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Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini

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Chi è sazio non crede alle sofferenze di chi è a digiuno. Così recita un noto proverbio. Lo riporto perché bisogna averli i problemi per crederci. Ha fatto riflettere infatti la grande allerta che il Paese tutto sta lanciando per un problema che sta diventando sempre più cogente e che riguarda la siccità che sta colpendo il nord del Paese. Raccolti che si perdono o che diminuiscono nella loro resa, fino ad arrivare ai problemi di approvvigionamento idrico per gli usi civili ed industriali.

Quindi un problema serio che se non ricomincia a piovere creerà danni non indifferenti. Tanto che il sindaco di Castenaso, vicino a Bologna, che conta 16.000 abitanti, ha chiesto ai parrucchieri di fare un risciacquo in meno perché lui sostiene non sia indispensabile.

“Oggi firmo un’ordinanza per l’emergenza nazionale, prima Regione a farla, per chiedere al Governo 32 milioni di euro per diversi interventi – ha spiegato Bonaccini – autobotti nel parmense, interventi su canali di manutenzione nel piacentino e nel ferrarese”.

Ovviamente Bonaccini , per la regione Emilia-Romagna, è sempre pronto a trovare ragioni per chiedere l’intervento dello Stato ed ulteriori risorse, ma a parte questo il tema che si propone è estremamente serio. Ecco forse adesso anche il Nord capirà il Sud.

Infatti la riflessione che mi viene da fare riguarda la comparazione tra i territori, perché forse in molti al di sopra della linea gotica non sanno che la situazione che loro ritengono assolutamente eccezionale e drammatica è una di quelle evenienze che al Sud fa parte di una quasi normalità.

Nel Mezzogiorno vi sono molti comuni che soffrono per le carenze idriche e certamente non perché non vi sia sufficiente pioggia che cada dal cielo quanto perché non vi sono invasi, non sono stati rinnovate le reti idriche, per cui la maggior parte dell’acqua si disperde a mare.

Il primo risultato è che moltissimi terreni vengono coltivati a piantagioni non irrigue, con conseguente rendimento di gran lunga inferiore rispetto alle potenzialità che i terreni avrebbero.

Si pensi ad un terreno che viene coltivato a grano in modo estensivo quando potrebbe essere probabilmente dedicato a vigneti, a frutteti o a coltivazioni in serra. È chiaro che questa è una perdita per tutto il Paese e che il valore dei terreni è di gran lunga inferiore a quello che potrebbe essere. Senza parlare poi delle esigenze idriche per le attività civili, a cominciare dalle attività imprenditoriali; si pensi ai bisogni degli alberghi, molti dei quali si riforniscono di acqua pagandola a caro prezzo a fornitori che la portano con le autobotti, che magari hanno pozzi privati e che spesso hanno collegamenti con la criminalità.

Si pensi ai privati che spesso, considerato che la distribuzione idrica avviene anche una volta la settimana soltanto, hanno recipienti a casa quando non sono costretti a utilizzare la vasca da bagno per fini impropri, perché essa diventa un contenitore disponibile. Ma non è qualcosa che riguarda soltanto l’acqua, tale problema è presente anche nella fornitura di energia.

In questi giorni moltissimi comuni meridionali sono rimasti senza energia elettrica, perché la fornitura in periodi di grande richiesta di energia dovuta all’aumento delle temperature non corrisponde ai bisogni. Con conseguenze prevedibili rispetto per esempio alla mantenimento delle derrate alimentari che erano nella catena del freddo.

La mancanza di infrastrutturazione del Mezzogiorno non riguarda soltanto l’alta velocità ferroviaria piuttosto che le grandi reti di comunicazione autostradali, ma riguarda anche molte delle utilities necessarie come l’energia o l’acqua, o di servizi indispensabili come la raccolta dei rifiuti, che attanaglia molte delle città anche grandi a cominciare da Napoli, Palermo e Catania.

Su quest’evidenza non si troveranno molti a dissentire perché il fenomeno è conosciuto in tutta Italia. Non si fa il passaggio successivo però, quello che tali mancanze sono costi che vengono gravati sulle famiglie meridionali, che devono provvedere autonomamente spesso per esempio ad avere dei generatori che evitino i danni causati dall’interruzione di energia, oppure costruire, sia a livello di condominio che a livello di singole case private, dei contenitori che consentano di raccogliere l’acqua che non essendo continua evidentemente ha bisogno di recipienti.

Così come è evidente che laddove i servizi pubblici non funzionano l’esigenza del mezzo privato diventa cogente, per cui se è pensabile di non avere auto a Milano non lo è assolutamente né a Napoli né a Palermo. Nel costo della vita che molti calcolano per dire che quello del Mezzogiorno è più basso di quello del Nord tali voci sono comprese?

E quando qualcuno dice che i 60 miliardi, che dovrebbero essere dati al Mezzogiorno come ristoro per avere un pro capite uguale tra le varie parti del Paese, non sono tali perché vi è un diverso costo della vita nelle due parti, ha tenuto conto di questi costi sommersi?

Mi pare proprio di no ed allora ben venga che ci si preoccupi di quello che sta accadendo nel nord del Paese, con una crisi idrica che non ha pari e con un abbassamento del livello del Po che anche i più anziani non ricordano, ma senza dimenticare che la problematica dell’approvvigionamento idrico non è stata risolta in tutto il Paese e che vi sono molte parti a rischio desertificazione e che non hanno hanno ancora completato gli impianti per l’approvvigionamento idrico civile, mentre alcune delle dighe già completate non hanno avuto quel collaudo che serve per metterle in funzione.

E speriamo che questa crisi reale non si risolva attingendo a quelle risorse del PNRR che invece erano destinate a diminuire i divari e che sarà facile che funzionino da bancomat per le tante esigenze che man mano si vanno manifestando.


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