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Il testo del Pnrr su uno scranno della Camera dei Deputati

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Il corposo, complesso documento che vara il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) già in viaggio per Bruxelles, offre importanti risposte agli interrogativi che le due precedenti versioni sollecitavano immediatamente. Oltre al tema della governance e di come “mettere a terra” più di 200 miliardi di euro di progetti, per il quale rilevanti indicazioni ci sono, sia pure da rendere esplicite e cogenti, la risposta più rilevante è quella che non elude le chiare, direi perentorie, condizionalità poste dalla Ue: quella sul Mezzogiorno che – pur non esplicitamente, di default – è il “cuore” del Pnrr.

IL SECONDO MOTORE

Da valutare con estrema attenzione è come il problema, oltre a risultare centrale in termini quantitativi lo sia parimenti e adeguatamente dal punto di vista qualitativo, una condizione di coerenza indispensabile per raggiungere l’obiettivo che non è solo quello di invertire la rotta seguita da venti anni, bensì di farlo stabilmente, rapidamente e con adeguati immediati risultati.

In estrema sintesi definire il tema Sud come “cuore” del Pnrr, quello del Southern Range, della riconnessione dell’Italia, del suo protagonismo nel Mediterraneo significa porsi il problema se e come questo Sud, liberato dal recinto delle politiche regionali di coesione e grazie alla “terapia” di serie politiche nazionali, riesca ad accendere e mettere a regime quel secondo motore di cui la Svimez da oltre 15 anni segnala l’urgenza, non per sottrarre ruolo o funzione alle “locomotive” ma per porre rimedio allo scarrocciamento del Paese che da troppi anni va alla deriva.

Una strategia da “secondo motore”, a risorse date, coerente con l’approccio egregiamente illustrato da Galimberti su queste colonne nel suo commento al Quaderno Svimez n° 65 è rinvenibile nel Pnrr, direi ampiamente possibile se si vuole leggere con queste lenti il mare magnum delle missioni-riforme-intenzioni del Pnrr. A incoraggiare a mettere in pratica questa lettura possibile è da segnalare l’importante adesione della stessa Confindustria nazionale alle sollecitazioni “partite” dalle Confindustrie delle regioni del Sud rese edotte, per così dire, da riflessioni su questa linea. Non ci appassiona il puntiglioso controllo delle quote di risorse, ma ovviamente quello di come e se l’attenzione inevitabile al Sud significhi qualcosa in più di un’attenzione “di soccorso civile o risarcitorio”. Non sarebbe quello un modo efficace per fare fronte a un disastro documentato ampiamente dall’operazione che ha svelato una verità che – ben nota da anni – è emersa con precisione grazie alla “costanza della ragione” esercitata da queste colonne applicando il principio di mettere numeri dietro ai fatti.

IL RUOLO CHIAVE DEI LEP

Alcune sintetiche considerazioni sono doverose per il buon esito dell’operazione. Anzitutto fissare chiari paletti nella confusione istituzionale che regna sovrana oggi più di ieri nei rapporti tra i vari livelli di governo del territorio. Come dice con estrema chiarezza la lettera “n” dell’acronimo, il Pnrr appena varato è un piano “nazionale” di interventi (investimenti, riforme, missioni, ecc.). Il che dovrebbe rendere chiaro come esso si rapporti ai diversi livelli di governo del territorio, specie laddove, soprattutto le Regioni, si reclamano dandoli per scontati diritti alla titolarità delle risorse laddove, invece, dovrebbe intendersi un dovere a partecipare con efficienza ed efficacia alla realizzazione del piano nazionale. Strettamente connesso a questo non secondario motivo di pericolosa confusione è un altro aspetto molto rilevante che – a seconda di come sarà gestito – condizionerà il percorso del Pnrr  nella conduzione della “politica economica ordinaria” di allocazione delle risorse ordinarie erariali per sanità, istruzione e mobilità. È ben noto il criterio “provvisorio” in uso da oltre 20 anni, quello della spesa storica territoriale che è all’origine di distorsioni e disuguaglianze territoriali che l’Operazione verità ha sviscerato nei più minuti particolari.

È motivo di seria preoccupazione che su questo “criterio ordinario” non ci sia un pronunciamento. Non vorremmo che la soluzione sia di attendere la mitica fissazione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni, espediente che ha legittimato finora questo illegittimo regime “provvisorio” fuori dalla legge (la 42/2009) e dalla Costituzione.

Non ci vuol molto per capire che, quale che sia l’insormontabile problema che non li ha resi finora identificabili, se mai potranno definirsi Lep “virtuali’, quelli “effettivi” risulteranno da una procedura di ripartizione-allocazione soggetta a vincoli di bilancio a cui dovrà conformarsi qualsiasi prescrizione “virtuale”. Per eliminare questa assurdità occorre partire proprio dalla spesa storica nazionale pro-capite di lungo periodo e procedere all’allocazione sui territori. Rischia altrimenti di essere un futile diversivo continuare a invocare chimerici Lep quando è possibile procedere con accuratezza all’elaborazione di una strategia allocativa basata sulla ricchissima evidenza disponibile da 20 anni di rilevazioni dei Conti pubblici territoriali che rendono disponibile per ogni singolo servizio il più attendibile standard regionale e nazionale. Il Pnrr dovrebbe cogliere l’occasione per non eludere un problema che contraddice lo spirito della sua missione.

Adriano Giannola, presidente Svimez


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