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Adriano Giannola, presidente Svimez

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UN RAPPORTO ricco di dati e di stimoli quello che la  Svimez ha presentato ieri a palazzo Altieri, ospiti dell’Abi. Che riassume le tante cose che il presidente Adriano Giannola dice da tempo, ma corroborato da una base dati poderosa. E cioè intanto che il problema/opportunità del Mezzogiorno è un tema che riguarda tutto il Paese.

Infatti nella classifica del pil rispetto alla media del reddito dei paesi europei la perdita consolidata negli ultimi anni non riguarda solo le regioni meridionali ma tutte le realtà del Paese. Che da anni perdono posizioni come le perde tutta la Nazione rispetto ai grandi paesi fondatori dell’Unione e non solo. Ma anche che il PNRR, laddove riuscisse a perseguire ed ottenere gli obiettivi proposti, cosa estremamente complessa, non sarebbe sufficiente per raggiungere lo scopo dell’eliminazione dei divari e perseguire il vero obiettivo di tutta la vicenda che è la piena occupazione! Obiettivo per il quale è necessario creare oltre 3 milioni di posti di lavoro di saldo occupazionale. 

E non vi è dubbio che per tale mission impossible, in tempi umani, è necessario che i capitali privati siano coinvolti in maniera consistente. E’ chiaro che tale obiettivo non può prescindere da una cultura d’impresa he al Sud stenta a nascere impegnato come è a crogiolarsi nei giochi politici di lotta spesso  tra bande.  E si ritorna  sempre più alle Zes, cioè all’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area. Ne parla in modo convincente la ministra Mara Carfagna, che sembra aver compreso che i ritardi che riguardino tali aree sono esiziali rispetto agli obiettivi proposti, e che non aver ancora nominato molti dei commissari è un peccato mortale.          

Ne parla la Malfa, presidente della Fondazione Ugo La Malfa, che sottolinea come gli investimenti pubblici previsti dal PNRR sono strumentali rispetto all’obiettivo vero che è quello di attrarre capitali privati ed imprese importanti. Non credo però che tale goal sia nella testa di tutto il Governo, distratto dalla corsa all’accaparrarsi risorse dall’abbuffata a cui si preparano in molti, sopratutto del settentrione, che dell’incapacità del Sud vogliono fare un tappeto rosso sul quale muoversi per fare anche l’alta velocità per San Candido. Investimenti dall’esterno dell’area senza pretendere di indicare i settori nei quali gli investitori debbano puntare. Questa parte è una scelta che sta a loro, che nel caso in cui la sbagliano metteranno a rischio i capitali investiti.      

Le uniche condizioni legittime sono quelle della sostenibilità  e dell’esigenza che siano senza alcun impatto ambientale. Compito del PNRR sarà invece quello di far si che le condizioni di attraibilità  dei territori vi siano tutte. A cominciare da quelle relative al contenimento della criminalità organizzata, a quella della infrastrutturazione,  parte fondamentale del PNRR, ma che non potrà che essere completata che solo in molti anni, mentre può essere immediata la concessione di vantaggi fiscali, a cominciare dal cuneo che per motivi elettorali purtroppo è  stato ormai generalizzato per tutto il territorio del Sud.

Probabilmente in seguito dovrà essere limitato solo alle Zes, per evitare di essere costretti ad abolirlo per tutti per eccesso di risorse richieste.  Poi alla diminuzione della pressione fiscale sugli utili di impresa dei primi anni dei nuovi investimenti,  fino ad una semplificazione estrema per consentire a chi decide di investire di poter in tempi brevissimi cominciare a produrre. L’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area ha però un grosso limite cioè di non essere strumento che  alimenta il consenso.  Il motivo è facile da capire: non sarà possibile a molti politici, gestori dei voti, chiedere ai subentranti assunzioni né prebende. Infatti per averli e portarli al Sud gli investimenti bisognerà fare un’opera di ricerca attenta, scrupolosa, e competitiva. Altro che, quando dovessero arrivare, chiedere cortesie o favori per i propri clientes. A bocce ferme se tutto questo non accadesse la Svimez dice che gli incrementi di Pil saranno contenuti ed  in ogni caso inferiori ai tassi di incremento del Centro Nord, pur partendo da una base molto più contenuta. E sarà sempre tardi quando questo nostro Paese si convincerà che il tema Mezzogiorno non è argomento per nostalgici, ormai attempate cassandre, dediti a continuare una teoria rivendicazionista e questuante,  ma invece la base per unificare il Paese economicamente, tagliare sul nascere quegli  afflati separatisti che, in assenza di uguali diritti di cittadinanza, rischiano di fare da sirene di uno pseudo meridionalismo becero.      

Il senso dell’appuntamento annuale di Svimez è proprio quello di ricordare alla classe dirigente del Paese, quella vera che ha avuto in mano le leve del comando, che  è tempo di cambiare registro perché quello sul quale siamo sintonizzati non solo ci fa camminare lentamente ma spesso ci riporta indietro, non consentendo l’allineamento ai grandi di quell’Europa che tanto ha bisogno di un Paese come l’Italia unificata economicamente, senza il cui contributo sarà difficile che si arrivi a farla diventare uno dei grandi del Mondo. 


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