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Dobbiamo garantire welfare, una casa ed una occupazione. Così il Presidente Draghi al Senato nel suo lungo discorso illustrativo del Piano di Ripresa, non Recovery Plan, vista la sua preferenza ad un linguaggio con meno inglesismi. Ed in realtà su due dei tre obiettivi mi pare si stia lavorando bene.

Continuare con il reddito di cittadinanza è corretto anche se come prevedibile, dal reddito medio pro capite del Mezzogiorno, sta costando cifre importanti. Parliamo di 12,28 miliardi in due anni, da aprile 2019 a febbraio 2021. Anche sugli asili nido, sulla scuola mi pare che si stia cercando di interrompere quella discrasia tra risorse e quindi servizi forniti al Nord ed al Sud.

Qualcuno si stupisce che il Rdc nella sola Napoli assorba quanto tutto il Nord. Evidentemente non si era reso conto del disagio esistenziale che vivono molte delle famiglie Sudice (del Sud) e non aveva molta dimestichezza con i dati. Per la casa mi pare che le misure pensate, come quella di non richiedere anticipo per l’acquisto dell’abitazione ai giovani e di farla anticipare allo Stato, insieme con i bassissimi tassi praticati e la facilità ad avere un mutuo velocemente, può raggiungere un obiettivo importante. Quello di consentire a tanti ragazzi di farsi una famiglia, importante non solo per dare ad ognuno la possibilità di un progetto di vita, ma anche per consentire al Paese di bloccare la deriva demografica, che potrebbe far risolvere tutti i problemi dell’Italia per mancanza di italiani.

Il terzo obiettivo però è di quelli epocali, incompatibile con i tempi che Draghi ha a disposizione, anche se possono essere messe le basi per la sua risoluzione.  Bene deve essere chiaro a tutti che il problema occupazionale è prevalentemente un dramma del Sud. Se si guardano le Regioni italiane del Centro Nord, che vivono anch’esse problemi di crisi aziendali, difficoltà dei giovani di trovare occupazione facilmente, ci si rende però conto che il rapporto tra popolazione e occupati, anche se non arriva al 50% ed oltre dell’Olanda, in realtà va oltre il 45%.

Se invece si va al Sud ci si accorge, in linea con l’utilizzo del reddito di cittadinanza, che su quasi 21 milioni di abitanti lavoravano, prima della pandemia, soltanto 6 milioni di persone compresi i sommersi. Un po’ di più di una persona su quattro quando il bench marck dovrebbe essere una persona su due.

Ed allora é chiaro che i posti di lavoro mancanti all’appello sono nell’ordine di poco più di tre milioni. Per questo é una missione impossibile anche per dei super men. 

Abbiamo visto guardando i dati degli ultimi dieci anni del Sud che tale dato é rimasto fermo e che i fondi che dovevano essere aggiuntivi dell’Unione Europea, a mala pena sono riusciti a mantenere l’occupazione esistente.  Dimostrando che l’imprenditoria locale ha raggiunto il suo massimo anzi deve essere aiutata, come si sta facendo, con il cuneo fiscale ridotto, a rimanere sul mercato. 

É chiaro che nessuno si può aspettare che tale nuova occupazione si possa creare solo al Sud e che una quota di persone dovranno spostarsi, con tutte i drammi personali ed il depauperamento del territorio che ciò comporta. Ma non credo che nessuno pensi ad un trasferimento in massa dei giovani meridionali, anche perché il welfare, che Draghi invoca, limita inevitabilmente tale esodo. Facendo preferire al giovane cameriere meridionale di stare a Napoli, con il suo magro reddito di cittadinanza, piuttosto che trasferirsi in un albergo di Venezia con 1200 € al mese e l’esigenza di chiedere aiuto alla famiglia per sopravvivere.

 La normativa riguardante le Zes ha proprio lo scopo di accelerare lo sviluppo attraendo investimenti dall’esterno, operazione sulla quale i riferimenti del Presidente sono stati frequenti, ma che prevede una credibilità dello Stato italiano, che recentemente aveva perso, nonché condizioni di infrastrutturazione e di contenimento della criminalità, che ancora non si hanno, oltre che un costo del lavoro più basso, che il cuneo fiscale ridotto permette, oltre che una tassazione più contenuta degli eventuali utili che in qualche modo si sta attuando.

Non mi pare però che tra gli obiettivi espressi che vi sono nel Piano vi siano anche quelli quantitativi dell’occupazione, un traguardo più importante di quanto non possa essere quello della crescita del reddito, ad esso collegato, ma di secondo livello. Perché se l’aumento del Pil è importante, è fondamentale che sia collegato ad un aumento delle possibilità di occupazione.

Sarebbe interessante quantificare tali numeri per poter monitorare il successo del Piano, magari dividendo l’occupazione obiettivo per branche: agricoltura e pesca, manifatturiero, costruzioni, servizi, distinguendo quelli della pubblica amministrazione ma anche quelli del commercio e del turismo.

In tale logica non mi pare siano fissati obiettivi di presenze turistiche da raggiungere né strumenti particolari per portare gli 80 milioni di presenze, che il Sud ha, pari a quelle del solo Veneto. Forse una normativa per delle Zes turistiche che rispecchi quella delle Zes manifatturiere potrebbe facilitare il percorso. Ovviamente una tale articolazione degli obiettivi é molto impegnativa ed anche facilmente può evidenziare il fallimento anche parziale. Ma come per i vaccini, per i famosi 500 mila giornalieri che dovremmo raggiungere a fine mese, l’evidenza del mancato goal diventa plastico.    

Approccio impegnativo e molto serio e complesso, mi rendo conto, ma non siamo in un momento particolare con una guida eccezionale e con quasi tutti i partiti nella coalizione? Se non si possono chiedere tali traguardi ad un governo Draghi certamente non li si potranno chiedere a nessun altro Governo successivo. Se non ora quando e se non ci prova il Governo dei migliori chi altri? L’esigenza di andare per budget quantitativi anche per il numero di occupati è fondamentale.


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