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Mara Carfagna

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Vale circa 82 miliardi il 40% delle risorse del Recovery Plan per il Mezzogiorno: una percentuale calcolata al netto del Fondo di sviluppo e coesione e del React Eu.

E con riferimento esclusivamente ai 191,5 miliardi in dote al Piano nazionale di ripresa e resilienza e ai 30 miliardi del Fondo complementare destinato a finanziare i progetti che superano l’arco temporale del Next Generation Eu (che si chiude nel 2026) – come l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria – o che non si adattano perfettamente alla cornice disegnata da Bruxelles.

Calcolatrice alla mano, il 40% si applica quindi su 221,5 miliardi cui bisogna sottrarre i 17,5 miliardi non “territorializzabili”, ovvero destinati a progetti dell’amministrazione centrale. Risultato: 81,6 miliardi destinati alla ricostruzione del Mezzogiorno.

Alla vigilia della presentazione del Pnrr prima al Parlamento e poi a Bruxelles entro il 30 aprile, il ministero del Sud declina le risorse cui attinge la “quota Sud” del 40% rintracciabile nel capitolo che raccoglie i progetti e individua le risorse destinate alle regioni meridionali.

Chiarendo una volta di più che alla definizione del budget si arriva senza considerare i 16,8 miliardi sui 21 del Fondo di Sviluppo e Coesione – secondo il riparto 80% al Sud e 20% al Nord – e gli 8,5 su 13,5 miliardi del React Eu (il 64%).

«Un’esigenza di trasparenza che dobbiamo a venti milioni di meridionali», sottolinea il ministro Mara Carfagna. Ma anche una risposta agli attacchi di chi – in testa il neo vice capogruppo del Pd alla Camera, Pietro De Luca – nei giorni scorsi continuava a sostenere che la quota riservata al Mezzogiorno comprende le risorse dell’Fsc e che pertanto l’ammontare reale degli interventi per il Sud arriva a malapena a sfiorare il 34%.

Alla «disinformazione» e alle «fake news che avvelenano il dibattito sulla quantità di fondi destinati al Sud», Carfagna risponde punto per punto: «Non è vero che al 40 % della dotazione si arriva mettendo insieme il budget del Pnrr e il budget del programma React-Eu: il programma React-Eu è stato da me consegnato una settimana fa a Bruxelles, è una linea di finanziamento separata e su 13,5 miliardi complessivi ben 8,5 sono stati destinati al Meridione».

Quanto al Fondo di sviluppo e coesione, «non è vero» che il Pnrr ne ha assorbito i soldi, afferma il ministro, ma «come ha definitivamente chiarito il Def, il Fondo si limita a fornire un’anticipazione e sarà reintegrato man mano che arriveranno i finanziamenti da Bruxelles. Chiunque usi queste argomentazioni per costruire una critica al governo o è disinformato o è in malafede».

Dalla “difesa” all’attacco: nel sollecitare l’adozione di «un nuovo approccio politico e culturale alla ricostruzione del Mezzogiorno», e demolendo il “benaltrismo” – il «‘servirebbe ben altro’ mito incapacitante di un certo meridionalismo» – Carfagna chiama in causa le responsabilità «di più generazioni politiche» che lo hanno usato come alibi per giustificare «le loro inefficienze».

«La contestazione dei criteri di riparto territoriale del Pnrr ha un suo fondamento ‘teorico’ ma scarsa ricaduta pratica. È vero – afferma Carfagna – che un anno fa, quando l’Europa varò l’operazione del Next Generation Eu, la suddivisione dei fondi tra gli Stati fu decisa in base a un algoritmo che valorizzava i dati del Pil, del numero degli abitanti e della disoccupazione. È vero che quel principio, se fosse stato adottato a livello nazionale per dividere i fondi tra Nord e Sud, avrebbe premiato il Sud con una quota superiore al 60 %. Ma questo non è successo. L’esecutivo dell’epoca ha scartato l’idea e ha costruito diversamente l’impalcatura del Recovery Plan sulla quale tutti noi, successivamente, abbiamo dovuto lavorare».

Come a dire, il danno è stato fatto dal precedente esecutivo. «Il solo fatto di aver costruito in otto settimane una quota Sud pari al 40 % – puntualizza il ministro – di aver qualificato trasversalmente alle missioni del Pnrr un Capitolo Sud che non esisteva; di aver rispettato le scadenze europee, e quindi di poter beneficiare delle anticipazioni, è una ‘missione compiuta’ che fino a due mesi fa nessuno poteva dare per scontata».

La quota Sud, aveva sostenuto, il ministro potrebbe ancora salire se si riuscissero a scardinare bizantinismi burocratici e inefficienze amministrative che minano la ricettività da parte del Meridione di alcune misure nazionali, come il Superbonus di cui, secondo le stime, il territorio riesce ad assorbire solo il 9% delle risorse, 1,72 miliardi su un plafond di 18,72.

Intanto, per citare qualche numero, nel Capitolo Sud la dote meridionale per le infrastrutture vale il 52% dei fondi, il 36,1% quella per la digitalizzazione – in particolare, la percentuale per gli investimenti sulla banda ultra larga si stima pari al 48% – mentre sull’istruzione e la ricerca la quota arriva al 45,7%.


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