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Gli effetti della pandemia cominciano a vedersi, oltreché andando in giro per le città, anche nei dati statistici. Ieri l’Istat, come è noto, ha pubblicato i dati relativi alla povertà assoluta.

Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia di povertà assoluta (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, ripartizione geografica e tipo di Comune di residenza). Così l’Istat, con linguaggio professionale, definisce nel suo glossario la sua classificazione di povertà assoluta.

COSA SIGNIFICA RELATIVA E ASSOLUTA

Ma, per intenderci, si inseriscono nella soglia di povertà assoluta le famiglie che non possono permettersi la spesa minima necessaria per acquisire beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta. Essere inseriti in povertà assoluta è un fatto diverso se si abita nel Sud o nel Nord, se si abita in città o in un piccolo Comune del Paese. Nel senso che la soglia per il Nord è più alta che nel Sud, cioè si può essere inseriti al Nord anche avendo risorse maggiori di una famiglia del Sud.

Ma che vuol dire povertà assoluta e povertà relativa? La prima tiene conto della possibilità di avere i beni necessari per la sopravvivenza, mentre la seconda fa riferimento al livello complessivo della realtà circostante. In genere si parla di povertà assoluta per i Paesi in via di sviluppo, dove c’è gente che muore letteralmente di fame. Da noi, normalmente, si parla della povertà relativa. Per cui può sentirsi povero in maniera relativa anche il ragazzo che non riesce ad avere lo stesso tipo di consumi che hanno i suoi coetanei.

Ma qui parliamo di quella assoluta, ed è grave che aumenti in un Paese industriale del G8.

L’ASPETTO STRUTTURALE

Si capisce anche che il Nord stia soffrendo di più del Sud in termini di incremento, nel senso che il passaggio da una condizione di sopravvivenza relativamente discreta a quella, invece, in cui non riesci più a mettere insieme pranzo e cena è più frequente se prima avevi due lavori in famiglia e poi non li hai più.

Secondo le stime preliminari del 2020 la povertà assoluta raggiunge in Italia i valori più elevati dal 2005 (ossia da quando è disponibile la serie storica per questo indicatore).

Guardando questi dati bisogna stare attenti a distinguere l’aspetto strutturale da quello congiunturale. Il 2020 è l’anno della difficoltà del Covid, Che ci stiamo portando dietro anche nel 2021.

Era evidente, e dovevamo prevederlo, che molte famiglie avrebbero avuto grandi difficoltà, soprattutto quelle a cui è venuto meno il lavoro, malgrado la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti.

L’aspetto strutturale, invece, è quello relativo a un Paese che sta dimostrando tutte le difficoltà derivanti da una crescita contenuta che risale ormai al 2008. Per cui i livelli di tale anno in termini di reddito prodotto complessivo non si sono ancora raggiunti.

Anche in questo dato per il Sud viene drammaticamente racchiuso il tema dell’errore fondamentale che i nostri padri della patria dopo la seconda guerra mondiale commisero nel ritenere che potesse partire una locomotiva Nord, tagliando uno stivale che poteva anche affondare da solo. Tale approccio è reso evidente dalla decisione di lasciare una parte del Paese senza collegamenti, sia nel prevedere l’Autostrada del Sole che si fermava a Napoli come un’Alta velocità ferroviaria che si è fermata a Salerno.

Il presidente Draghi ovviamente si sta occupando di rimettere in moto la locomotiva che si è fermata causa Covid. Ed è questa certamente un’operazione indispensabile, che passa però attraverso quella vaccinazione di massa che ancora in Italia non si vede.

LA BASE PRODUTTIVA

Ma questo è soltanto un problema di qualche mese, dopodiché si potrà ripartire con la riapertura che dovrebbe far rientrare anche questi tassi di povertà assoluta che si sono registrati nel nord del Paese.

Quelli che invece si registrano al Sud purtroppo non riguardano la contingenza, non sono congiunturali, ma sono strutturali e quelli sarà molto più difficile eliminarli. E allora se si vuole intervenire in maniera adeguata è necessario occuparsi proprio degli interventi strutturali, e per il Sud significa ricostruire una base produttiva.

Quella che era presente all’atto dell’Unità d’Italia che vedeva nel manifatturiero un numero di addetti del Mezzogiorno più o meno uguale a quelli del Centro Nord e che oggi invece vede un manifatturiero totalmente assente.


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