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L’impianto di Tempa Rossa

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Già da quando la guerra in Ucraina era solo una minaccia, il governo italiano era alla ricerca quasi spasmodica di gas. E ora che i rapporti tra la Ue e la Russia sono saltati, è probabile che quel 40% di gas che essa ci fornisce ogni anno non sia più così certo. È necessario muoversi verso l’autonomia energetica: in tempi di guerra le risorse interne diventano fondamentali.

LA DIPENDENZA

Peccato che l’Italia non possa fare affidamento su molte di esse (anche raddoppiando le estrazioni di gas potremmo arrivare a coprire solo il 10% del nostro fabbisogno energetico).

Nel 2020 abbiamo utilizzato circa 70 miliardi di metri cubi di gas naturale e di questi solo il 6% è stato estratto in Italia. Per il resto dipendiamo in maniera massiccia dalla Russia, ma anche dall’Algeria (21,5%), da Libia, Norvegia, Qatar e Stati Uniti. Il presidente Draghi a tal proposito ha riferito in Parlamento che si sta iniziando a lavorare per aumentare il flusso di gas da questi Paesi anche attraverso il gasdotto Tap.

Alla luce di questi dati, è chiara la strategia del ministro della Transizione ecologica Cingolani che, con il Pitesai (piano per la transizione energetica delle aree interne) pubblicato il 13 dicembre, punta al raddoppio delle estrazioni di gas sia in terra che in mare, ma non del petrolio (quest’ultima condizione posta come veto dalle Regioni).

Molti ovviamente hanno fatto notare che non si tratta di una «road map di uscita dal gas metano» (quella che dovrebbe essere la ragion d’essere stessa del Pitesai) ma, dati i tempi bui che si prospettano, si presume che il sogno della transizione energetica passerà in secondo piano. La conferma arriva anche dalla possibilità avanzata dal premier di riaprire addirittura alcune centrali a carbone.

REGIONE STRATEGICA

E così la Basilicata diventa di fatto, senza volerlo, un centro nevralgico sia per l’approvvigionamento di gas, sia, va da sé, per quello di petrolio, visto che dai pozzi lucani si estraggono entrambi contemporaneamente. È opportuno, forse, ricordare quanto le risorse di questa piccola regione possano incidere sul fabbisogno energetico italiano.

A regime, da questi pozzi dovrebbero essere estratti 154 mila barili di greggio al giorno, pari all’80% di tutto quello estratto in Italia, in grado di coprire il 12% dell’intera bolletta energetica nazionale. Complessivamente il territorio è punteggiato da 27 pozzi in Val d’Agri (Eni e Shell) e 6 pozzi nella Valle del Sauro (Total) che pompano greggio poi avviato ai due Centri Olio, uno a Viggiano e l’altro a Corleto Perticara. A governare tutto il processo sono la “concessione Val d’Agri” del 1999 e la “concessione Gorgoglione” del 2003 che riguarda la collina di Tempa Rossa.

IL POTENZIALE

Insieme i due giacimenti nascondono oltre 900 milioni di barili. Un dato che ha permesso alla Basilicata di aggiudicarsi il titolo di “provincia petrolifera europea” (o c’è chi preferisce “Texas d’Europa”), malgrado continui a essere, paradossalmente, una delle regioni con il più alto tasso di spopolamento. La conferma viene dagli ultimi dati Istat. Quello della Val d’Agri è considerato il più grande giacimento onshore (cioè su terraferma) nel continente.

L’area del petrolio occupa complessivamente di 2.100 kmq; significa che il 20% del territorio regionale è punteggiato – anche in pieno Parco nazionale Val d’Agri-lagonegrese – da pozzi e attraversato da reti di collegamento all’oleodotto interrato per 136 km da Viggiano alla raffineria di Taranto. Sulla collina di Tempa Rossa, ogni giorno, la Total insieme ai 50.000 barili di petrolio estrae anche 230.000 metri cubi di gas metano. E l’Eni in Val d’Agri fa la stessa cosa, ma con un volume di gas di molto maggiore: 48 mila barili al giorno accompagnati da 3,1 mln di metricubi di gas.

Questo perché il greggio del Sauro estratto da Total è molto carico di zolfo al contrario di quello della Val d’Agri che, proprio per questo, è considerato molto più puro. Cifre che corrispondono al 70% della produzione a terra e al 30% se consideriamo anche quella a mare.

CRITERI IN DISCUSSIONE

Cosa bisognerà fare in Basilicata? Come si farà a far coincidere le due condizioni: raddoppio del gas ed estrazioni del petrolio inalterate? La Regione ha stilato solo la settimana scorsa un elenco di 100 aree non idonee per alcun tipo di ricerca di idrocarburi e ha mantenuto ancora una volta fermo il limite delle estrazioni di petrolio dai due giacimenti: neanche un barile in più rispetto al tetto massimo stabilito.

Ma tutto questo quando l’obiettivo era la transizione ecologica. Oggi i venti di guerra che soffiano dall’Oriente potrebbero rimettere in discussione progetti consolidati, condivisi e sottoscritti. Sono timori sottotraccia che tormentano (in mondo finora tacito) sia gli ambientalisti che gli amministratori.


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