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È l’unica arma senza proiettili che abbiamo ma usarla ci costerà cara e il prezzo lo pagheremo anche noi. In particolare per le nostre regioni più industrializzate sanzionare la Russia e punire Putin sarà un salasso. Perché si fa presto a dire “boicottaggio totale”, la guerra in Ucraina avrà un impatto pesante sull’economia e sulla ripresa globale.

“Se guardiamo al nostro territorio quello russo è un mercato che tra gennaio e settembre 2021 si è attestato su 1,6 miliardi di euro – presenta il conto del boicottaggio Alessandro Spada, presidente di Assolombarda – un terzo di quanto esportiamo è meccanica, un sesto moda, un settimo chimica”.

Nella sola giornata di ieri la fiammata del gas ha sfiorato il +50% il 18% dei consumi lordi nazionali di energia sono soddisfatti dal gas naturale russo, la fonte primaria dell’economia di Mosca.

Le sanzioni non fermeranno le mire zariste del nuovo Cesare di Bisanzio, gli renderanno però la vita difficile bloccando le forniture di alta tecnologia, in particolare i microchip. E chiuderanno i rubinetti della finanza. Il contraccolpo per le imprese lombarde sarà pesante, migliaia i posti di lavoro a rischio.

Nel 2021 – spiega Max Bastoni, consigliere regionale della Lega, formazione politica che pure fino a ieri l’altro strizzava l’occhio a Vladimir Putin – l’interscambio tra la nostra regione e la Federazione Russa è cresciuto del 34% rispetto all’anno precedente. Positivo anche con la Provincia di Milano (+15%) che rappresenta il 44% dell’interscambio regionale nel comparto della meccanica, prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori.

Per la cronaca e per la statistica: la Lombardia, da brava locomotiva d’Italia, rappresenta oltre un quarto dell’export italiano, ovvero quasi 1,59 miliardi di euro verso la Russia e il 18% dell’interscambio con 2,87%. E a farne le spese sarà dunque l’intera economia nazionale. Sanzioni a doppio taglio, dunque. Senza dire che al momento conosciamo solo il primo pacchetto di misure annunciate da Ursula von der Leyen e soprattutto non sappiano ancora le contromosse economiche di Mosca che potrebbero a loro volta penalizzarci.

L’interscambio commerciale russo verso il resto del mondo ha raggiunto, secondo la Direzione studi e ricerche di Intesa San Paolo – i 785 miliardi di dollari, in aumento del 38% rispetto al 2020. Le importazioni ammontano a 293 miliardi di dollari. Si tratta perlopiù di macchinari prodotti chimici, mezzi di trasporto e prodotti dell’agro-alimentari.

L’Europa resta il principale mercato degli scambi russo, l’export verso la Ue riguarda per oltre la metà minerali, merce varie e metalli. Se come sembra i generali ruberanno a lungo la scena ai virologi le conseguenze sulle nostre piccole imprese non tarderanno a farsi sentire. Ieri il petrolio ha toccato, per la prima volta dal 2014, i 103,57 dollari al barile.

“Per le imprese del Veneto la Russia e l’Ucraina rappresentano due mercati molto importanti sia per l’export che per l’import – commenta Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto – si tratta di relazioni commerciali su cui i nostri imprenditori stanno investendo da anni, costituiscono uno sbocco strategico e ora rischiano di entrare in una fase di stand-by”.

Le esportazioni del Veneto verso l’Ucraina valgono 302,9 milioni (2019), lo 0,5% dell’export regionale, in crescita del 31,3% rispetto al 2009. Le importazioni ammontano a 469,3% milioni, l’1% dell’import regionale. Kiev ci chiede elettrodomestici, prodotti chimici, macchinari. L’export verso la Russia raggiunge 1,3 miliardi di euro, il 2% dell’export regionale, in crescita del 21% rispetto al 2009 e le importazioni raggiungono i 324 milioni di euro.

Non è un caso che nei giorni scorsi i governatori delle regioni del Nord avevano intrattenuto, sia pure in modo informale, relazioni con le diplomazie russi. Incontri, strette di mano, rassicurazioni. Così che ora Luca Zaia torna a dire che le “le diplomazie devono assolutamente prevalere su bombe, devastazione e morte, ci troviamo di fronte al bombardamento di una comunità in ragione di dichiarazioni “assolutamente insostenibili di indipendenza e altre discorsi del genere”. Un disastro umanitario prima che economico.

Indubbio perciò che ci siano anche in Europa interessi divergenti. La nostra bolletta energetica parla da sola, le sanzioni devono essere sostenibili tenendo conto delle diverse situazioni dei vari Paesi. Non ci saranno invece danni immediati per quanto riguarda i turisti.

“Già da due anni, da quando è scoppiata l’emergenza Covid – ricorda Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi – non possono entrare nel nostro Paese perché non hanno il Green pass, il loro vaccino Sputnik da noi non viene riconosciuto”. Preoccupa l’impennata generale dei prezzi. Un contesto complicato per le filiere italiane completamente dipendenti dall’energia. Assoutenti ha lanciato l’allarme: “La pasta, che già a gennaio ha subito un rincaro del +12,5% potrebbe arrivare a costare il 30% in più rispetto allo scorso anno; il pane, già rincarato del 3,7% lo scorso mese, potrebbe subire aumenti del 10%, come biscotti, dolciumi e prodotti derivati”.

Il leader della Lega, Matteo Salvini, da sempre in buoni rapporti con Mosca, parlando ieri in conferenza stampa alla Camera ha adombrato l’ipotesi che a causa della crisi energetica i sindaci delle città possa decidere di spegnere le luci la sera. Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ha chiesto di “riaprire subito le centrali a carbone come ha fatto la Germania e aumentare l’estrazione del gas nazionale, senza indugio e senza ostacoli burocratici”.

E il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in vista di una ulteriore stretta da parte di Mosca, avverte, “rischiamo di non avere a disposizione le quantità necessarie di fertilizzanti per i prossimi raccolti e il blocco delle attività nel porto di Odessa potrebbe far crollare il mercato internazionale dei cereali”. Per assurdo anche il vecchio e fortunato slogan pacifista “mettete fiori nei vostri canoni” ha le sue controindicazioni. Nei vivai riscaldamento e illuminazione sono fondamentali e con il caro petrolio Coldiretti fa sapere che bisognerà ridurre la produzione. Addio a un fiore su tre.


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