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Paolo Gentiloni

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Mi spiace ricoprire il ruolo di chi riporta sempre notizie non in linea con quelle prodotte dal Governo, mi spiace cioè prospettare sempre dei fatti che sono diversi da quelli ricchi di positività e di certezze spesso regalati da membri del Governo. Questa volta però non sono solo perché nel mese di settembre le testimonianze del Commissario Gentiloni e del Ministro Amendola non mi hanno fatto sentire più solo, al tempo stesso però, mi hanno preoccupato perché quello che è successo è paradossale.

Allora cerchiamo di analizzare in modo asettico i fatti cercando intanto di capire chi all’interno del Governo è delegato a redigere il piano di riforme che l’Italia dovrà presentare alla Commissione europea entro la metà di ottobre; tale Piano è stato ormai deciso sarà definito e approvato dal CIAE, Comitato Interministeriale Affari Europei. Il Comitato è convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri Conte o, per sua delega, dal Ministro per gli affari europei Amendola e vi partecipano il Ministro degli affari esteri Di Maio, il Ministro dell’economia e delle finanze Gualtieri e gli altri Ministri che hanno competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche all’ordine del giorno. Possono partecipare anche il presidente della Conferenza delle Regioni, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani e dell’Unione delle province d’Italia quando vengono trattate materie di loro competenza.

Il CIAE ha l’obiettivo di concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana, nella fase di predisposizione degli atti dell’Unione Europea. Una volta definite in sede CIAE le linee generali, le direttive e gli indirizzi sono comunicati al Dipartimento Politiche Europee che predispone la definizione unitaria della posizione italiana da rappresentare successivamente, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, in sede di Unione Europea. Ho voluto fare questa lunga premessa per ricordare quale sia il ruolo del Ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola; ebbene il 28 settembre il Ministro Amendola in una intervista al giornale “La Repubblica” ha dichiarato: “Per noi gli accordi di luglio vanno implementati subito.

Si è aperto però uno scontro fra Paesi come la Polonia e l’Ungheria che non vogliono interferenze o condizionali sullo Stato di diritto, e i cosiddetti “frugali” che spingono perché lo stato di diritto sia irrinunciabile per accedere ai fondi. L’Italia ha detto la sua: l’articolo 7 e le procedure sullo Stato di diritto sono fondamentali. La Germania ha un ruolo determinante in questo, sta lavorando ad una mediazione. Al contempo bisogna negoziare con il Parlamento UE. Purtroppo rischiamo di finire in una strettoia che allunga i tempi del Recovery. La Presidenza tedesca deve portare a casa questa mediazione”. Dopo queste dichiarazioni ho fatto un approfondimento ed ho appreso che è in corso una proposta ufficiosa della Germania, quale presidente di turno, in cui è possibile dare corso alla sospensione degli aiuti dal budget europeo quando le violazioni dello stato di diritto nello Stato membro colpiscono in modo sufficientemente diretto la sana gestione finanziaria del budget comunitario, o la protezione degli interessi finanziari dell’Unione. In pratica, laddove ne ricorre il caso, il meccanismo prevede che la Commissione, presenti la sua proposta al Consiglio, “che la adotterà in un mese.

Dopo questa denuncia del Ministro Amendola e dopo la difficile trattativa in corso da cui si evincono i reali rischi che il Paese sta correndo, ritengo utile ricordare le dichiarazioni che il Commissario all’economia della Unione Europea il giorno I° settembre ha esposto alle Commissioni bilancio riunite del Parlamento italiano; in tale occasione Gentiloni ha precisato: “La presentazione formale dei Piani va fatta alla fine del mese di aprile del 2021. La Commissione ha otto settimane per presentare al Consiglio i Piani ricevuti per ottenerne la approvazione. Il Consiglio ha 4 settimane per la approvazione di tali Piani. Solo dopo tale articolato itinerario sarà erogato il 10% dell’importo richiesto, mentre le altre quote saranno erogate con una cadenza semestrale in base all’avanzamento dei progetti; per cui le prime risorse non arriveranno prima della fine del secondo semestre del 2021 – e poi sempre Gentiloni ha sollevato il delicato problema del voto del Parlamento sul Recovery Fund precisando – Io mi aspetto che il Parlamento condividendo l’ispirazione del Next generation EU e avendo addirittura molto aiutato la Commissione e i Governi ad andare in quella direzione approvi la misura preliminare per consentire a questi fondi europei di essere raccolti sui mercati finanziari e confido che questo avvenga alla metà di settembre”.

Ho voluto elencare i ruoli di Amendola e Gentiloni ed ho ritenuto utile riportare delle dichiarazioni fatte dal Commissario Gentiloni il I° settembre e dal Ministro Amendola il 28 settembre perché sembra quasi paradossale che, mentre due attori chiave di ciò che sarà o dovrebbe essere nei prossimi giorni e nei prossimi quattro – cinque mesi il lavoro di costruzione e di verifica del Recovery Plan denunciano le gravi criticità in corso a livello comunitario, contemporaneamente responsabili principali del Governo come, solo a titolo di esempio il Ministro degli Esteri, continuino a ignorare questi ostacoli, continuino a raccontarci una storia che proprio in questi giorni sta incontrando gli stessi ostacoli, le stesse incertezze che erano presenti sin dalla notte del 21 luglio quando, per evitare un fallimento imperdonabile dei Paesi della Unione, si decise di costruire un risultato che oggi stiamo scoprendo essere ancora in fieri. Fatta questa precisazione dobbiamo al tempo stesso ammettere che non possiamo non disporre nel breve periodo di tali risorse, non possiamo continuare a propagandare un risultato ancora non raggiunto.

La cosa più grave è che mentre a livello mediatico si regalano queste false certezze a livello comunitario ci sono incontri, ci sono in molti casi anche pesanti scontri, su un tema davvero importante e su cui non ci sono gli ostacoli in corso sul Recovery Fund, mi riferisco in particolare alla definizione della Nuova Politica di Coesione 2021 – 2027, su tale programma la Commissione europea sta ponendo dei paletti per il reale utilizzo delle risorse e precise penalizzazioni sia per i Paesi che non hanno speso le risorse del Programma 2014 – 2020, sia per i Paesi che non garantiscono sin dall’avvio del Programma la copertura finanziaria di propria competenza. In questo acceso e non facile dibattito non vedo una presenza attiva di rappresentanti del Governo e questa sottovalutazione la ritengo pericolosa perché non vorrei che, ancora una volta. le risorse per il Mezzogiorno della Unione Europea diventassero sostitutive. L’Italia dovrebbe poter contare, secondo le ultime previsioni, su un valore globale di circa 38,6 miliardi di euro e di questa cifra la quota del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale dovrebbe essere pari a circa 23 miliardi di euro, in realtà bisognerebbe fare in modo che tale volano venisse utilizzato per la riqualificazione funzionale del sistema urbano dell’intero Mezzogiorno lasciando così al Recovery Fund il compito di garantire la copertura degli investimenti nelle grandi reti infrastrutturali e nei nodi logistici e sarebbe opportuno che, a differenza del Programma 2014 – 2020, il nostro Paese garantisse in partenza la copertura delle proprie quote.

Almeno questi tragici mesi, caratterizzati dalla pandemia, ci hanno fatto capire quanto sia difficile cambiare l’approccio della politica italiana nei confronti della programmazione comunitaria e quanto sia invece vincente la capacità mediatica nell’assicurare coperture finanziarie ancora non disponibili. Questa grave emergenza ci ha anche regalato un nuovo approccio nei confronti del Mezzogiorno perché anche attraverso questo giornale stiamo divulgando notizie che in passato era difficile leggere perché in fondo, soprattutto nell’ultimo quinquennio, i vari Governi che si sono succeduti avevano ridato a questa determinante area del Paese la vecchia condizione della rassegnazione e del convincimento diffuso di essere estranea ad ogni processo di crescita.

Forse in passato non avremmo trovato un Gentiloni ed un Amendola disposti a raccontarci le difficoltà che il Paese sta incontrando, forse in passato non ci sarebbero stati i fari accesi sui comportamenti che il Governo dovrà assumere ora, si proprio in questi giorni e in questi prossimi mesi, nei confronti del Mezzogiorno.


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