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Neve sul Vesuvio e Nord a secco, tempeste di vento e tornado. Mentre le mimose, dalla Sicilia alla Liguria, sono già fiorite. I cambiamenti climatici hanno rovesciato l’Italia ma, cambiando l’ordine, l’emergenza è sempre la stessa. Scatta così in pieno inverno l’allarme siccità e incendi. Puntuale si ripropone la questione acqua, quella eccessiva che annega le campagne e quella che manca che asseta le coltivazioni.

L’ultimo report dell’Anbi (Associazione nazionale Consorzi gestione e tutela del territorio e acque irrigue) denuncia il deficit idrico nei maggiori laghi e fiumi italiani del Nord. Analogo è il trend in alcuni bacini meridionali: in una settimana nella Basilicata la disponibilità è aumentata di circa 6 milioni di metri cubi, ma un anno fa erano 50 milioni. Differenziali negativi anche negli invasi della Puglia, dove l’Sos è stato lanciato dalla Coldiretti che ha denunciato la perdita di 4,65 milioni di metri cubi di acqua degli invasi artificiali rispetto allo scorso anno.

IL COSTO DEI DANNI

E già si stimano i danni: 70 milioni per l’impatto sulle produzioni e la fertilità dei terreni. Le mimose sono in fiore, ma anche altre coltivazioni che potrebbero essere messe ko dal gelo notturno. Ogni anno l’agricoltura italiana perde a causa degli eventi meteo estremi più di un miliardo. Il rischio, dunque, è che al caro-energia che sta portando alla chiusura di alcune filiere strategiche si possa aggiungere anche il caro-acqua.

E se è vero che le aziende agricole del Sud sono più attrezzate ad affrontare i mesi a secco con sistemi irrigui più avanzati, perché abituate a confrontarsi con il grande caldo, il problema strutturale resta. Acqua e cibo sono un binomio indissolubile.

«Il momento è delicato – ha detto ieri il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, in occasione dell’incontro “Obiettivo Acqua” con Anbi, Univerde e Campagna Amica – perché quest’anno si impenneranno ulteriormente i costi di produzione, il 140% in più per i concimi rispetto al 2021 e il 70% per i fitosanitari. Se non verranno riconosciuti i maggiori costi di produzione, alcune filiere, che oggi lavorano in perdita in una situazione che definirei di caporalato per le imprese, saranno costrette a ridurre l’offerta. Ad aggravare il quadro la carenza di acqua. Così rischiamo di essere sempre meno autosufficienti e di diventare succubi di scelte internazionali sulle derrate alimentari. Garantire la tenuta sociale parte dal cibo. In altri Paesi, penso in particolare alla Cina, il cibo è diventato una questione strategica».

Due le strade indicate dall’organizzazione agricola per cercare di allentare le tensioni: investire sulle agro energie e sulle infrastrutture idriche. Prandini ha espresso anche preoccupazione sul rischio di frammentazione delle risorse del Pnrr ( «Non possiamo permetterci di non utilizzare quei fondi») che dovranno essere indirizzate anche a rinnovare la rete di distribuzione ormai colabrodo. Ma soprattutto occorre riuscire a captare l’acqua piovana in strutture di accumulo su cui la Coldiretti, con l’Anbi, ha messo a punto, da tempo, un progetto ad alta sostenibilità ambientale.

I PROGETTI IN CANTIERE

L’Anbi – ha detto il presidente Francesco Vincenzi – è pronta non solo ad aprire subito i cantieri (lo stesso sottosegretario delle Politiche agricole, Francesco Battistoni, ha riconosciuto che i progetti presentati nei bandi già avviati sono egregi) ma vuole fare di più, e cioè valorizzare il sistema dei canali e di tutte le infrastrutture verdi per promuovere il nuovo modello di turismo lento in raccordo con la campagna e il cibo, particolarmente apprezzato in era di pandemia. Acqua per la sopravvivenza dell’agricoltura e delle popolazioni, ma anche come nuova offerta turistica.

Con acqua a sufficienza non solo si produce di più, ma si garantisce anche una maggiore qualità. La pandemia ha cambiato gli stili di vita, soprattutto tra i giovani, rilanciando i cibi di prossimità e di qualità, ma senza un’adeguata disponibilità idrica sarà difficile rafforzare questi nuovi orientamenti che premiano il made in Italy a tavola. Dall’acqua al suolo il percorso è netto. Oggi non piove meno, ma le precipitazioni si concentrano. Senza un’adeguata governance, a pagare i danni sarà l’intero territorio devastato dal dissesto idrogeologico.

I dati sono allarmanti: negli ultimi 25 anni è stato inghiottito il 28% di terreni coltivabili che oggi non superano i 12,8 milioni di ettari. E qui entra in gioco un’altra incompiuta nazionale: la legge sul consumo di suolo che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio e per la lotta ai cambiamenti climatici ma che giace nei cassetti del Parlamento da dieci anni.

LA SOVRANITÀ ALIMENTARE

La cancellazione di terra fertile non pesa solo sugli approvvigionamenti alimentari, evidenzia uno studio della Coldiretti: dal 2012 a oggi, infatti, il suolo sepolto sotto asfalto e cemento non ha potuto garantire l’assorbimento di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica con danni e vittime. Da qui l’importanza di investire nei “laghetti” che potranno diventare “cassaforte” dell’oro azzurro, ma anche abbellire il paesaggio.

«La sovranità alimentare – ha sostenuto il presidente di Univerde, Alfonso Pecoraro Scanio – viaggia in tandem con quella idrica». Per questo ha lanciato la proposta di un’autorità dell’acqua che razionalizzi e coordini gli interventi che oggi sono troppo frammentati: «Della questione se ne deve occupare lo Stato, perché i singoli Comuni non sono in grado di farlo».

E intanto, se è vero che le immagini esprimono i concetti meglio di mille convegni, la sintesi più efficace delle emergenze è rappresentata dalla foto premiata alla terza edizione del concorso fotografico ”Obiettivo acqua” . Una formica agganciata a una goccia d’acqua di un rubinetto quasi a secco. Con un titolo a effetto e dai tanti significati “Darla a bere”.


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