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Torna sulla scena politica nazionale l’autonomia differenziata ma pensare di attuarla senza prima attuare i lep è una follia

Ora che ritorna, come lo spettro nell’“Amleto”, l’autonomia differenziata, ora che continuiamo a preoccuparci dei ritardi nell’implementazione del Pnrr, è bene continuare a documentare – come questo giornale fa da anni – il ritardo, che vogliamo colmabile, nelle dotazioni di infrastrutture, fisiche e sociali, del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord.

Due studi recentissimi (da un lato la pubblicazione annuale della Banca d’Italia su: “L’economia delle regioni italiane – Dinamiche recenti e aspetti strutturali”, dall’altro il Rapporto Istat appena pubblicato sui presidi socio-assistenziali al 2020) si chinano sui Lep (Livelli essenziali di prestazioni), declinandoli sui Leps (cioè specificando i “sociali”).

IL RUOLO DEI LEPS

I Lep applicano la Costituzione, là dove questa statuisce che i servizi pubblici devono correggere le diseguaglianze, e che quindi i cittadini italiani hanno diritto, ovunque abitino, a livelli minimi (“essenziali”) di prestazioni, nei campi eletti della sanità, dell’istruzione e dell’assistenza sociale.

Questa dei Lep è una questione annosa: legiferati lustri fa, non furono mai applicati. Ora riaffiorano nel dibattito, dato che un’indifferenziata autonomia differenziata non farebbe altro che aggravare le diseguaglianze. Il ministro Calderoli, che ha gettato sul tavolo un progetto per l’autonomia regionale, ha detto, in una recente intervista, che prima di passare all’autonomia bisognerà applicare i Lep. Lo aspettiamo al varco, ma, nel frattempo, documentiamo.

Come scrive lo studio di Bankitalia, in Italia la responsabilità della fornitura di servizi sociali è assegnata in via ordinaria alle istituzioni locali. Sono state esaminate «quattro materie (asili nido, assistenza sociale, assistenza agli anziani non autosufficienti e trasporto scolastico dei disabili)».

Le buone intenzioni del legislatore ci sono state, ma i tempi sono lunghi (il governo Draghi aveva cominciato, con qualche successo, ad accelerarli). Gli obiettivi quantitativi minimi per la fornitura del servizio sono stati definiti e devono essere garantiti in ciascuno dei circa 600 ambiti territoriali sociali (Ats) in cui sono raggruppati i Comuni italiani. La distanza del livello di erogazione di una prestazione dal suo Leps rileva – scrive  Bankitalia – per definire le risorse perequative assegnate a ciascun ente nel sistema della finanza decentrata.

AUTONOMIA DIFFERENZIATA, LEP E I DIVARI NEGLI ASILI

Prendiamo un esempio: «Per gli asili nido il Leps, da raggiungere entro il 2027 (sic), è fissato in un numero di posti autorizzati (pubblici e privati) pari al 33% della popolazione di età  fra 3 e 36 mesi. Nella media degli Ats di ciascuna macroarea nel 2020 la quota di posti autorizzati raggiungeva il valore obiettivo solo al Centro, mentre era inferiore di circa 5 punti percentuali al Nord e di oltre 20 al Mezzogiorno».

La tabella in alto mostra come i valori per il Mezzogiorno, per tre delle quattro materie definite sopra, siano desolantemente inferiori rispetto al resto dell’Italia, sottolineando, nella carne viva della nazione, una disparità che un secolo e mezzo di “questione meridionale” non ha scalfito.

Bankitalia rileva come «quasi due terzi dei bambini con meno di tre anni abitavano in Ats prossimi al Leps, mentre nel Mezzogiorno l’83 per cento risiedeva in ambiti che non raggiungevano nemmeno la metà del livello essenziale». Ce la faranno le statuizioni, le intenzioni, i piani, i progetti e i cantieri del Pnrr a correggere questa situazione?

La situazione di partenza grida vendetta: il Pnrr ha finora predisposto due bandi per gli asili nido, con dotazione di oltre 2,7 miliardi di euro. Le Amministrazioni del Mezzogiorno hanno richiesto e sono state assegnatarie di circa il 55 per cento delle risorse, a fronte del 40 previsto per la generalità degli stanziamenti del Pnrr e del 66 per cento – precisa Bankitalia – che sarebbe risultato da un’allocazione proporzionale al divario rispetto al Leps.

AUTONOMIA DIFFERENZIATA E LEP: ASSISTENZA SOCIALE

E passiamo agli assistenti sociali, per i quali il Leps relativo prevede che in ogni Ats sia presente un operatore assunto a tempo indeterminato per 5.000 residenti. Nella media degli Ats rilevati – rileva, appunto, Bankitalia, «nel 2021 il numero di assistenti sociali in organico era pari al valore corrispondente al Leps al Nord (lo superava nel Nord Est), mentre si fermava alla metà nel Mezzogiorno e al 61 per cento nel Centro.

La quota degli Ats in linea con il Leps era quasi tre quarti nel Nord Est e poco meno di un terzo nel Nord Ovest; nelle regioni centro-meridionali alcuni Ats risultavano completamente privi di assistenti sociali a tempo indeterminato e pochi raggiungevano il Leps. Due terzi della popolazione meridionale vivevano in Ats caratterizzati da un rapporto fra assistenti sociali e popolazione inferiore a 1 su 10.000, mentre nel Nord oltre tre quarti della popolazione risiedevano in Ats con valori prossimi o superiori al Leps, a fronte di livelli intermedi per il Centro».

INTERVENTI INSUFFICIENTI PER GLI ANZIANI

Queste valutazioni sono confermate dal Rapporto dell’Istat sopra menzionato. La tabella in basso mostra, per mille abitanti di pari età, il numero di anziani non autosufficienti ospiti di presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari. Il Pnrr ha finora assegnato quasi 300 milioni di euro per favorire l’autonomia abitativa degli anziani non autosufficienti. Ma molto più sarebbe necessario per colmare lo scandaloso divario fra il Mezzogiorno e il Centro-Nord.


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