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I lavori di "Sud-Progetti per ripartire"

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«Con questa campagna d’ascolto ci siamo posti l’obiettivo di porre il Sud non solo al centro del dibattito pubblico nel nostro Paese ma al centro delle azioni operative di questo governo. È la strada che vogliamo intraprendere, che abbiamo già iniziato a intraprendere». Lo ha detto il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, aprendo i lavori della prima giornata di “Sud-Progetti per ripartire”.

«Questo confronto – ha aggiunto – non è il solito dibattito nato per parlare del Sud ma nasce per parlare con il Sud, con i sindaci, con le sindache che sono i più vicini ai territori e ai cittadini, con i presidenti di Regione che avranno un ruolo cruciale nella gestione dei fondi e dei programmi. Con le imprese che al Sud reggono, nonostante tutto, nonostante un clima spesso ostile. Con i lavoratori, i professionisti, il mondo della scuola, delle università, i giovani, le donne, tutti devono sentirsi parte di una strategia comune e di un percorso che abbiamo il dovere di tracciare. Non siamo qui per partecipare all’ennesimo dibattito sul Sud ma per avviare una grande impresa collettiva e dovremo essere all’altezza di questa grande responsabilità», ha concluso.

Draghi: «Far ripartire il processo di convergenza Sud-Nord»

Ai lavori in modalità on line è intervenuto il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi. «Obiettivo del governo – ha detto Draghi – è far ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e centro-Nord che è fermo da decenni. Anzi, dagli inizi degli anni ’70 a oggi è grandemente peggiorato. Il prodotto per persona nel Sud è passato dal 65% del Centro Nord al 55%. Negli ultimi anni, c’è stato un forte calo negli investimenti pubblici, che ha colpito il Sud ovviamente insieme al resto del Paese. Tra il 2008 e il 2018, la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è infatti più che dimezzata ed è passata da 21 a poco più di 10 miliardi».

Draghi ha poi aggiunto: «Per la prima volta da tempo, abbiamo l’occasione di aumentare la spesa in infrastrutture fisiche e digitali, nelle fonti di energia sostenibili. Le risorse di Next Generation EU si aggiungono ad ulteriori programmi europei e ai fondi per la coesione, che mettono a disposizione altri 96 miliardi per il Sud nei prossimi anni. Divenire capaci di spendere questi fondi, e di farlo bene, è obiettivo primario di questo governo» ha proseguito il premier.

«Vogliamo fermare l’allargamento del divario e dirigere questi fondi in particolare verso le donne e i giovani. Il nostro, il vostro successo in questo compito può essere anche un passo verso il recupero della fiducia nella legalità e nelle istituzioni, siano esse la scuola, la sanità o la giustizia.  In questa sfida un ruolo cruciale è anche vostro, classi dirigenti. Ma un vero rilancio richiede la partecipazione attiva di tutti i cittadini», ha concluso.

De Luca: «Decidere su Meridione significa decidere per il Paese»

«Decidere quello che dev’essere il Mezzogiorno significa decidere cosa deve essere l’Italia nel futuro». È la riflessione del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che nell’intervento al convegno “Sud- Progetti per ripartire” invita a fare «un’operazione verità» su quest’area del Paese. «Siamo passati dal 4-4,5% del mercato mondiale a meno dell’1,8% – ha ricordato il governatore – siamo stati scavalcati nella classifica del Pil da tanti Paesi e il Sud non ha ancora recuperato i posti di lavoro persi nella crisi del 2009». Questo divario, sottolinea, «rischia di tramutarsi in un problema di desertificazione».

Per questo, De Luca approfitta dell’iniziativa organizzata dal ministro Mara Carfagna in vista dell’elaborazione del Pnrr, per ribadire che il Mezzogiorno deve ricevere «almeno il 50% delle risorse». Auspica inoltre che in Italia emerga «una spinta patriottica vera, come quella emersa in Germania dopo la caduta del Muro». Invece, fa notare, «qualcuno al Nord si era illuso di poter fare della Padania una Baviera più grande e molto ricca. Così – prosegue – l’Italia rischia di non contare più nulla sul piano politico e di non difendere i punti di forza del nostro sistema industriale, che invece vanno difesi con i denti». In questi anni, evidenzia il governatore della Campania, nel Sud i fondi aggiuntivi «sono diventati fondi sostitutivi della spesa ordinaria. E quando si parla di Sud – continua – si continua a parlare di spesa storica, tanto che chi ha avuto di più in passato ad avere più risorse e chi ha avuto meno continua ad avere meno».

Emiliano: «Investire su welfare, giustizia, formazione e sanità»

«Prima del Covid avevamo uno dei primi tre pil italiani ma purtroppo al momento continuiamo ad avere un gap sul welfare: noi abbiamo bisogno di asili nido e di fare il tempo pieno a scuola. Il Sud ha bisogno di recuperare in termini di vivibilità investendo sul welfare, sulla giustizia, sulla formazione e la sanità». Lo ha detto il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, intervenendo in videoconferenza. «Noi riteniamo che sia impossibile raggiungere gli obiettivi fino al 2026 con le regoli attuali», ha detto ancora Emiliano. «Il codice degli appalti non lo devo commentare io, ma prego che dentro le norme per i fondi straordinari sia consentito di alternare contenziosi tra imprese senza bloccare le opere. Noi siamo un Sud che negli ultimi 15 anni ha funzionato, abbiamo fatto bene sui fondi Ue, abbiamo inserito centinaia di professionisti e siamo una regione con un numero ridotto di dipendenti», ha osservato ancora il governatore della Puglia.

Spirlì: «C’è bisogno di infrastrutture»

«La Calabria ha tre industrie da salvare: sanità, scuola e porto di Gioia Tauro. Aggiungo un ponte che unisca due territori dell’Europa, di questo abbiamo bisogno, di infrastrutture». Lo ha detto il presidente facente funzione della Regione Calabria Nino Spirlì intervenendo ai lavori della prima giornata di “Sud – Progetti per ripartire”.

«Il presidente del Consiglio Mario Draghi dice aumentare la spesa per interventi su infrastrutture fisiche e digitali su tutto il territorio – ha sottolineato Spirlì -. È giusto. Ma dove già ci sono andranno risistemate, dove non ci sono vanno costruite e portate allo stato delle altre. Si guarda verso il Sud con una sorta di paternalismo, come per dire “vi aiuteremo a sopravvivere” mentre si sa perfettamente che nessuno ne ha voglia da altre parti – ha detto ancora Spirlì -. L’Italia non ci considera ancora Italia, l’Europa non ci considera Europa perché se così fosse si dovrebbero ricordare tutti che siamo la porta nel Mediterraneo. Abbiamo il porto di Gioia Tauro che è il più importante nel Mediterraneo. Lo Stato italiano e l’Europa devono ricordarsi di collegare la prima stanza di casa con il resto delle stanze, aggiustando i corridoi infrastrutturali. Penso all’alta velocità, alle strade vere».

Musumeci: «Sud questione europea»

«Se vogliamo recuperare il Mezzogiorno, a Roma e a Bruxelles devono convincersi che la questione è nazionale ed europea». È quanto sostenuto dal presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, nel corso della conferenza sui temi del Mezzogiorno. «Serve urgentemente un Tavolo sul futuro del Sud, e noi siamo pronti a farne parte – ha detto Musumeci al ministro Carfagna – per affrontare urgentemente questi temi, compresa la destinazione dei fondi del Recovery Plan dei quali non abbiamo notizia perché pare sia stato tutto deciso nei palazzi romani. E non è certo questa la soluzione».

«Smettiamola – ha aggiunto il Governatore siciliano – con il luogo comune della problematica sulla legalità nel Sud. Andava bene dieci o venti anni fa. Oggi il fattore criminalità, che c’è ed è presente, non può essere più considerato una diseconomia se paragonato alla paurosa carenza di infrastrutture e alle procedure burocratiche. Come si può parlare di alta velocità se bisogna far fermare i treni veloci a Reggio Calabria, fare scendere i passeggeri e farli salire su un traghetto? Ancora si discute su “ponte sì o ponte no”».

«In altre parti del mondo – ha continuato Musumeci – un ponte si fa in due anni e qui, invece, se ne parla da cento. Per realizzare un’opera pubblica in Sicilia sono necessari 5,2 anni, quando ne basterebbero uno o due. Dateci gli strumenti, diteci qual è la prospettiva euromediterranea della Sicilia, o se dobbiamo continuare solo a salutare le navi che passano da Suez senza fermarsi nei nostri porti. Non è possibile – ha concluso il Governatore – che i siciliani debbano pagare 600 o 700 euro il biglietto aereo per recarsi a Milano. Il Sud non vuole, e non può più, essere considerato una zavorra».


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