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Come far entrare i privati nelle opere del Pnrr, una possibile strada c’è, ecco quale tra canone di disponibilità e partenariato

Senza dubbio quella che stiamo vivendo in questi giorni rappresenta una grande svolta: la destra, anche se all’interno di una coalizione, è dominante ed è impegnata, per la prima volta nella storia della Repubblica, nel governo del Paese. Sarà una svolta positiva? Sarà una svolta in cui questa nuova conformazione istituzionale sarà in grado di superare le gravi emergenze che stiamo vivendo? Lo vedremo già nei prossimi giorni.

Invece quello che, a mio avviso, potrebbe essere una svolta, anche perché fino ad ora non immaginata e non sperimentata da nessuno, è quella in cui il mondo privato cominciasse a comparire, in modo organico e mirato, sull’intero teatro della nostra area di governo. Certamente non è facile creare le condizioni per un simile coinvolgimento ma cercherò di ipotizzare un simile approccio a partire proprio dal comparto in cui forse potrebbe essere più facile e più congeniale un diretto coinvolgimento del privato; mi riferisco al comparto delle costruzioni.

LO STRUMENTO DEL CANONE DI DISPONIBILITÀ

Dovremmo, intanto, affrontare, in modo più articolato, lo strumento del “canone di disponibilità”; uno strumento finalizzato a potenziare le forme di collaborazione tra pubblico e privato, diverse dall’appalto e dalle concessioni, attraverso, cioè, la messa a disposizione dell’Amministrazione di un’opera di proprietà privata ove svolgere attività di servizio pubblico, a fronte del pagamento in favore del privato di un canone di disponibilità. Si tratta, con buona evidenza, di una forma di partenariato pubblico privato o PPP (public-private partnership), mediante il quale le Pubbliche Amministrazioni reperiscono presso i soggetti privati i fondi di cui necessitano per l’espletamento dei compiti di interesse generale loro attribuiti dalla legge.

La figura in esame si pone in linea di rottura con le altre fattispecie di partenariato già previste dall’ordinamento (concessione, locazione finanziaria etc.), poiché l’opera realizzata dal soggetto affidatario può permanere di proprietà dello stesso, senza transitare nel patrimonio pubblico. Ciò consente alla Pubblica Amministrazione di non dovere assumere rischi inerenti alla sua costruzione o gestione tecnica, incoraggiando, allo stesso tempo, il finanziamento dell’operazione da parte di istituti di credito tramite la costituzione di ipoteche sul bene. Cerco di esplicitare in modo semplice le caratteristiche dello strumento che è senza dubbio innovativo e, stranamente quasi sconosciuto o poco utilizzato nel nostro Paese.

IL FENOMENO GIURIDICO DEL PARTENARIATO

Il fenomeno giuridico del partenariato trova la propria ratio nella necessità di assicurare alla collettività la fornitura di un’opera o di un servizio attraverso la cooperazione tra i pubblici poteri e il mondo delle imprese, consentendo alle Pubbliche Amministrazioni. il raggiungimento di due fondamentali obiettivi: reperire più agevolmente i capitali necessari e giovarsi del bagaglio tecnico-scientifico acquisito dalle imprese nei settori ove esse svolgono la loro attività economica, accrescendo conseguentemente il know how pubblico.

Il tutto con un potenziale risparmio in termini di spesa e un sensibile aumento del tasso di efficienza del servizio fornito, senza però sconfinare nel contiguo fenomeno della privatizzazione, poiché il soggetto pubblico non viene meno – come accade allorquando un settore è privatizzato – ma cambia il suo ruolo, transitando da operatore diretto a organizzatore, regolatore, controllore.

LA SPERIMENTAZIONE EUROPEA DEL PARTENARIATO

Ricordo che il partenariato pubblico-privato viene sperimentato per la prima volta in Unione Europea: la sua prima manifestazione la si rinviene nel Libro verde della Commissione europea del 30 aprile 2004 nel quale, pur non fornendosi una definizione giuridica del fenomeno, si indicano alcuni elementi essenziali delle formule ad esso riconducibili. Tra questi è opportuno segnalare:

a) la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una collaborazione tra il partner pubblico e quello privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare;

b) le modalità di finanziamento del progetto garantito da parte del settore privato;

c) il ruolo importante dell’operatore economico che partecipa alle varie fasi del progetto (progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento), spettando al partner pubblico l’incombenza di definire gli obiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti.

In prima istanza, quindi, lo Stato non impegna risorse perché il canone viene pagato solo dopo la collaudazione definitiva dell’intervento, quindi mediamente dopo un arco temporale superiore ai tre anni. Ma la cosa più importante è che se si riuscisse a caratterizzare meglio tale strumento e lo si articolasse in modo tale da dare una consistenza sistematica al coinvolgimento di capitali privati potremmo davvero ribaltare:

  • l’approccio con cui abbiamo finora affrontato il PNRR
  • l’approccio con cui, da sempre, abbiamo affrontato e non gestito, in modo adeguato, le risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione

PRIVATI E PNRR, SE IL MINISTERO AVESSE…

In merito alle risorse del PNRR relative alla realizzazione delle infrastrutture, se il Ministero dell’Economia e delle Finanze avesse prospettato con apposito bando la proposta di Partenariato Pubblico Privato di tutte le opere infrastrutturali e avesse definito, in modo capillare, gli impegni e gli obiettivi con relativi coperture da erogare a valle della disponibilità delle opere stesse e, ripeto, lo avesse fatto solo un Dicastero quello dell’Economia e delle Finanze, avremmo oggi finalmente un quadro di certezze sia sulla reale disponibilità delle opere, sia sulla opportunità di rivedere quelle che ormai non sono più collegabili con le scadenze temporali del PNRR stesso.

E questa operazione avrebbe consentito anche una migliore articolazione tra i tre contenitori finanziari quello del PNRR, quello del PNC (Piano Nazionale Complementare), quello del Bilancio ordinario; una articolazione utile per il reale utilizzo delle risorse stesse.

PNRR E PRIVATI, IL FONDO DI SVILUPPO E COESIONE

In merito poi alle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione, sia quello relativo al periodo 2014 – 2020, cioè ai 30 miliardi non spesi e la cui scadenza ultima per evitare l’annullamento delle disponibilità è fissata per il 31 dicembre del 2023, sia quello relativo al periodo 2021 – 2027, ricordo che la gestione delle Regioni (Fondi Programmi Operativi Regionali) e la gestione dei Dicasteri (Fondi Programmi Operativi Nazionali) si è rivelata completamente incapace a garantire la spesa e, soprattutto, incapace a definire programmi organici fra loro integrati. Per evitare impugnative da parte delle Regioni sul rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, sarebbe opportuno che almeno le risorse di competenza dell’organo centrale, cioè quelle dei PON, venissero gestite direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze come proposto per quelle del PNRR.

Mentre per le risorse di competenza regionale (POR) forse sarebbe opportuno sottoscrivere le Intese Generali Quadro (previste dal Decreto Legislativo 190/2002) e concordare una gestione centrale delle stesse.

LE POSSIBILI CRITICHE

Di fronte a simili proposte, sicuramente, si scateneranno tutti coloro che si sentiranno privati di un ruolo decisionale nella fase programmatica e di un ruolo gestionale nella fase realizzativa; come immediata critica ad una simile proposta solleveranno almeno 4 critiche sostanziali:

  1. Il rischio di fenomeni malavitosi presenti, soprattutto, nel Mezzogiorno e quindi il rischio di privare lo Stato di una specifica competenza sia nel controllo dell’avanzamento delle opere, sia in quello della gestione e dello sfruttamento nel tempo dei ritorni di investimento
  2. La poca trasparenza sia nel processo di aggiudicazione che in quella di rendicontazione della spesa
  3. Il rischio che il privato persegua interessi e finalità non coerenti con quelle della Pubblica Amministrazione
  4. La difficoltà a livello della Ragioneria Generale dello Stato di inserire nella Legge di stabilità tiraggi di cassa superiori all’arco temporale previsto dalla Legge e cioè il quinquennio

Non entro nel merito e quindi evito di dimostrare la immotivata serie di critiche che considero, a tutti gli effetti, una pura e semplice “operazione tartaruga”; una operazione che, insisto, dà fastidio a chi ritiene che lo spazio dominante del Governo sia “decidere” e non “trasformare le decisioni in atti compiuti”. Ricordo sempre che non modificando nessun approccio da due anni e mezzo siamo stati capaci di non aprire nessun cantiere di opere del PNRR.


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