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Da un lato il tripudio di luci sul palco del Festival di Sanremo (senza fiori in barba a tutti gli impegni green), dall’altro i commercianti provati da bollette insostenibili, pronti a spegnere le vetrine. La fotografia di un’Italia a due facce, quella dei lustrini e quella delle imprese e delle famiglie, colpite da un’inflazione che continua a correre. I dati provvisori sui prezzi al consumo resi noti ieri dall’Istat indicano una variazione tendenziale del 4,8% a gennaio 2022 sullo stesso mese del 2021 (mentre a dicembre era del 3,9%): è il valore più alto dal 1996…

L’ALLARME

A far volare i prezzi sono i beni energetici, che mettono a segno un +38,6%, il risultato dell’impennata del 93,5% per i regolamentati e del +23,1% per i non regolamentati.  La nuova accelerazione di gennaio, dice l’Istituto di statistica, è dovuta ai prezzi dell’energia elettrica. Si segnalano aumenti anche per gli alimentari, fermi però al 3,5%, sotto la media inflazionistica.  Costano di più i trasporti (+7,7%), i servizi ricettivi e di ristorazione (+4,1%). In calo solo istruzione (-0,5%) e comunicazioni (-3,9%). 

E intanto nell’indice Istat sono entrati nuovi prodotti, alcuni dei quali legati direttamente alla pandemia, come il saturimetro, la psicoterapia   e i test sierologici, molecolare e rapido, ma anche indirettamente, come nel caso della friggitrice ad aria per le famiglie che dopo i lockdown si sono attrezzate per organizzare pranzi in casa. Tra i prodotti che rappresentano consumi consolidati, entrano nel paniere, tra gli altri, il pane di altre farine, il gas di città e gas naturale mercato libero e gli occhiali da lettura senza prescrizione.

Tra beni tradizionali e new entry il risultato è comunque allarmante: l’Istituto di statistica ha prospettato rischi anche per i risparmi, le obbligazioni e i titoli di Stato. Ad alleggerire ulteriormente il portafoglio degli italiani si potrebbe quindi aggiungere la svalutazione dei conti in banca. Insomma, dopo il Covid un altro virus, economico e non sanitario, si sta insinuando nel sistema Paese.

Per l’Ufficio studi di Confcommercio l’inflazione che vola verso quota 5%   riporta a «valori d’altri tempi, con cui famiglie e imprese devono confrontarsi». La situazione, secondo l’organizzazione dei commercianti, «difficilmente si risolverà nel breve periodo».

A spegnere le speranze di un raffreddamento a breve dei prezzi energetici interviene Nomisma il cui verdetto è chiaro: «Seppur con intensità differenti, i prezzi dei beni energetici resteranno elevati lungo il 2022 gravando sul potere di acquisto dei consumatori e sui conti delle imprese». A indorare la pillola c’è la considerazione positiva di Nomisma sull’aumento del Pil e sul livello inflazionistico italiano comunque più basso rispetto alla media Ue, alla Germania e agli Usa.

Intanto   bisogna fare i conti con la situazione contingente. Solo per mangiare – denuncia Assoutenti- le famiglie dovranno affrontare una spesa maggiorata di 285 euro all’anno, mentre per i trasporti ogni nucleo dovrà assorbire un aggravio annuo di 416 euro in più.

Proprio sul tema trasporti, Confcommercio parla di «un bollettino di guerra ogni giorno in aumento». L’organizzazione sottolinea che per chi fa trasporto “puro” il prezzo del carburante incide per un terzo sui costi di esercizio e dunque un aumento del 10% impatta per circa il 3% sui costi dell’impresa: a fronte di un incremento del prezzo del gasolio del 30% nell’ultimo anno e mezzo, l’impresa ha avuto un’impennata del 10% dei costi.

AGRICOLTURA IN CRISI

A soffrire sono poi gli agricoltori nella duplice veste di imprenditori e consumatori. Il balzo dei beni energetici – è l’allarme lanciato da Coldiretti – si trasferisce a valanga sui bilanci delle imprese agricole, strozzate da aumenti dei costi che costringono a spegnere le serre di fiori e ortaggi, a lasciare le barche in banchina e a tagliare le concimazioni dei terreni con il raddoppio dei costi delle semine.

Una situazione drammatica per il settore agricolo che rischia di perdere la sua capacità di resilienza. L’ultimo dato Istat sul Pil, che rileva una crescita del 6,5%, segnala infatti il trend negativo del valore aggiunto agricolo. A far aumentare i costi alla produzione è il caro energia. L’agroalimentare, secondo l’elaborazione di Coldiretti sulla base dei dati dell’Enea, assorbe infatti oltre l’11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all’anno.

Le aziende agricole utilizzano i combustibili per i trattori, per riscaldare le serre dove si producono ortaggi e fiori e le stalle, subiscono i “ritocchi” indiretti per fitosanitari e fertilizzanti con rincari fino al 50%, ma anche per la plastica, l’acciaio per i barattoli, il vetro per i vasetti, il legno per i pallet da trasporti e la carta per le etichette e gli imballaggi. La carta è la nota dolente per una serie di imprese, a partire da quelle editoriali.

Insomma, un processo a catena che potrebbe inceppare tutti i meccanismi produttivi che erano pronti a ripartire sull’onda dei nuovi investimenti del Pnrr. Anche perché è difficile recuperare al consumo quanto viene eroso dalla super bolletta energetica e dai trasporti, sempre più onerosi per un Paese dove oltre l’80% delle merci viaggia su gomma. Oggi molte imprese sono con l’acqua alla gola e rischiano di dover chiudere o affidarsi agli usurai, e le aziende agricole sono tra gli anelli più deboli del sistema produttivo. La Coldiretti per questo ha chiesto «un deciso intervento per contenere la bolletta energetica nelle campagne e garantire continuità della produzione agricola e alimentare nazionale».

MILIARDI A RISCHIO

La Confesercenti, da parte sua, ha sollecitato azioni forti per rilanciare i consumi: la politica economica – sottolinea l’ufficio economico – dovrà, perciò, scongiurare che vengano bruciati ancora miliardi di consumi tali da allontanare ulteriormente il recupero dei livelli pre-crisi che già ora sono spostati in avanti di almeno 6 mesi, al primo semestre 2024. Senza una ripresa dei consumi e un rilancio dei settori più colpiti dalla pandemia, turismo e terziario, si pregiudica infatti la reale ripartenza del Paese.


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