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AL SUD cala la qualità dei servizi ed il Nord si ingrossa di dipendenti pubblici. Se, da una parte, l’ultima classifica sulla qualità della vita vede le città meridionali tristemente in fondo, dall’altra parte i dati Istat segnalano che le vette massime di spesa per la macchina amministrativa ce l’hanno Valle d’Aosta, Piemonte e Nord-est. Qual è la notizia? Che i due fenomeni sono strettamente legati tra di loro, interconnessi, in un rapporto di causa-effetto. Come una cascata che scende dalla montagna, la desertificazione del Mezzogiorno deriva dal taglio della spesa sociale e dall’azzeramento della spesa per le infrastrutture. Se mi dai meno soldi, non sarà messo nelle stesse condizioni degli altri. Minor ossigeno, minor qualità. Se fino a qualche anno fa, Lecce stava tra le prime dieci nella classifica pubblicata dal centro studi del Sole24ore ed oggi invece le città del Sud arrancano, il problema è di natura sistemica. Vi sono due Stati diversi ormai, con differenze consolidate nell’ultimo ventennio, con consumi diversi e condizioni diverse che vengono certificate come detto da una parte dall’Istat (sul fronte dei dipendenti pubblici) e dall’altra dagli indicatori settoriali utilizzati per analizzare i servizi offerti dalle aree metropolitane delle Amministrazioni cittadine. A queste tristi note, va aggiunta poi quella dolente dei ragazzi laureati emigrati al Nord per lavorare.

I DIPENDENTI

La conferma dello spread tra Settentrione e Meridione viene dallo spostamento dei dipendenti al Nord. Ce lo dice chiaramente l’Istat. In base alla ripartizione geografica, le cifre parlano da sole. Il record assoluto di personale dipendente ce l’ha la Valle d’Aosta con 8,6 funzionari ogni cento abitanti, seguita dal Trentino con il suo 8,1. Le regioni del Nord-est (Emilia, Friuli, Trentino e Veneto) che messe tutte insieme hanno 5 dipendenti per 100 abitanti – con un aumento del 3,1 tra il 2011 e il 2017 – praticamente pari al Centro che però ingloba la macchina della Capitale d’Italia mentre il Sud ne ha soltanto 4,5 ogni 100; il Nord-ovest nel suo complesso ne ha 4,1 per il numero alto di abitanti che fa la Lombardia (oltre 10 milioni), ma solo il Piemonte vanta 4,5 dipendenti ogni 100 residenti.

Se poi passiamo alle Province autonome, i numeri sono esorbitanti: quella di Bolzano 8,6 dipendenti per 100 abitanti, mentre quella di Trento ne conta 7,6. Incredibile, ma vero. Naturale, allora, che gli enti locali meridionali forniscano servizi pubblici di efficienza inferiore gli omologhi del Nord. Lasciati alla canna del gas, vittime dello sforbiciamento della spesa sociale e senza un piano decennale di nuove infrastrutture, che cosa sarebbe mai potuto accadere se non la fotografia che emerge? Non si tratta di aiutare chi sta indietro concedendo l’elemosina, ma di rimetterlo in piedi alla pari di chi sta a qualche chilometro di distanza.

LA SPESA

I numeri vanno rilanciati per l’occasione. L’intera spesa pubblica pro-capite al netto degli interessi nel Sud è pari a 13.394 euro, nel Centro-Nord è pari a 17.065 euro. In Campania è pari a 12.084 euro, in Puglia a 13.042 euro, in Calabria a 13.605 euro, in Sicilia a 13.686 euro. Non finisce qua. La spesa pubblica procapite in Veneto arriva a 14.188 euro, in Emilia Romagna a 16.375 euro, in Lombardia a 16.979 euro. Lo sostiene lo stesso Stato con i Conti territoriali da cui si ricostruisce questo enorme gap sul fronte delle risorse stanziate per il welfare delle Regioni. Avere sottratto in un decennio 61 miliardi l’anno al Sud, attraverso il trucco della Spesa Storica, per regalarli al Nord assistenzialista ha fatto il male di poveri e ricchi. I due unici territori europei che non hanno raggiunto i livelli pre-crisi sono le aree forti e le aree deboli dell’Italia, non le prime a causa dell’arretratezza delle seconde, ma entrambe.

A furia di scavare nel bilancio pubblico, il Nord ha perso il principale mercato di consumo interno dei suoi prodotti e si è impoverito. L’operazione verità finalmente in corso ha prodotto la certificazione che l’esorbitante entità di trasferimenti sia del tutto campata in aria: è emerso anche nell’audizione alla Camera del ministro delle Regioni che ha fornito i numeri dei Conti pubblici territoriali dello Stato. Sul federalismo fiscale è intervenuta la Corte dei conti in un’audizione in Commissione finanze della Camera presieduta da Carla Ruocco. Sottolineando le «questioni irrisolte» della legge Calderoli del 2009 e successivi decreti attuativi, la Corte ha sottolineato la necessità di un più efficiente sistema perequativo per gli enti locali, per eliminare le storture della spesa storica. Attualmente i meccanismi perequativi, ha precisato la Corte “sono ancora principalmente basati sul criterio della spesa storica, che costituisce un fattore distorsivo, in quanto premia la capacità di erogazione della spesa, ma certamente non contribuisce a stabilire condizioni di equità”.

LA CLASSIFICA

La classifica del Sole24ore rimette Milano al primo posto della qualità della vita in Italia. Un bis probabilmente atteso e prevedibile dopo gli effetti di Expo, Olimpiadi invernali e investimenti nella tecnologia. Sul podio accanto a Milano, ci sono Bolzano e Trento. Non si ricuce il divario tra Nord e Sud: in coda alla classifica si concentrano città del Mezzogiorno. L’ultima classificata, quest’anno, è Caltanissetta, con penultima Crotone e subito sopra Foggia. Roma si trova al 18esimo posto, risalendo rispetto allo scorso anno di tre posizioni. Napoli, pur essendo nella metà inferiore della classifica generale (81), rispetto alla scorsa edizione ha all’attivo una salita di 13 posizioni. Sulla stessa linea le performance di Cagliari, che fa un balzo di 24 posizioni (20 ), Genova sale di 11 gradini (45), Firenze di sette (15 ) e Torino è 33esima (+ 5 sul 2018). Infine, Bari mette a segno un incremento di 10 posizioni, raggiungendo il 67° posto. Bologna in calo pur restando nella parte alta della classifica al 14 posto.

In base a quali fattori è stata stilata la classifica finale? Rispetto all’anno scorso il numero di indicatori è aumentato da 42 a 90, divisi in sei macro aree tematiche che indagano altrettante componenti dello star bene. Poi ci sono le singole classifiche di settore: Ricchezza e consumi, Affari e lavoro, Ambiente e servizi, Demografia e società, Giustizia e sicurezza, Cultura e tempo libero.


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