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Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, in visita nel Porto di Genova

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Draghi prepara la scossa del governo dopo la battaglia per il Quirinale. Uno scontro che ha creato molte fratture all’interno della compagine ministeriale e nella maggioranza. La ripresa parte dai due dossier più caldi: energia e Pnrr. Il governo prepara un “intervento di larga portata” per mitigare le difficoltà di famiglie e imprese di fronte al caro-bollette, annuncia Draghi in visita a Genova per inaugurare la Radura della Memoria dedicata alle 43 vittime del crollo del Ponte Morandi.

Il premier non si è voluto sbilanciare sull’ampiezza della manovra anche se le previsioni parlano di un fondo che dovrebbe variare fra quattro e sette miliardi. Una forbice molto ampia che tuttavia esclude un nuovo scostamento di bilancio. La legge di bilancio, approvata, poco più di un mese fa ha ampliato il bilancio pubblico di oltre trenta miliardi. Aprire ancora i cordoni della borsa potrebbe essere molto pericoloso nel momento in cui volge al tramonto la lunga stagione dei tassi a zero e lo spread danza intorno ai massimi.

Tuttavia l’intervento sulle bollette è assolutamente necessario. Non solo per alleviare le difficoltà delle famiglie e delle imprese ma anche per favorire il successo del Pnrr. Come ha spiegato il ministro Cingolani, la riuscita del Piano è legata anche alla capacità di investimento delle aziende. L’aumento dei costi dell’energia riducendo i margini rende difficile trovare le risorse per finanziare i progetti resi disponibili dall’Europa. A questo proposito Draghi ha voluto ricordare che il Pnrr “appartiene a tutti gli italiani. Dobbiamo portarlo avanti con unità, fiducia, determinazione. Lo scorso anno abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi. Lo stesso accadrà anche quest’anno. È una questione di serietà, verso i cittadini, e i nostri partner europei. Ed è una questione di affidabilità perché la crescita sostenuta, equa, sostenibile è il miglior custode della stabilità”.

In gioco ci sono 102 traguardi da raggiungere che valgono 40 miliardi. Insomma non è il momento di archiviare la fase dell’emergenza anche se la risposta al caro bollette è già costata oltre 10 miliardi. Certo i costi andranno scemando con l’arrivo del caldo, ma allo stesso tempo si fanno i conti con una crisi diventata molto lunga e con i danni che sono stati più ingenti di quelli previsti, soprattutto tra le imprese. D’altronde il gas non serve solo per riscaldare.

La ricerca dei soldi per le nuove misure in cantiere per il decreto della prossima settimana seguirà sentieri già battuti. Il primo è quello delle aste per il consumo di anidride carbonica. Le risorse finanzieranno l’ intervento sui cosiddetti oneri di sistema delle bollette. Già con il decreto Sostegni Ter del 21 gennaio, erano saltati fuori 1,2 miliardi, ma il gettito atteso per quest’anno è almeno di 3,5 miliardi: ci sono quindi 2 miliardi ancora a disposizione. L’altra opzione è la tassa sugli extra-profitti delle società che producono energia. Fino ad ora è stato chiesto un contributo da 1,5 miliardi, non senza polemiche, solo agli operatori delle rinnovabili. Ora potrebbe toccare alle fonti fossili.

Se n’era già parlato a dicembre ma la misura è stata poi travolta dai veti dei partiti di maggioranza e dalle difficoltà, anche a livello giuridico, che si legano ai rischi di una riedizione della Robin tax introdotta nel 2008 sulle rendite petrolifere e poi cancellata nel 2015 dalla Corte costituzionale. I dubbi ci sono ancora, soprattutto quelli della Ragioneria generale che ha ricordato come si tratta di tirare fuori dei soldi a fronte di introiti, quelli della tassazione, che devono passare attraverso bilanci ancora da scrivere, a meno che – ma qui subentrano altri problemi – non si decida di intervenire retroattivamente, cioè su quelli dell’anno scorso.

Sarà il Def, quest’anno atteso in anticipo per fine marzo, lo strumento per capire se e quanto il governo appronterà una strategia strutturale contro il caro energia. Fino ad ora si è proceduto con iniezioni trimestrali: 1,2 miliardi a luglio, 3,5 miliardi a ottobre, poi 3,8 miliardi nella legge di bilancio, ancora 1,7 miliardi a gennaio, ora il nuovo decreto stimato fra quattro e sette miliardi. Un accenno di misure strutturali ci sarà anche con il provvedimento in arrivo, con nuove misure a costo zero per spingere il fotovoltaico e per rendere ancora più fluide le autorizzazioni ambientali.

Ma misure strutturali significa affrontare questioni come l’incremento della produzione nazionale del gas, capire come evolveranno le liti oltre confine, a iniziare dal gasdotto Nord Stream 2, trattare in Europa per capire se e come ci si metterà d’accordo su un utilizzo comune delle riserve. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha presentato dieci proposte a Draghi che guardano a questa dimensione più ampia, ma quel lavoro va tradotto in scelte. Non sono state ancora fatte. Un ministro di peso la mette giù così: “Abbiamo poche settimane per fare scelte radicali, serve coraggio”. Poche settimane prima della “fase calda”.


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