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Piovono accuse al governo della Lombardia provenienti da operatori sanitari e dirigenti di strutture sanitarie e delle Rsa lombarde; sono accuse dure come pietre e ormai pressoché quotidiane: particolarmente amara e feroce è quella di Bruno Guarneri, direttore sanitario di tre Rsa nel bresciano, nonché neurofisiopatologo dell’Ospedale Civile di Brescia il cui j’accuse si somma alla testimonianza da noi pubblicata ieri della direttrice di una struttura lombarda che, probabilmente ammalata, deve continuare a lavorare, sentendosi totalmente abbandonata dalla Regione. Al loro fianco nel puntare il dito ci sono anche i presidenti di sei associazioni lombarde, i quali hanno dettagliato in una lettera errori e leggerezze della giunta guidata da Attilio Fontana.

Guarneri aggiunge un grave tassello al drammatico mosaico della strage di ospiti dei ricoveri per anziani della Lombardia: «Dopo Codogno ho subito chiuso le tre Rsa che dirigo ma la Regione ha detto di riaprire», ha dichiarato il direttore delle realtà di Barbariga, Orzivecchi e Orzinuovi, accorpate in Fondazioni Riunite Onlus Bassa Bresciana Occidentale. E Orzinuovi non è un paese qualsiasi poiché, insieme ad Alzano e Nebro, è stato uno dei primi focolai di Covid-19 e una delle “mancate zone rosse” tempestive: il 25 febbraio in questo paese della Bassa bresciana è stato attestato il primo caso di Covid-19 e nei giorni successivi si è presentato un crescendo di contagi. La pericolosità della zona era stata certificata sin dal 2 marzo dalla nota che il Comitato tecnico-scientifico nazionale aveva inviato ai governi nazionale e regionale, e che era stata ignorata.

Il 22 febbraio, subito dopo la diffusione della notizia dei casi a Codogno, Guarneri aveva deciso di chiudere le sue strutture ma, dopo tre giorni, ha dovuto tornare sui propri passi in seguito ad una delibera regionale secondo cui Rsa e centri diurni per anziani dovevano restare aperti, seppur con visite contingentate.

«Chiudere ci è sembrata una decisione ovvia e scontata, visto che non facevano altro che ripetere che gli anziani erano la categoria più a rischio. Anche l’ordinanza emanata dal sindaco di Orzinuovi prevedeva, tra l’altro, la chiusura della Rsa: i parenti non potevano più accedere, se non per casi eccezionali. Chiuso anche il centro diurno, che era il più rischioso per la diffusione del contagio, visto che gli anziani, una volta svolte le attività, tornano a casa dalle rispettive famiglie – ha raccontato Guarneri a diversi media bresciani – peccato che, dopo tre giorni, la Regione ci ha obbligato a fare marcia indietro. Si ventilava che, se ci fossimo opposti alla decisione della Regione, ci sarebbe stato tolto l’accreditamento. Ats non era d’accordo con questa scelta del Pirellone, a quanto ho potuto capire, ma anche loro hanno dovuto adeguarsi, dato che le indicazioni arrivavano dai piani alti».

Il direttore ha dipinto una panoramica desolante ma assai realistica della situazione di quei giorni, dalla quale emerge ancora una volta ciò che ormai è denunciato da più parti: le Rsa non erano in grado di restare aperte in sicurezza, per lo meno non tutte. «Noi ci eravamo già attrezzati in precedenza, dotandoci di mascherine e guanti per il personale medico e infermieristico, ma non per i parenti: se volevano entrare, dovevano prima procurarsi da soli i dispositivi di protezione. Dal 6 marzo abbiamo cominciato a cercare, e comprare di tasca nostra, camici, mascherine ffp2 e ffp3, occhiali, visiere e altri guanti, grazie al permesso del nostro presidente di spendere oltre 15mila euro in dispositivi di protezione individuale. Fino alla scorsa settimana i tamponi ai nostri ospiti non sono mai stati fatti, tranne ad un anziano che era ricoverato in ospedale. Mano mano che si ammalavano cercavamo di isolare i casi sospetti. Abbiamo separato i sintomatici dagli asintomatici: in buona sostanza, abbiamo creato un reparto infettivi all’interno delle nostre strutture per contenere il contagio. Abbiamo potuto farlo perché possiamo contare su degli operatori fantastici: i nostri medici e infermieri non si sono mai tirati indietro». Per medici e infermieri i tamponi sono iniziati dal 17 marzo, ma solo per chi presentava sintomi sospetti; «ora tutto il nostro personale è negativo al Covid-19 – ha garantito Guarneri – tra gli ospiti registriamo due casi a bassa intensità all’interno della casa di riposo di Orzinuovi, uno a Orzivecchi e uno a Barbariga. Non sono in condizioni critiche e aspettiamo che i loro tamponi, effettuati una quindicina di giorni fa, diventino negativi. Ma oggi ho nuovamente chiesto che tutti gli ospiti, anche quelli asintomatici, vengano sottoposti al tampone».

In merito ai decessi nelle sue tre strutture dall’inizio dell’emergenza ad oggi, ha reso noto che a «Barbariga nel mese di marzo sono morti 12 ospiti, a cui se ne sono poi aggiunti altri 2. Nella Rsa di Orzivecchi si sono registrati 4 decessi e tutti per cause naturali, difficilmente riconducibili al Corona virus. Mentre ad Orzinuovi sono deceduti 24 anziani dei 111 ospitati: 8 in più rispetto all’anno passato». Nel contesto attuale il direttore ha messo a disposizione le sue strutture per accogliere pazienti che non sono stati toccati dal Coronavirus ma da altre patologie e che necessitano di una degenza per la convalescenza. La stessa offerta era arrivata dopo la delibera dell’8 marzo, la quale tuttavia chiedeva però di ospitare malati Covid-19 nelle Rsa: «mi sono rifiutato e non ne sono arrivati; però abbiamo aperto per altri malati e lo riproponiamo anche oggi: abbiamo posti liberi ma chiediamo vengano eseguiti i tamponi diagnostici su tutti i vecchi e nuovi ospiti e su chi li assiste».


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