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Immaginate l’ora di ginnastica orale. Il professore di educazione fisica che spiega ai ragazzi seduti sui banchi alcuni movimenti. Senza chiedere loro di farli, perché la scuola di cui parliamo non ha la palestra. È collocata in un vecchio edificio, magari dei primi del Novecento, adattato a plesso scolastico.

Questa situazione non è un’eccezione infrequente, ma se parlate con molti presidi vi diranno che è la condizione della loro scuola. Peraltro il progressivo spopolamento, sopratutto nelle realtà dei paesi interni del Mezzogiorno, rende anche gli investimenti poco convenienti, in un processo involutivo che vede sempre meno ragazzi e sempre meno conveniente investire, per una platea scolastica sempre più dispersa.

GLI ABBANDONI

La spesa storica adottata dalla conferenza delle Regioni, presieduta da Stefano Bonaccini, grazie anche a Giancarlo Giorgetti, in un accordo Festa dell’Unità – Raduno di Pontida, nei plessi scolastici del Mezzogiorno si tocca in “ carne viva”. Nella mancanza di edifici scolastici a norma, nella carenza di asili nido, che ormai si possono definire “zero al Sud”, nella mancanza di scuolabus e servizi come mense scolastiche o risorse per gite di istruzione.

In una visione di madre patria che ha infrastrutture scolastiche di buon livello e della colonia che arranca in un progressivo svuotamento delle strutture dedicate all’insegnamento sempre più fatiscenti e degli allievi sempre più emigranti.

Le due Italie che si ritrovano, come quando Carlo Levi lo evidenziò dal suo confino, e che spiegano anche il mancato sviluppo di alcune aree. La formazione e la scuola sono gli asset principali sui quali investire per i veri cambiamenti delle società, perché le democrazie hanno bisogno di cittadini consapevoli che possono formarsi solo nelle aule scolastiche. È evidente che parliamo di cambiamenti nel lungo termine, perché se investi in un bambino dalla scuola dell’obbligo, che parte dai sei anni, ti ritroverai un ragazzo che va a votare dopo 12/15 anni.

Ma se non parti dalla scuola ogni processo di cambiamento sarà effimero e velleitario. Purtroppo la classifica dell’abbandono ci consegna le due Italie, delle quali spesso parliamo. Oltre la media italiana di abbandoni, che è sul 15%, troviamo Calabria, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna che sfiora il massimo del 23%, e che la dice lunga sul poco lavoro che è stato svolto dal nostro Paese.

L’Emilia Romagna, il Veneto ma anche la Lombardia le troviamo nella parte bassa della classifica, in una posizione inferiore alla percentuale media di abbandoni scolastici 18-24 anni.

Se poi guardiamo alla dispersione dalle elementari alla scuola media superiore, cioè della scuola dell’obbligo, si ripropone uno schema analogo. In una situazione peraltro che ci vede in Europa ai primi posti delle classifiche di dispersione, preceduti soltanto da Malta, Spagna, Romania e Portogallo, ma facendo riferimento ai tassi medi del, Paese. Se facessimo riferimento alle sole Regioni del Mezzogiorno conquisteremmo il primato, negativo.

CONFRONTO GLOBALE

Questa situazione in una confronto globale nel quale, non potendo competere vendendo magliette a un euro, ma dovendo confrontarci sui nuovi brevetti, sull’innovazione, sulla ricerca, abbiamo bisogno di sempre più giovani preparati e ben formati.

È in questa situazione di profonda disparità che il Paese affronta l’apertura delle scuole del prossimo 15 settembre. Fingendo che una normativa uguale per situazioni diverse possa funzionare. Distribuendo le risorse come se tali disparità non ci fossero, dimenticando che il motivo per il quale i fondi che arriveranno dalla Comunità, sia in termini di risorse a fondo perduto che in forma di prestito, sono più consistenti per l’Italia proprio perché soffre di un dualismo molto accentuato.

La ministra Lucia Azzolina, originaria di Siracusa, queste differenti condizioni dovrebbe conoscerle e agire per evitare disparità, perché non c’è ingiustizia maggiore dell’adottare azioni uguali per situazioni diseguali.

Ovviamente non si terrà conto dei punti di partenza nell’assegnazione delle risorse, perché ormai il Paese è in un “ cul de sac” dal quale sarà difficile uscire se non con crescite di Pil molto consistenti e non previste nel breve. Come si eviterà di finanziare gli asili nido di Reggio Emilia, che sono già aperti, per aprirne di nuovi a Reggio Calabria? Operazione complicata per chiunque. Né il triangolo Bologna-Milano-Venezia vorrà perdere le risorse straordinarie che arriveranno per l’emergenza Covid, come si è visto dalle dichiarazioni di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, come esempio per tutti.

Per questo anche nella riapertura delle scuole, sperando che i recenti aumenti dei contagi non mettano in discussione la data perché non ce lo possiamo permettere, è necessario che Giuseppe Conte intervenga in maniera decisa, perché la bulimia di alcune regioni e l’incapacità di difesa di altre può portare a peggiorare i danni irreversibili già subiti dal Mezzogiorno.

TELEDIDATTICA

Peraltro, nell’eventualità di una nuova chiusura per contagi dovrà fare i conti con un insegnamento a distanza che vede un’attrezzatura dei ragazzi meridionali più scarsa rispetto alla media del Paese. Un proverbio siciliano recita «‘u cani muzzica u strazzatu», letteralmente “il cane morde il miserabile”, che vuol dire che laddove le situazioni sono più precarie, la cosa più facile che avvenga è che peggiorino.

Per questo l’attenzione che si richiede rispetto al sistema scolastico meridionale deve essere massima, perché si agisce su un corpo già debilitato e sofferente. E certamente il vertice tra Conte e i ministri Azzolina, Speranza, Boccia e De Micheli non fa ben sperare sulla sensibilità rispetto a tali temi, considerato l’approccio storico. In questo si inserisce il tema delle Università, già indebolite dal grande flusso di studenti che hanno deciso di iscriversi alle Università del Nord, considerata l’impossibilità teorica e operativa di trovare lavoro al Sud una volta laureati.

Anche per esse si porrà il problema del distanziamento e della sicurezza, considerato che per l’utilizzo di parametri penalizzanti hanno avuto risorse più contenute di quelle del Nord. Sembra una litania di lamentele e a uno spettatore neutrale tutto questo potrebbe sembrare poco credibile. Purtroppo invece è stato ed è così. Ribaltare le convinzioni consolidate, l’immaginario collettivo e immaginare approcci correttivi è veramente complicato.


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