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Una famiglia in vacanza

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Quasi la metà delle famiglie con figli anche quest’anno non potranno permettersi di andare in vacanza. Nemmeno per una settimana. A soffrire di più saranno i nuclei familiari con un solo genitore, il più delle volte donna, con un peggioramento generale delle condizioni di vita di tanti bambini ed adolescenti per i quali un viaggio o una villeggiatura, anche brevi, non rappresentano solo un momento di svago, ma anche un beneficio per la salute e per la crescita sociale ed educativa.

Ad essere penalizzati, ovviamente, le famiglie più deboli, che l’ultimo anno e mezzo di pandemia ha finito per impoverire quasi del tutto. I fattori più a rischio – come sempre – sono i divari sociali ed educativi preesistenti e la composizione del nucleo familiare di appartenenza, con una sofferenza più alta nelle regioni del Sud ed a carico sia delle famiglie più numerose, che di quelle con un solo genitore, nella maggior parte dei casi la madre.

A tutto, e un po’ ovunque, si aggiungono per i più piccoli l’isolamento ed il cambiamento degli stili di vita – primo fra tutti la perdita della frequenza scolastica – che, secondo uno studio riportato da Openpolis e condotto dall’Università di Harvard a marzo e aprile scorso su un campione di 3.453 individui (per l’Italia hanno partecipato l’ospedale pediatrico Gaslini e l’Università di Genova), avrebbero causato per i minori sopra i 6 anni problemi comportamentali e regressioni nel 71% di questa fascia di popolazione.

La rinuncia ad una vacanza insieme alla propria famiglia, lontano da casa e dalle abitudini quotidiane – in generale, la rinuncia al gioco e al tempo libero riconosciuti dalla Convenzione Onu tra i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – diventa quindi una deprivazione ancora più grave soprattutto per i più piccoli. Sempre secondo Openpolis, già prima dell’emergenza, nel 2019, circa il 37% delle famiglie con un solo figlio minore dichiarava di non potersi permettere una settimana di ferie nell’arco di un anno. Quota che sale al 41% con due figli e che sfiora il 50% in presenza di 3 o più figli.

A soffrire in modo particolare sono le famiglie monogenitoriali: nel 2019, il 48,7% dei nuclei con un solo genitore e almeno un figlio minore ha dichiarato di dover rinunciare anche a pochi giorni l’anno lontano da casa.

Parliamo per lo più di nuclei familiari in cui l’unica persona di riferimento per il minore è – in 9 casi su 10 – la madre sola. L’impoverimento di questa tipologia di famiglia è complessivo – materiale, sociale, culturale – e trova nel Mezzogiorno le condizioni di rischio maggiore, prime fra tutte la disoccupazione femminile e giovanile. Che, nonostante nell’ultimo anno e mezzo abbia colpito a macchia di leopardo l’intero Paese, nelle regioni del Sud insiste su un tessuto economico in cui i tassi di disoccupazione, povertà e abbandono scolastico prepandemia erano in alcuni casi persino doppi rispetto a quelli del Centro e del Nord, insieme alla carenza cronica di asili nido e servizi all’infanzia.

Secondo l’Istat, infatti, “le categorie più penalizzate dall’emergenza sanitaria sono state quelle già in precedenza caratterizzate da situazioni di svantaggio: nel secondo trimestre 2020 le riduzioni congiunturali del tasso di occupazione sono più marcate per i giovani 15-34enni (-2,0 punti), le donne (-1,2 punti) e i residenti del Mezzogiorno (-1,4 punti)”.

Il taglio di spese come quelle dedicate ad una vacanza diventa in questi casi obbligatorio, andando però ad allargare la forbice del benessere e della crescita culturale, già molto ampia tra i minori residenti nelle diverse regioni.

L’indicatore elaborato dall’Istat nell’ultimo censimento e basato sulla quota delle famiglie monogenitoriali giovani – quelle, cioè, in cui la persona di riferimento del nucleo familiare ha meno di 35 anni – che aiuta a verificare concretamente le condizioni dei minori e delle loro famiglie, conferma i disagi del Sud Italia: se Napoli e Roma sono le città (tra quelle maggiori) ad avere l’incidenza più alta di nuclei con un solo genitore sotto i 35 anni, il capoluogo campano è il primo tra i comuni con oltre 500mila abitanti con una incidenza di famiglie monogenitoriali giovani pari all’1,6%.

Non solo. Napoli risulta, nell’ultimo censimento generale, il capoluogo di provincia con più famiglie con figli in disagio: 9,5%, seguita da altre città del Meridione come Catania (7,8%), Palermo (7,3%) e Crotone (7%).
Secondo Openpolis, d’altro canto, per approfondire in modo più dettagliato la condizione dei minori e delle loro famiglie su tutto il territorio nazionale – e mettere quindi a punto politiche territoriali efficaci – sono da tenere sotto controllo i dati del prossimo censimento.

Nonostante infatti al Nord la quota di famiglie con figli in potenziale disagio economico appaia per ora più bassa, non sembra trascurabile la quota di nuclei monogenitoriali giovani, quelli – abbiamo visto – a maggior rischio di povertà ed esclusione sociale: con riferimento alle città con oltre 500mila abitanti, dopo Roma (1,3%), sono Torino (1,2%), Genova e Milano (1,1%) quelle con la maggiore incidenza di famiglie monogenitore, seguite a distanza da Palermo (0,7%). In un Paese, l’Italia, che ad oggi conta 1 milione e 300.000 minori in povertà assoluta, con un’incidenza – secondo l’Istat – che varia dal 9,5% del Centro al 14,5% del Mezzogiorno ed un peggioramento, rispetto al 2019, delle condizioni dei minori che non risparmia nemmeno il Nord (da 10,7% a 14,4%) e il Centro (da 7,2% a 9,5%).


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