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«La tempesta perfetta, le mani della criminalità organizzata sulla pandemia». È il titolo suggestivo, ma reale, del rapporto curato dall’ associazione Libera di Don Luigi Ciotti che, analizzando ed estrapolando dati da fonti investigative della Banca d’ Italia, descrivono quello che sta accadendo in Italia dall’inizio della pandemia con il risultato che è sotto gli occhi di tutti e da mesi denunciato dai report di servizi segreti italiani, da associazioni di industriali e di altre associazioni legate al commercio e alle varia attività economiche del nostro Paese.

Il risultato? E’ scontato: chi ha soldi fa più soldi e chi non ne ha diventa sempre più povero e quindi, volenti o nolenti , spesso commercianti, titolari di piccole e medie attività economiche (ma anche medie e in qualche caso grandi), finiscono nelle mani della criminalità organizzata che dispone di grandi capitali accumulati con traffici illeciti, soprattutto con la cocaina, che va e viene dal Sud America, e controllata, come è noto, dalla ’Ndrangheta, con piccole partecipazioni di quel che è rimasto della Mafia siciliana e con bande della Camorra che negli ultimi tempi hanno ripreso vigore.

LA TEMPESTA PERFETTA

Il rapporto della “tempesta perfetta” di Libera non coglie di sorpresa. Basta dare un’occhiata a quel che avviene nelle regioni insospettabili (una volta) del nord Italia, dalla Valle D’aosta, al Trentino Alto Adige, all’Emilia Romagna e a gran parte del resto d’Italia dove è evidente che molti esercizi commerciali piccoli e grandi, finiscono nelle mani di chi gestisce grandi capitali, cash.

E basta scorrere le cronache degli ultimi anni per comprendere che l’accaparramento di attività commerciali da parte della ’Ndrangheta e della Camorra e dei residui di Cosa Nostra, è nelle loro mani. Basta fare una passeggiata in quella che una volta era la via della “Dolce Vita”, via Veneto a Roma e nei dintorni dove si parla sempre più spesso calabrese o napoletano. Ristoranti che aprono e chiudono, ma sempre nelle loro mani,, aiutati da (pochi ma esperti) consulenti e commercialisti che trovano sempre una via per dissequestrare locali e attività commerciali che vengono chiusi da provvedimenti di varie procure italiane.

INFILTRATI DALL’ESTERO

Non ci sono, però, soltanto le nostre organizzazioni criminali made in Italy, ma anche quelle che provengono da oltre Oceano. Non sono soltanto calabresi, napoletani o siciliani che si presentano con le borse piene di contanti, che si propongono per acquistare attività commerciali in difficoltà. Soprattutto in un momento come questo, attraversato dal Coronavirus. Ci sono anche i cinesi, anche loro pieni di soldi in contanti, che hanno conquistato attività commerciali in gran parte del Lazio, Toscana e dovunque c’è o c’era business.

Interi quartieri, da nord a sud, sono in mano alle comunità cinesi che lavorano h24 sfruttando spesso loro connazionali e che rappresentano una grande concorrenza per le nostre vecchie tradizionali attività commerciali ormai in via di estinzione. Ma cosa dice il rapporto di Libera?

L’IMPENNATA

Un’impennata del numero di interdittive antimafia che nei primi nove mesi dell’anno viaggiava alla media di sei al giorno, 23 prime attività pre-investigative collegate alla criminalità organizzata, più 6,5 per cento di  usura, rischio liquidità per circa 100mila imprese, società di capitali e allarme per i cybercrimes, in aumento rispetto allo scorso anno. Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto “La tempesta perfetta, le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”, curato da Libera e da Lavialibera riferito ai mesi della pandemia.

Se è vero che mafiosi e corrotti approfittano da sempre delle sciagure sociali e naturali – pensiamo solo al malaffare fiorito attorno ai progetti di ricostruzione post-terremoto – è anche vero – dichiara Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – che le conseguenze della pandemia rischiano di produrre danni permanenti e strutturali se non sarà realizzato quel cambiamento di paradigma politico-economico a cui sempre il Papa ci richiama con forza, nella consapevolezza che quello che ci governa – e dal quale ci lasciamo governare – è un «sistema ingiusto alla radice».

Un impegno a cui anche questo rapporto ci richiama con forza. Colpisce infatti, tra i molti aspetti denunciati, il rischio di una progressiva assuefazione e, quindi, normalizzazione del fenomeno criminale mafioso e di tutte le storture che lo alimentano. Rischio tanto maggiore in quanto le mafie hanno adottato da tempo una strategia di basso profilo, privilegiando il crimine informatico, la corruzione e tutta una serie di reati collaterali capaci di garantire enormi profitti senza quasi destare allarme sociale.

«Conoscenza, corresponsabilità e, quindi, impegno. Ingredienti – dice Luigi Ciotti – necessari per contrastare mafie e altri parassiti del bene comune, ingredienti che più che mai oggi, nella crisi epocale determinata dal Covid, devono ispirare le nostre azioni, affinché dalla crisi scaturisca una svolta».

LO STUDIO DI BANKITALIA

Nel rapporto viene presentato uno studio dei ricercatori della Banca d’Italia che hanno analizzato l’impatto dello shock generato dall’epidemia di Covid-19 sul fabbisogno di liquidità, la patrimonializzazione, la redditività e la struttura finanziaria di circa 730.000 società di capitali italiane. I dati si riferiscono alle sole società di capitali, che costituiscono un sottoinsieme altamente rappresentativo delle imprese attive in Italia (80 per cento del valore aggiunto e 87 per cento del fatturato complessivi).

Nel dettaglio – scrivono i ricercatori Banca d’Italia – in assenza delle misure di sostegno, la riduzione dei fatturati generati dall’emergenza Covid-19, avrebbe determinato un fabbisogno di liquidità di circa 48 miliardi di euro per 142.000 imprese (19 per cento del campione totale).

I SOSTEGNI

Le misure di sostegno previste dal governo hanno permesso a 42.000 delle 142.000 imprese di fronteggiare le loro esigenze di liquidità. Il fabbisogno di liquidità delle rimanenti 100.000 imprese ammonterebbe però a circa 33 miliardi di euro. Sono i primi effetti della crisi che solo in parte è stata ammortizzata dagli interventi del governo (contributi e finanziamenti garantiti) ma che, andando a incidere su un sistema imprenditoriale già molto compromesso, ha considerevolmente amplificato la probabilità di insolvenza delle imprese, cioè la loro probabile incapacità di fare fronte ai debiti.

Centomila imprese, un numero che preoccupa e che pone tanti interrogativi. Quante di queste imprese ritorneranno sul mercato salvate da una liquidità “sporca” che necessita di essere riciclata? Una domanda per ora senza risposta.

«Oggi – commenta Libera – sappiamo che queste imprese si trovano in difficoltà per carenza di liquidità e per sottopatrimonializzazione: il timore è che domani una significativa frazione di queste imprese rischi di rappresentare un interessante obiettivo per la criminalità organizzata. Speriamo solo di essere smentiti». 

I DATI REGIONALI

Nei primi nove mesi dell’anno si viaggia alla media di sei interdittive al giorno. Il ministero dell’Interno ne registra 1.637 (nello stesso periodo del 2019 erano state 1.540) con un incremento del 6,3 per cento. Gli aumenti maggiori si registrano in Campania, che passa dalle 142 interdittive del 2019 alle 268 del 2020 (+229 per cento), segue l’Emilia Romagna con + 89 per cento.

Da segnalare le nuove entrate della Sardegna, che passa da zero interdittive del 2019 alle otto del 2020, le Marche da zero del 2019 alle dieci del 2020, Trentino Alto Adige da zero a due interdittive. Significativo il dato del Molise, che passa dalle sei interdittive del 2019 alle 28 del 2020(+366 per cento) e della Toscana con 26 interdittive nel 2020 erano dieci nel 2019 ( +160 per cento). Insomma, un quadro desolante e preoccupante dal quale sarà difficile uscire se non si ricorre a provvedimenti radicali e incisivi.


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