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La cittadella Regionale

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Quello della Sanità in Calabria è un disastro che imbarazza e che preoccupa. Commissariata da oltre dieci anni, sembra il pozzo di San Patrizio, una voragine senza fondo. La Sanità rappresenta il 52,85% del bilancio regionale con una ricognizione di debiti che sfugge a ogni valutazione: fatture non rendicontate e un deficit patrimoniale che al 31 dicembre del 2008 ammontava a circa un miliardo e 792 milioni. Una cifra che da allora non è stata più aggiornata e che purtroppo lievita al pari della sciatteria politica, dell’inadeguatezza di commissari imbarazzanti e di ruberie che sono diventate fisiologiche.

COLPE DA DIVIDERE

La Calabria non è tutta ‘ndrangheta, come qualcuno vorrebbe far credere. Molti dei suoi mali vanno adeguatamente distribuiti tra chi ha espresso compagini politico-amministrative spesso inadeguate (senza alcuna discriminazione ideologica), tra responsabità storiche di governi che non hanno mai prestato una seria attenzione ai bisogni di una terra piagata dalla miseria e dalla disoccupazione (quella giovanile ammonta al 40%). La ‘ndrangheta, in tutto questo, ha cercato di mangiare a piene ganasce, potendo contare su professionisti, mediatori, faccendieri legati a un’imprenditoria parassitaria rivolte al saccheggio sistematico delle risorse pubbliche e a politici continuamente protesi alla spregiudicata ricerca del consenso.

SPINTI NELLA ZONA ROSSA

È lo stesso saccheggio che ha trascinato la Calabria in zona rossa, non per numero di contagi ma per mancanza di programmazione, perché nessuno dopo il primo lockdown ha pensato di aumentare i posti letto in terapia intensiva. Un’ulteriore beffa per chi spesso è costretto a farsi curare negli ospedali del nord.
L’ultima inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, è un esempio paradigmatico della capacità di adattamento e di relazione della ‘ndrangheta, capace di penetrare nei gangli della società civile, assicurandosi coperture politico-imprenditoriali per riciclare denaro e influenzare importanti decisioni amministrative. Secondo l’accusa, c’era chi cercava di truffare il Servizio sanitario nazionale esportando illegalmente farmaci oncologici per rivenderli all’estero con profitti spropositati, come scrive il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro. Nella vicenda è stato coinvolto anche il presidente del consiglio regionale, Domenico Tallini, accusato di aver prestato il fianco a una delle cosche più potenti della Calabria, quella dei Grande Aracri, radici a Cutro con ramificazioni in Italia e all’estero.

Ancora una volta emerge l’importanza di quelle «alleanze nell’ombra» che da sempre costituiscono l’ossatura del potere mafioso. Qualche tempo fa, durante una conversazione intercettata, un uomo della ‘ndrangheta si vantava di poter trovare teste di legno senza svenarsi. «Trovo pure un architetto, un ingegnere. A chi vuoi. Perché la gente è morta di fame e per centomila euro, non per milioni di euro, sa che ti fa? Tu non hai idea. Professionisti e commercialisti. Ti porto chi vuoi. Puliti». È sempre opportuno evitare le generalizzazioni, c’è tanta gente perbene che fa il proprio dovere. Ma ci sono, purtroppo, anche mele marce in ogni ambito sociale, anche tra quelli che le mafie dovrebbero combatterle. Sono questi «grumi di potere» che rendono la ‘ndrangheta sempre più forte. Ma non trasformiamola in un alibi. Ci sono responsabilità che ciascuno di noi deve assumersi. La Calabria non può rimanere in balia di avventurieri e faccendieri. Riprendiamocela.


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