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Giuseppe Conte e Ursula von der Leyen

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NON VOGLIO assolutamente criticare il lavoro svolto dal Presidente del Consiglio Conte soprattutto nel superamento della difficile maratona sostenuta in Unione Europea per ottenere quanto promesso informalmente circa due mesi fa proprio dalla stessa Commissione; voglio invece solo soffermarmi su un comportamento, o meglio, su una dichiarazione che il Presidente ha rilasciato in Parlamento di ritorno da Bruxelles in cui ha esposto, direttamente, i risultati ottenuti. In particolare Conte ha aperto il suo intervento precisando che “il risultato raggiunto non è un merito dell’attuale maggioranza ma dell’intero Paese”.

Una simile affermazione penso sia un modo per acquisire consenso personale, forse per creare le basi per un ruolo forte all’interno del Movimento 5 Stelle, forse per dare vita ad un Movimento Conte. Devo essere sincero ma io avrei preferito ascoltare un discorso diverso che tento di elencare, in modo sintetico, in alcuni punti:

  • Da cinque anni stiamo inseguendo delle coperture finanziarie che non avevamo e, cosa ancora più inconcepibile, anche se disponibili non siamo riusciti a spendere; ebbene il dramma vissuto con la pandemia ha regalato però al nostro Paese la possibilità di avere una disponibilità finanziaria inimmaginabile
  • Nel 2014 in occasione del Programma 2014 – 2020 avevamo avuto l’autorizzazione dalla Unione Europea di utilizzare circa 54 miliardi di euro del Fondo di Coesione e Sviluppo; di tale volano l’85% era riservato ad interventi nel Mezzogiorno. Purtroppo dopo sei anni siamo riusciti a spendere solo 5 miliardi di euro. Ma anche in questo caso, grazie alla pandemia, l’Unione Europea ha autorizzato il Governo a rivedere le destinazioni programmatiche e ad utilizzare tali risorse senza alcun vincolo pur di riuscire a spenderle
  • Una serie di vincoli posti dalla Unione Europea come il “patto di stabilità”, grazie sempre alla pandemia, è venuto meno e, quindi, il debito pubblico, il rapporto debito/PIL, all’improvviso, sono diventati riferimenti statistici e non indicatori preoccupanti tipici di un rischioso default del Paese
  • Per cinque anni questo Paese ha preferito “bruciare” risorse per attività assistenzialistiche e questa scelta, purtroppo, ha mantenuto il Paese in piena recessione; abbiamo, cioè, per cinque anni, utilizzato le risorse in conto esercizio e non in conto capitale ed ora, grazie sempre alla pandemia, arrivano delle risorse con un preciso vincolo: possono essere utilizzate solo in conto capitale, cioè solo per interventi infrastrutturali e, quindi, finalmente per azioni capaci di garantire davvero la crescita del Prodotto Interno Lordo
  • E la Unione Europea fortunatamente, oltre a richiederci quadri programmatici misurabili, ci ha anche imposto un chiaro arco temporale per l’utilizzo delle risorse stesse. Forse conoscendo la nostra consolidata abitudine a non dare corso a nessun investimento in infrastrutture, un abitudine acquista nell’ultimo quinquennio dalle varie compagine di Governo, Partito Democratico, Lega – Movimento 5 Stelle, Partito Democratico – Movimento 5 Stelle, l’Unione Europea ha ritenuto opportuno conoscere le scelte e conoscere i relativi cronoprogrammi
  • È una battaglia che è stato necessario fare perché non si poteva non confermare ciò che quasi due mesi prima era stato dato come scontato, come acquisito. In realtà se un simile risultato non fosse stato ottenuto sarebbe emersa non solo una superficialità mediatica imperdonabile ma, ancora peggio, sarebbe stato necessario ricorrere con la massima urgenza ad azioni pesanti per recuperare risorse allo stato mancanti
  • Questa stasi vissuta in questi cinque anni ha dimostrato anche il crollo delle capacità dei vari Dicasteri che caratterizzano il sistema istituzionale del Paese, cioè i Dicasteri delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’Ambiente, dei Beni Culturali, dello Sviluppo Economico; in realtà tali Dicasteri hanno dimostrato una chiara e misurabile inadeguatezza a dare attuazione organica e concreta ad una infrastrutturazione organica del Paese per cui si rende necessario affidare alla Presidenza del Consiglio, per almeno un biennio, il compito di catalizzatore e di attuatore di quel Programma che dovrà rispondere ai canoni ed alla liturgia procedurale che il Paese, entro ottobre, concorderà con la Unione Europea. Sì tutto si dovrà svolgere presso un organismo della Presidenza del Consiglio
  • In fondo la Unione Europea ci ha imposto, finalmente, ciò che per un arco temporale abbastanza lungo, cinque anni, i Governi che si sono succeduti non avevano fatto e, cosa da non dimenticare, se non ci fosse stata la pandemia il nostro Paese sarebbe crollato in una crisi irreversibile rincorrendo, anno dopo anno, leggi finanziarie utili solo per garantire i famosi “80 euro”, il famoso “reddito di cittadinanza”, il famoso “quota 100”
  • Senza la pandemia e senza questa scossa comunitaria la fine più triste l’avrebbe vissuta il Mezzogiorno perché, avendo come unica opera in corso la realizzazione dell’asse ferroviario ad alta velocità Napoli – Bari e non altro, sarebbe rimasto privo di ogni ulteriore intervento funzionale per il suo possibile rilancio. E, addirittura, dopo questi anni di sottovalutazione delle esigenze del Sud si potrebbe dare vita ad una esperienza rivoluzionaria: un Partenariato Pubblico Privato formato dalle Ferrovie dello Stato, dall’ANAS e da privati a cui dare mandato per la realizzazione, in un arco temporale di quattro anni, dell’intero asse stradale 106 Ionica, del nuovo asse ferroviario ad alta velocità Salerno – Reggio Calabria – Messina – Palermo – Catania (comprensivo del collegamento stabile sullo Stretto), del completamento funzionale dell’asse viario Carlo Felice in Sardegna

Forse se il Presidente Conte ci avesse raccontato questi punti, forse se avesse raccontato al Parlamento da dove dobbiamo partire per tentare di non perdere questa occasione che ci offre l’Unione Europea, forse se avesse anche anticipato che per almeno due anni questo non facile impegno dello Stato di svegliarsi dal lungo torpore non può disperdersi in vari Dicasteri, allora avremmo capito che, davvero, ci stavamo rivestendo di “maturità”, ci stavamo rivestendo di ciò che chiamiamo coscienza di Stato, e forse avremmo capito che non rispettando simili passaggi rischiamo di sentirci vincitori in una partita in cui, almeno per il momento, come ha detto bene Giuseppe Pennisi, si gioca con soldi virtuali come quelli del “monopoli”.


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