della Cassa con apposito Dpr del 1° agosto 1984.  Venne sostituita, due anni dopo, negli obiettivi e nelle funzioni, dall’Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno  (AgenSud), istituita con la legge 1º marzo  1986  nº 64 e soppressa a sua volta con la legge 19 dicembre  1992  nº 488, lasciando al  ministero dell’Economia  il compito di coordinare e programmare l’azione di intervento pubblico nelle aree economicamente depresse del territorio nazionale.

Queste altalene procedurali e normative e queste altalene di apprezzamento e di critiche virulente, da almeno 20 anni, erano praticamente scomparse; quasi per evitare di cadere in un pericoloso anticonformismo nessuno parlava più della Cassa del Mezzogiorno, e quando veniva richiamata come esperienza storica subito si aggiungeva la frase «quella delle cattedrali nel deserto».

LA NUOVA FASE

Ora, invece, la sinusoide degli apprezzamenti e delle critiche ricompare nella sua fase positiva; da più parti si invoca uno strumento analogo capace di individuare un quadro di interventi e di porlo all’interno di un organismo che, come la Cassa, possa portare a compimento un programma, quello del Recovery Plan, che necessariamente ha bisogno di essere all’interno di un’area programmatica protetta, all’interno di un organismo capace di rispettare determinati cronoprogrammi, di un organismo che sia estraneo al controllo di Dicasteri ma risponda solo alla Presidenza del Consiglio, di un organismo che, dovendo affrontare una straordinarietà nazionale come la Cassa, sia un organismo a termine.

Ricompaiono tanti apprezzamenti e tra questi compare anche quello del professor Romano Prodi che, in un suo editoriale su “Il Messaggero” del 9 agosto, tra l’altro precisa: «Le ragioni di questo successo della prima stagione della Cassa che hanno permesso la realizzazione di grandi progetti concreti con un rispetto dei tempi che non si è mai ripetuto sono dovute alla chiarezza degli obiettivi e alla semplicità delle procedure adottate rafforzate da una struttura decisionale di alto livello tecnico. Una struttura diretta da Gabriele Pescatore, Presidente capace ed energico».

Secondo Prodi la crisi di tale organismo è cominciata con i crescenti fenomeni di lottizzazione politica e per il modo con cui le Regioni sono entrate nel processo decisionale della Cassa. In realtà questo apprezzamento, dopo 70 anni dall’istituzione della Cassa, è davvero importante. Mentre non possiamo dimenticare che fu un democristiano, il ministro Nino Andreatta, a deciderne la chiusura, in questo supportato da apprezzamenti di parlamentari della stessa Dc che alla fine degli anni Ottanta denunciavano tale organismo come inutile strumento, come realizzatore di opere inutili, come sede di gratuito clientelismo.

L’OSTACOLO

Tutti, però, in questa ripetitiva altalena di positività e di negatività della Cassa, concordano nel fatto che non ha giovato la sua abolizione improvvisa. Infatti, con l’avvento della nuova politica degli incentivi in chiave europea, con il varo della  legge del 19 dicembre 1992 n° 488, la distanza tra il Pil pro capite del Sud e quello del Centro Nord non si è ridotta affatto: 32.000 euro il valore medio al Centro Nord (con picchi da 40.000 euro in Lombardia) e appena 19.000 euro al Sud.

Forse è una caratteristica tipica di noi italiani quello di comprendere con molto ritardo i valori e l’importanza di esperienze programmatiche e progettuali che, in fondo, hanno davvero evitato il fallimento irreversibile non del Mezzogiorno ma del Paese.

Ultimamente un’esperienza analoga l’abbiamo vissuta con gli apprezzamenti sull’alta velocità ferroviaria, attaccata da tutti negli anni ’90 e 2000 – sì, anche dal Movimento 5 Stelle – e diventata oggi riferimento chiave di ogni scelta programmatica.

Solo un giudizio, forse banale: questa altalena, questa schizofrenia non ha reso e non rende possibile la crescita del Paese.


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