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La Corte costituzionale

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Non sembra azzardato affermare che il Paese oggi, più che in precedenza, è in bilico tra declino e sviluppo, tra ripresa economica nelle Regioni più avanzate e perdurante ristagno nelle aree più deboli del Sud, tra punte di riconosciuta eccellenza nelle conoscenze scientifiche e nella ricerca, rese evidenti dal premio Nobel assegnato al fisico Parisi, e mediocre qualità media della formazione di base o addirittura abbandono scolastico e scarsa qualificazione professionale. Si potrebbe continuare a elencare gli elementi contrapposti di questa polarizzazione, che divide anziché unificare il Paese, mentre è compito delle istituzioni promuoverne l’unità.

IL PRINCIPIO FONDAMENTALE

Il principio fondamentale della costituzione per il quale la Repubblica, comprensiva di tutte le istituzioni, è «una e indivisibile», ha un significato più ampio e profondo della unità territoriale e del divieto di secessione.

Riguarda anche la rimozione degli squilibri economici e sociali, lo sviluppo economico, la solidarietà sociale. Tutti elementi espressamente indicati, nel sistema delle autonomie territoriali, come condizione e obiettivo che è nella responsabilità dello Stato assicurare, anche con risorse aggiuntive e interventi speciali.

Come pure l’unità della Repubblica implica l’eguaglianza sostanziale dei cittadini, l’eguale condizione nel godimento dei diritti della persona e nella fruizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali «prescindendo dai confini territoriali dei governi locali».

Le espressioni usate dalla costituzione, sopra largamente riportate, non sono per nulla generiche o equivoche. Sbaglierebbe chi le interpretasse come disposizioni che molto promettono e nulla impongono.

Un tempo si sarebbe discusso delle disposizioni costituzionali «programmatiche» come contrapposte a quelle «precettive», quasi che le prime esaurissero la loro forza nell’indicare un obiettivo da raggiungere, ma rimesso alla valutazione del legislatore, libero di stabilire come, quando e in quale misura perseguirlo. Mentre le sole disposizioni «precettive» avrebbero la piena forza di un comando che si impone immediatamente e rende costituzionalmente illegittima la sua mancata attuazione.

Il generale riconoscimento di un contenuto «precettivo» anche alle disposizioni programmatiche supera una questione sorta per giustificare la mancata attuazione di disposizioni costituzionali, o per ritardare nel tempo riforme o interventi soprattutto di carattere finanziario che la costituzione richiede.

ELIMINARE I DIVARI È UN DOVERE

Gli elementi già indicati, che caratterizzano l’unità sociale del Paese con la rimozione degli squilibri esistenti e il superamento del diverso livello di godimento delle prestazioni nei servizi pubblici, vanno oltre le strettoie della distinzione tra disposizioni programmatiche, che promettono, e disposizioni precettive, che impongono.

Ancora una volta è la costituzione a stabilire che lo Stato «destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali» in favore delle Regioni e degli enti territoriali per «unificare» il Paese dal punto di vista economico e sociale.
Le modalità di intervento e la quantificazione delle risorse non sono una astrazione, devono essere commisurate alla natura e alla dimensione degli squilibri e non possono essere limitate a una espressione residuale di risorse eventualmente disponibili, mantenendo inalterati i criteri di ripartizione esistenti, che perpetuano nei diversi settori lo squilibrio.

Può darsi che in alcuni o, a tutto concedere, in molti ambiti lo squilibrio sia determinato dalla inadeguatezza dei governi o delle amministrazioni regionali e degli enti territoriali. Anche questa non è da considerare una situazione irreparabile.

La costituzione offre allo Stato uno strumento appropriato per intervenire. L’articolo 120 prevede che il governo può sostituirsi, in coerenza con il principio di sussidiarietà e nella leale collaborazione, agli organi delle Regioni e degli altri enti territoriali quando, tra l’altro, «lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali».

In definitiva raggiungere l’equilibrio economico e sociale del Paese non è solamente un obbligo di mezzi, di risorse da attribuire, ma è un obbligo di risultato, che richiama la responsabilità di tutte le istituzioni.

Allo Stato si richiede non solamente di destinare risorse a questo fine, ma anche di assicurare il risultato, facendo uso dei poteri sostitutivi che la costituzione gli attribuisce quando lo richiede il livello dell’intervento o per supplire alle eventuali inadeguatezze di Regioni, Comuni o altri enti territoriali.
L’esperienza dell’emergenza sanitaria e la necessità della tempestiva attuazione del Piano nazionale di ripresa e Resilienza mostrano quanto sia necessario tenere presente anche lo strumento costituzionale dell’esercizio dei poteri sostitutivi.

*Presidente emerito
della Corte costituzionale


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