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Come è bello assistere ai convinti ripensamenti da parte di chi invece aveva riposto grande fiducia negli impegni assunti dai governi che, dal 2015 in poi, si sono succeduti nella gestione del comparto delle infrastrutture.

Come è bello leggere in prima, in seconda e in terza pagina del giornale “Il Sole 24 Ore” i seguenti titoli: «Grandi opere, il blocco degli appalti dal 2017 aperto un cantiere su tre» e, cosa ancor più grave, sempre in tali articoli, riscontrare un dato che da ben quattro anni denuncio sistematicamente e che solo oggi un quotidiano come Il Sole 24 Ore ha ribadito in modo formale e cioè: «I cantieri aperti in un arco temporale di cinque anni non superano il valore globale di 5 miliardi di euro».

In proposito voglio riportare un passaggio dell’articolo da cui si evince che la responsabilità non va ricercata nelle grandi stazioni appaltanti come Rete Ferroviaria Italiana o Anas, ma in coloro che sono preposti alla verifica diretta del rispetto delle procedure emanate dal governo e dal Parlamento per dar consistenza reale proprio alla volontà di «sbloccare opere ferme anche se già coperte finanziariamente e supportate da tutti i processi autorizzativi».

DISINFORMAZIONE E TECNICA MEDIATICA

In particolare, nell’articolo si dice: «È vero che la pandemia ha costretto molte stazioni appaltanti a rinviare scadenze e assegnazioni. Ma è un fatto che le norme del decreto Semplificazioni (articolo 8), entrate in vigore a luglio 2020 proprio come antidoto a questa situazione, sono rimaste lettera morta. L’idea era quella di imporre alle Pubbliche amministrazioni di aggiudicare entro il 31 dicembre 2020 le gare scadute prima del 22 febbraio 2020.

Qualcuno lo ha fatto? Gli addetti ai lavori rispondono di no». E ancora: «Bandire la gara non vuol dire produrre effetti di spesa immediati sul mercato, è un dato che la politica che decide come, quanto, dove e quando investire non può più fare finta di non vedere».

Ebbene, tante volte, attraverso miei articoli sulla stampa o sui miei blog nel sito stanzediercole, ho ricordato questi dati e ho denunciato in più occasioni che i “cantieri aperti per oltre 90 miliardi” annunciati nel 2015, che i “cantieri aperti per oltre 70 miliardi” annunciati nel 2018, che “i cantieri aperti per oltre 17 miliardi nel solo anno 2020 annunciati dalla ministra De Micheli” o erano frutto di una cattiva informazione fornita ai vari ministri dalla struttura del Dicastero o erano solo effetto di una gratuita tecnica mediatica basata essenzialmente sull’annuncio e non sulla concreta attivazione della spesa.

E in questo la connivenza dell’intero governo con il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti era e rimane piena perché, trattandosi di risorse in conto capitale, il blocco di tali assegnazioni si trasforma in un contenimento del debito pubblico e, soprattutto, trattasi di una spesa che non produce un immediato consenso perché il reale vantaggio generato da un’opera infrastrutturale lo si ottiene in un arco temporale lungo non congeniale con la vita corta dei governi.

E, cosa davvero interessante, compaiono, sempre su “Il Sole 24 Ore”, dichiarazioni del presidente dell’Ance, Buia, e precisazioni di Giorgio Santilli che ancora una volta confermano quanto più volte ricordato al ministro Delrio, al ministro Toninelli e alla ministra De Micheli e rimaste sempre inascoltate. In particolare Buia ha precisato: «Lo sblocco delle procedure autorizzative e uno snellimento del sistema normativo che regola il settore degli appalti pubblici appare una emergenza assoluta; non servono ulteriori semplificazioni per le procedure di gara, occorre evitare quella instabilità regolatoria che, come è noto, scoraggia e rallenta gli investimenti».

CINQUE PUNTI CHIAVE

Sempre nell’articolo, l’Ance precisa: «Le deroghe introdotte si dovrebbero concentrare sui seguenti aspetti:

• In assenza di progetto, l’obbligo di procedure aperte o ristrette, con formula dell’appalto integrato su definitivo per le nuove opere sopra un milione di euro.

• L’applicazione delle sole clausole europee di esclusione dalle gare “a recepimento obbligatorio”.

• L’obbligo di suddivisione in lotti quantitativi delle opere a rete.

• L’obbligo di avvio dell’azione per responsabilità erariale per inerzia in caso di mancata attuazione dell’articolo 8 del decreto legge Semplificazione.

• La sospensione dell’applicazione dei reati di abuso d’ufficio per superare il fenomeno del “blocco della firma” da parte della Pubblica amministrazione.

Ma queste richieste l’Ance le aveva avanzate nel 2016 al ministro Delrio, nel 2018 al ministro Toninelli, nel 2019 alla ministra De Micheli appena insediata in occasione proprio dell’Assemblea dell’Ance: e la cosa ancor più grave è che lo stesso decreto legge 76 del luglio 2020 convertito nella legge 120 dell’11 settembre 2020 non ha ancora trovato applicazione.

LA LOGICA DEI SUSSIDI

E allora si conferma ancora una volta la mia sistematica denuncia: finora i governi che si sono succeduti hanno perseguito la logica dei sussidi, la logica delle spese in conto esercizio e hanno preferito annunciare gli atti programmatici senza poterli attuare in concreto. Siamo infatti ricchi di Contratti di programma delle Ferrovie dello Stato e dell’Anas, ma finora, per aprire cantieri si è andati avanti solo grazie alla ricerca sul mercato di risorse da parte sia di Ferrovie dello Stato che di Anas; d’altra parte ho già riportato altre volte quanto dice l’articolo 1 comma 1037 della legge di Stabilità 2021, la n° 178 /2020, in particolare: Per l’attuazione del programma Next Generation EU è istituito nello stato di previsione del ministero dell’Economia e delle Finanze quale anticipazione rispetto ai contributi provenienti dall’Unione Europea, il Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU–Italia, con una dotazione di 32.766,6 milioni di euro per l’anno 2021, di 40.307,4 milioni di euro per l’anno 2022 e di 44.573 milioni di euro per l’anno 2023. Penso sia chiaro che senza le risorse del Recovery Fund continueremo a proporre decreti legge sulla “semplificazione”, continueremo a ritardare o a non varare i decreti attuativi e a dare la colpa alla burocrazia o alle stazioni appaltanti. C’è però in questo momento un fatto nuovo e positivo: il ministro dell’Economia e il presidente del Consiglio sono sicuro per la loro provenienza consolidata dal mondo dell’economia e della finanza non accetteranno più il triste e assurdo comportamento che ha caratterizzato i governi succedutisi dal 2015 ad oggi. C’è un dato che, ripeto, non ammette scuse: il valore dei cantieri aperti negli ultimi cinque anni è di soli 5 miliardi di euro.


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