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Il ministro per l'Istruzione Patrizio Bianchi

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CHE IL percorso verso un ritorno della scuola totalmente in presenza sia irto di ostacoli lo ha fatto capire ieri il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi. Intervenendo alla “Repubblica delle Idee”, a Bologna, ha detto che la fine della Dad è «la mia battaglia». Tutt’altro che una passeggiata, insomma. Occorre allora mutuare qualche celebre maestro d’arte bellica, come Giuseppe Garibaldi. L’eroe dei due mondi affermava che «esordire con fermezza è già metà della battaglia». Fermezza che Bianchi prova a esprimere quando mette i puntini sulle “i” a proposito del concetto di ritorno alla normalità.

«Vogliamo tornare alla normalità? – si chiede – La mia risposta è: non a quella di prima. Dobbiamo avere tutti il senso di uscire da questa fase  innovando profondamente».

Per innovare, la prima criticità da risolvere è rappresentata dalle classi pollaio. «Stiamo analizzando dove sono le classi troppo numerose per organizzare classi con numeri inferiori. Sto lavorando su questo – ribadisce Bianchi – lo stiamo facendo con gli Uffici scolastici regionali, anche con le scuole».

Il ministro dell’Istruzione quindi aggiunge: «Non sono per la deresponsabilizzazione, mi prendo pienamente le responsabilità politiche, ma abbiamo un ritardo di 15 anni, il tema non si inventa, bisogna trovare le coperture». Di qui il suo impegno a far approvare una legge ad hoc per riuscire a ridurre la presenza degli alunni nelle classi attingendo i fondi dal Pnrr.

IL NODO DEL VACCINO OBBLIGATORIO

Bianchi esprime fermezza anche quando parla di un tema molto dibattuto negli ultimi giorni: l’obbligo vaccinale per il personale scolastico. «Allo stato attuale – chiarisce – non c’è alcuna ipotesi di obbligo. Non abbiamo in mente di farlo, però c’è un fortissimo appello alla solidarietà collettiva. Facciamo oggi un appello perché tutti si possano vaccinare proprio nel senso di una solidarietà collettiva».

Che il vaccino sia l’arma contro la Dad lo ha spiegato anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, all’assemblea pubblica di Farmindustria. «La stragrande maggioranza degli insegnanti ha aderito alla campagna di vaccinazione e anche una percentuale molto significativa del personale scolastico – ha detto – Dobbiamo lavorare perché questa percentuale cresca ancora nelle prossime settimane, le condizioni ci sono per riprendere la scuola nel modo più sicuro possibile».

LA PROTESTA DEI SINDACATI

Nonostante le rassicurazioni del governo, i sindacati nutrono perplessità. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, intervistato da “Rtl 102.5” ha posto l’accento sulle classi troppo affollate ma anche sul nodo dei trasporti che, dice, «non è mai stato risolto». I dubbi sul rientro a settembre, nonché sul rinnovo del contratto, sulla mobilità e sulle nomine, hanno spinto circa 200 dirigenti scolastici del sindacato “DirigentiScuola” provenienti da tutta Italia a manifestare ieri sotto il ministero dell’Istruzione.

«Il primo obiettivo è quello di tutelare la salute di tutti, studenti, insegnanti e famiglie. Per questo sarebbe auspicabile che, per una ripresa vera e in presenza, l’immunizzazione sia generale», dice Attilio Fratta, presidente del sindacato.

GALLI: «VALUTARE GLI ANTICORPI»

Ma su questo fronte Massimo Galli, responsabile Malattie infettive dell’ospedale “Sacco” di Milano, dice all’AdnKronos che andrebbe considerato non solo il vaccino, ma anche «lo stato immunitario degli insegnanti, valutando la presenza di anticorpi».  

Galli ha sottolineato che «ci sono vaccinati che non hanno anticorpi e non vaccinati che ce l’hanno e non hanno bisogno di vaccinarsi», pertanto «si può valutare lo stato immunitario di queste persone, che sono tante, ma non tantissime». Galli aggiunge che questa modalità è utile a proteggere tutti. Perché «ci possono essere persone che corrono rischi maggiori di altre, che si sono vaccinate e hanno risposto non adeguatamente, e probabilmente dovrebbero essere riassegnate rispetto a determinati compiti».

I RAGAZZI

Le considerazioni di Galli si inseriscono nel dibattito sull’obbligo vaccinale, che qualcuno vorrebbe estendere anche agli studenti come condizione per il ritorno a scuola in presenza. Di tutt’altro avviso Massimo Gandolfini, neurochirurgo e presidente dell’Associazione Family Day. «Il ritorno a scuola è un diritto di tutti gli studenti e non è con misure discriminatorie che si promuove la validità del vaccino – dice –  Oltretutto sul piano medico-epidemiologico vogliamo ricordare che molti esponenti della comunità scientifica, che sostengono la campagna vaccinale, hanno espresso, allo stesso tempo, numerose perplessità sull’utilità di vaccinare i ragazzi sotto i 20 anni e sul rapporto benefici/rischi».


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