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Gli scontri tra No pass e Polizia a Roma

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“Cybersecurity”, “Intelligence”, “Aisi”, “Aise”, “Digos”, “Antiterrorismo”, questure e prefetture, carabinieri e Guardia di finanza con i loro servizi interni,  Comitato per l’ordine e la sicurezza: tutte sigle che ormai conosciamo  e che sono preposte alla sicurezza interna ed esterna, ma che purtroppo hanno fatto “flop” l’altro ieri a Roma durante la manifestazione organizzata in pieno centro dai “No vax”, tra i quali, come è noto a tutti questi enti preposti alla sicurezza, c’è di tutto e di più, comprese persone   (forse mancavano solo i “forconi”) che si infiltrano per fare casino e danni. Per fortuna non c’è scappato il morto.

PREVENZIONE FANTASMA

Eppure la domanda che un comune cittadino si fa è: com’è possibile che con tutte queste intelligence, cybersecurity ecc. non era stato previsto e prevenuto quel che è accaduto a Roma? I protagonisti dei disordini, almeno una parte, dodici persone, sono stati arrestati per vari reati: ma non erano degli sconosciuti, erano, anzi sono, tutti personaggi noti anche alle nostre intelligence e alle forze dell’ordine.

Alcuni di loro hanno anche precedenti penali pesanti, sottoposti al Daspo (che vieta loro di non mettere piede negli stadi) o alla sorveglianza speciale. Erano lì, con le loro facce, con i loro nomi e cognomi, senza cappucci né camuffamenti: ma nessuno li ha fermati prima.

Non solo: erano giorni e giorni che leader e non leader delle proteste e dei disordini che sono avvenuti a Roma, pubblicizzavano le loro iniziative e i loro programmi attraverso i social, twtter, instagram e altre sigle, spiegando esattamente cosa volevano fare e dove volevano andare, tutto nei minimi dettagli.

Eppure non c’è stata alcuna “prevenzione”: quei poveri poliziotti, carabinieri, finanzieri mandati in pochi allo sbaraglio contro una folla immensa che nessuno, ripeto nessuno, tra intelligence, polizia, carabinieri, polizia postale, polizia ferroviaria o a cavallo, aveva previsto.

È mai possibile? Sì, è stato, purtroppo, possibile. E lascia perplessi leggere le dichiarazioni del prefetto di Roma, Matteo Piantedosi (al secondo incidente dopo la sfilata non autorizzata della Nazionale di calcio sul bus scoperto dopo la vittoria agli Europei) dopo gli incidenti nelle vie di Roma e l’assalto alla sede della Cgil.

«Solo nelle ultime ore – ha “spiegato” il prefetto – man mano che diverse migliaia di persone giungevano da tutta Italia nella Capitale è stato possibile rilevare un livello della partecipazione non solo quantitativamente molto elevato, ma pure caratterizzato dalla variegata composizione dell’adesione alla manifestazione, verso la quale andavano confluendo da persone comuni a gruppi organizzati di facinorosi».

E, aggiungiamo noi, anche leader di Forza Nuova e di altre sigle ben note alle forze dell’ordine.

TUTTO PREVEDIBILE

Dichiarazione disarmante e anche preoccupante, quella del prefetto Piantedosi, perché tutto quello che è successo l’altro ieri a Roma era stato programmato e premeditato. L’annuncio della presa della “bastiglia” romana era stata infatti preannunciata già alcuni giorni prima da video e dichiarazioni sui social (che le varie intelligence e polizie non hanno visto o non hanno valutato) da parte di Pamela Testa, promotrice della manifestazione e leader della sigla “Liberi Cittadini” per protestare contro il Green pass e le misure sanitarie anti-Covid disposte dal governo.

E a depositare la richiesta per la manifestazione alla questura di Roma è stata Pamela Testa, già militante di Forza Nuova, che sarà poi arrestata per «manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale». L’appello di Pamela Testa, con la voce di un suo amico, era stato già diffuso almeno tre giorni prima della manifestazione.

«Cari – recitava l’appello – in vista della manifestazione di sabato abbiamo creato un gruppo whatsapp nel quale andrà inserito il nome, il cognome e l’indirizzo mail. Inoltre sarà importante scrivere cosa sapete fare, in modo da mettere a disposizione di tutti quanti le vostre capacità: chi è avvocato, chi è meccanico, la professionalità o un hobby che può essere utile. Se avete un’attività commerciale, segnalatela anche perché potrà essere utile per il percorso che faremo in questa lotta».

 E ancora «Questa manifestazione è soltanto un simbolo ma l’obiettivo è crescere, finché ci sarà la libertà da difendere. Le piazze devono essere gestite in maniera dinamica. Cambieremo percorso da un momento all’altro», per evitare la reazione della polizia.

 E ancora altri dettagli “tecnici” sulla manifestazione, nei quali era spiegato tutto, ma proprio tutto: solo che la nostra cybersecurity e tutte le altre nostre intelligence e forze di polizia, non si erano accorte di niente o, se se ne sono accorte, hanno sottovaluto quel che poteva accadere.

Una prevenzione mancata che però contrasta con quanto accaduto (anche quello un flop) il primo ottobre scorso, quando ad Alghero, in Sardegna, era stato arrestato il leader indipendentista della Catalogna, Carles Puigdemont. L’ex presidente catalano era andato in Sardegna per partecipare a una serie di incontri dell’Adifolk, festa internazionale della cultura popolare catalana.

Bene, in quel caso la nostra intelligence aveva previsto che ad Alghero sarebbero giunti molti attivisti da ogni parte d’Europa e allora ha fatto semplicemente una cosa: controllare la lista dei passeggeri che atterravano in Sardegna, e così ha scoperto che c’era anche il leader catalano che è stato poi ingiustamente arrestato e giustamente scarcerato.

IN VISTA DEL G20

Ma per la manifestazione “No vax” nulla è stato fatto, o se è stato fatto è stato fatto malissimo. E adesso, dopo che il vaso è stato rotto, si raccolgono i cocci nella speranza che la prossima volta le nostre forze dell’ordine, e soprattutto i loro vertici, sappiano cosa fare, perché ci aspettano eventi importanti e non possiamo permetterci di far la figura dei pirla.

«Non nascondiamo una forte preoccupazione – dice una fonte del Viminale -. Ci aspettano giorni caldi e l’appuntamento del G20 sarà per l’Italia una vetrina mondiale. Sarà messo a punto un piano di forte rafforzamento dell’ordine pubblico. C’è una stagione in cui la politica del contenimento non basta più. Il dilemma se e quando usare la forza in una manifestazione che diventa violenta è il dilemma di sempre, di tutti i governi. Il contenimento non è una scelta solo della politica ma anche dei tecnici. Bisognava rispondere prima e avere in campo gli uomini necessari per farlo». Beh, che aspettate?


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