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Ursula von der Leyen

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Recovery fund, tutto da rifare. Alla fine Ungheria e Polonia esercitano il diritto di veto e impediscono l’approvazione del bilancio di lungo termine della Ue facendo mancare l’unanimità richiesta per approvare l’accordo sulle risorse proprie. Si tratta di soldi che entrano direttamente nelle casse comuni senza dover chiedere contributi ai governi nazionali, e servono a finanziare il budget settennale così come a ripagare i prestiti sui mercati che la Commissione dovrebbe contrarre per finanziare il piano per la ripresa. Con un solo colpo Ungheria e Polonia bloccano così bilancio comune e Recovery fund.

LA POSTA IN GIOCO

Quello che adesso è veramente in ballo sono i 672,5 miliardi di euro del Recovery fund, con l’Italia che rischia di veder svanire la sua quota, una delle più sostanziose (65,5 miliardi di euro a fondo perduto) e di cui tanto ha bisogno: è questo il danno economico più forte. Perché sull’altro fronte, bene o male, si andrà comunque avanti. Le regole della Ue stabiliscono che, senza un accordo sul bilancio o senza un nuovo bilancio, si procede in automatico a un’estensione tecnica del bilancio annuale all’anno successivo. Vuol dire che in una situazione di questo tipo si applicherebbe al 2021 il bilancio 2020, con gli stessi montanti, e quindi 172,5 miliardi di euro di impegni di spesa e 155,4 miliardi di euro di pagamenti aggiornati all’inflazione. Quello che balla è dunque il fondo per la ripresa, che a Polonia e Ungheria, a ben vedere, serve anche assai meno degli altri. Non ci sono estensioni automatiche per un meccanismo mai previsto prima d’ora. Così come prima d’ora una crisi d’identità di questa portata l’Europa non l’aveva mai vissuta.

RICATTI E POLEMICHE

L’oggetto del contendere sono le misure che collegano l’erogazione dei fondi al rispetto dello Stato di diritto. Se per le istituzioni comunitarie si tratta di un dispositivo necessario per garantire il rispetto dei valori fondanti della Ue che tutti i suoi membri devono rispettare, per i sempre più scomodi partner dell’Est si tratta di un’ingerenza negli affari interni. Ecco allora il ricatto che tiene ostaggio l’Europa tutta: o si sacrifica lo Stato di diritto in Polonia e Ungheria, o si perdono bilancio e Recovery fund. Comunque vada, l’Europa ha già perso. I soldi per la ripresa non sarebbero mai stati erogati prima della prossima primavera. Tardi, troppo tardi per chi ne ha davvero bisogno. L’Europa degli Stati si dimostra incapace a essere utile quanto più serve. L’Europa confederale ha dei limiti, ma l’Europa federale è un tabù per tutti.

L’Europa confederale, quella delle decisioni unanimi anziché a maggioranza, non funziona di fronte agli egoismi nazionali. Lo fa notare l’europarlamentare liberale olandese Sophie in ‘t Veld: «In un’Europa governata da veti, il boss è Victor Orbán. Un leader autoritario che, senza batter ciglio, prende in ostaggio i fondi per la ripresa per proteggere la sua cricca corrotta». La capodelegazione del Movimento 5 Stelle, invece, se la prende con le opposizioni d’Italia: «Ancora una volta gli amici europei di Salvini e Meloni dimostrano la loro vera natura politica: sono anti-italiani e anti-europei. Bloccare il via libera al prossimo bilancio pluriennale Ue e al meccanismo per la ripresa in piena crisi economica e sanitaria è da irresponsabili».

L’UNGHERIA NON CEDE

Per la Commissione europea parla il commissario per il Bilancio, l’austriaco Johannes Hahn: «Esorto gli Stati membri ad assumere la responsabilità politica e ad adottare le misure necessarie per finalizzare l’intero pacchetto. Perché qui non si tratta di ideologie, ma di aiuto ai nostri cittadini nella peggiore crisi dalla Seconda guerra mondiale».

Da quello scontro fra potenze europee gli europei uscirono male, da questo nuovo scontro politico rischiano di uscire anche peggio. C’è la tenuta dell’Unione in gioco, anche se allo stato attuale si pensa al Recovery fund. L’Ungheria, però, tira dritto. Il portavoce internazionale del governo e membro del gabinetto di Orban, Zoltan Kovacs, accusa il Parlamento europeo: «Un veto ungherese può determinare una crisi? L’onere della responsabilità ricade su coloro che hanno dato origine a questa situazione nonostante la posizione ben articolata dell’Ungheria. La posizione ungherese era chiara da tempo, visto che il governo ha ricevuto un mandato chiaro dal Parlamento», vale a dire nessuna condizionalità sul rispetto dello Stato di diritto. Insomma, è caos. La Ue continua a mostrare lacerazioni interne incolmabili e continua a non avere le risorse per rispondere alle crisi. Crisi economica, ma a questo punto anche profondamente politica.


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